di L. Servadio
“Non c’erano chiese, nella missione francescana in Burundi. Chiesero a Costantino di progettarne qualcuna”: Luigi Leoni ha rievocato la figura del grande artista e frate francescano, in una celebrazione che ha avuto luogo sabato 25 giugno 2022 nel Convento di S. Maria in Canepanova a Pavia, a quindici anni dalla sua scomparsa. Com’è noto, p. Costantino ha realizzato innumerevoli vetrate artistiche in Italia e nel mondo, decine di oggetti per il culto e centinaia di dipinti, oltre a trentacinque chiese. L’architetto Leoni lo ha accompagnato in questa immensa opera creativa sin dai primi anni ‘60 e oggi ne continua l’opera, insieme con Chiara Rovati, nello Studio Ricerca Arte Sacra di Pavia. “Costantino andò Burundi nel ‘78 – ha ricordato Leoni – e cominciò a osservare le architetture della diocesi di Ruyigi e i modi di vivere della popolazione. Studiava le abitazioni costruite con intelaiature in legno riempite di terra e coperte di paglia, capanne erette entro una zona recintata che era considerata nel suo complesso il luogo dell’abitare, e dove con lo scorrere del tempo si ergevano altre capanne man mano che le famiglie crescevano.”
Ed ecco che anche le chiese concepite in situ da p. Costantino furono costruite con materiali e modalità consone col luogo: pareti in terra o in blocchi di pietra, l’altare in terra cruda, il tabernacolo a imitazione dei canestri in cui veniva riposto il pane nelle capanne.
Su queste tematiche Ferdinando Zanzottera, docente di Storia dell’architettura al Politecnico di Milano, ha impostato una lectio magistralis per evidenziare quanto sia stato importante l’incontro tra l’artista francescano e l’Africa: “P. Costantino agì come un missionario, attento quanto rispettoso. Non andò in Africa per portare il verbo di noi europei, ma per apprendere dalle popolazioni del luogo. E per far conoscere le loro tradizioni a noi in Italia: secondo lo spirito del Concilio intendendo l’inculturazione come un dialogo mutuamente vivificante”.
C’erano allora e ancora ci sono missionari che realizzano chiese in Africa come se fossero ubicate nei loro paesi di origine, magari col tetto a due falde molto inclinate allo stile nordico, in luoghi dove non si vede mai la neve.
Bisognava pensare a chiese che potessero essere viste come case dagli abitanti del luogo: “La sua idea era che la chiesa dovesse essere intesa come la casa del popolo. Seguendo questo approccio inteso a rivelare le potenzialità espressive dell’afflato religioso pur negli oggetti della vita quotidiana, prese a modello per il tabernacolo la cesta in cui si riponeva il pane. P. Costantino acquistava opere d’arte locali, non per studiarle o per collezionarle, ma per partecipare alla vita di quei popoli. Un’opera cui ha preso parte in quegli anni anche la Scuola Beato Angelico di Milano”.
Costantino riservò agli artigiani, ai commercianti, in generale ai fratelli che incontrò in quelle terre, quella sollecitudine che il vangelo insegna a chi desidera essere seguace di Cristo. E, nel corso dei suoi numerosi soggiorni africani, giunse a mettere assieme una vasta collezione di opere d’arte locali. Questa è in piccola parte visibile in quello che fu lo studio di p. Costantino, nel sottotetto del convento di Canepanova, accano ad alcuni dei suoi bozzetti, dipinti, pitture e alle scritte vergate sulle pareti rievocanti motti evangelici, citazioni agostiniane, frasi intese a creare un’atmosfera di meditazione. “Beata solitudo, sola beatitudo”, “Niuna impresa, per minima che sia, può aver cominciamento e fine senza sapere e senza, con amore, volere”.
Alla celebrazione hanno preso parte anche l’on Danilo Oscar Lancini, parlamentare europeo, già sindaco di Adro, la cittadina che diede i natali a p. Costantino, e l’assessore alla Cultura del Comune di Pavia, Mariangela Singali, rievocando la rilevanza che la vita e l’opera del frate artista hanno rivestito per questi luoghi dov’è vissuto e dove ha dispiegato il suo impegno creativo.
Si attende ora che le molteplici testimonianze della sua opera, di artista come anche di collezionista, trovino un’adeguata collocazione museale.
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