Intervista con Marguerite Welly Lottin  – Presidente dell’Associazione Interculturale GRIOT (Italia) sulle prospettive di cooperazione culturale tra Africa e Europa. L’ intervista è stata  fatta recentemente da Elisabeth Hellenbroich, giornalista freelance, a Roma. Nata in Camerun, la Signora Lottin vive da molti anni a Roma. L’intervista sta sollevando interesse nella prospettiva della visita pastorale che Papa Francesco compirà in Africa dal 4 al 10 settembre (Mozambique, Madagascar e Mauritius).

Elisabeth Hellenbroich: Uno sguardo al tuo website mi ha dato più informazioni sulla tua organizzazione “Griot”. Potresti descrivere più in dettaglio cosa sta facendo l’organizzazione e quali sono state le sue attività negli ultimi anni?

Marguerite Lottin: Ho fondato l’Associazione Interculturale Griot nel 1999 con alcuni collaboratori italiani e africani dopo aver avuto molte esperienze in ambito interculturale e no profit. L’Associazione ha principalmente l’obiettivo di esaltare l’anima africana in tutte le sue sfumature storiche, spirituali, culturali.

Il “Griot” è una figura popolare africana: è il cantastorie, il messaggero della tradizione, della storia e dell’educazione che trasmette la cultura alle nuove generazioni e diffonde le informazioni spostandosi di villaggio in villaggio.

La nostra azione è di far conoscere l’Africa attraverso il cibo, gli odori, il folklore, le lingue, la musica, la spiritualità, i rituali, gli abiti, l’ascolto e il rispetto dell’altro. Se conosci il tuo passato, puoi costruire il tuo futuro. Le attività si integrano con la mission di favorire l’integrazione e la convivenza in Italia e in Europa. Il metodo di cui ci serviamo è basato sul trasmettere il valore del “dare”. Integrazione vuole dire incontro, scambio, arricchimento reciproco.

Griot organizza diversi progetti relativi all’insegnamento della lingua italiana per gli stranieri e alla prevenzione sulla salute. Organizza anche eventi socio-culturali, campi estivi per i bambini immigrati coinvolgendo piccoli paesi del territorio. Sono progetti organizzati anche in collaborazione con altre grandi organizzazioni internazionali e sostenuti dalla Commissione europea e dagli enti statali italiani.

Adesso vorrei lanciare alcuni piccoli progetti di empowerment femminile in alcuni paesi africani, Camerun, Costa d’Avorio, Congo, per rendere le donne, e soprattutto le vedove, indipendenti e anche economicamente autosufficienti.

Elisabeth Hellenbroich: 2017 è stato “L’ anno Africa-UE“. A quel tempo si tenne un vertice importante fra rappresentanti africani e rappresentanti del Unione Europea nella capitale della Costa d’Avorio –  Abidjan. Il Ministero Federale Tedesco per lo Sviluppo e la Cooperazione sotto la guida di Ministro federale Gerd Müller ha pubblicato nel 2017 un documento intitolato: “Africa e Europa. Nuovo Partnership per il Sviluppo, la Pace e la Cooperazione:” Il documento prevedeva un “Piano Marshall” per l’Africa. Ha fatto riferimento a un documento publiccato dall’Unione Africana, chiamato “Agenda 2063”, che richiede una soluzione africana per l’Africa. L’aspetto chiave, secondo il documento, è che i giovani in Africa – l’età media in Africa è di 18 anni – devono avere un futuro. Al fine di impedire ai giovani di migrare all’estero è necessario un investimento in nuovi posti di lavoro. Ogni anno dovrebbero essere creati 20 milioni di nuovi posti di lavoro. La superficie dell’Africa è 85 volte più grande della Germania e conta 55 stati, 3000 lingue ed etnie. Il 15% delle risorse petrolifere mondiali si trova in Africa, a parte altre materie prime preziose come l’oro e il platino. L’Africa potrebbe nutrirsi da sola, ma spende ogni anno miliardi di dollari per l’importazione di cibo. Nel Sud del Sahara oltre 232 milioni soffrono la fame a causa della povertà. La mia domanda per te è quindi:  Qual è il tuo messaggio per l’UE e per l’Africa per rendere l’Africa un continente prospero?

Marguerite Lottin: L’Africa è ricca, troppo ricca di tutto. Questo è il vero problema dell’Africa. Ma adesso il continente si sta svegliando. Lo vedo sopratutto con i giovani in Africa e anche nella diaspora. Abbiamo bisogno di trasporti, di organizzare le acque dei fiumi e dei laghi per l’agricoltura, di creare città moderne, nuove industrie, posti di lavoro. Le priorità immediate sono l’istruzione e la salute secondo un modello africano, cioè non basato solo sulla convenienza economica e sul carrierismo come in Occidente, ma soprattutto sui valori della cooperazione, del rispetto umano e della giustizia sociale.

Al riguardo è molto importante il programma Agenda 2063 preparato dall’Unione Africana per “un’Africa integrata, prospera e pacifica guidata dai suoi stessi cittadini e che rappresenta una forza dinamica sulla scena internazionale”. L’Agenda 2063 dettaglia una serie d’iniziative in tutti i campi per trasformare l’Africa in un moderno continente sovrano, che prenda in mano il proprio destino.

Prevede la realizzazione di un Mercato comune africano e una Zona di libero scambio senza dazi tra i paesi dell’Africa. Oggi il commercio interno all’Africa rappresenta meno del 15% del totale delle esportazioni. Quello interno all’Unione europea è il 70% del totale.

Prevede la realizzazione di una rete integrata continentale di treni ad alta velocità. La formulazione di una “strategia africana sulle commodity” per evitare che il continente rimanga solo una grande miniera a cielo aperto e un semplice fornitore di minerali per il resto del mondo.

Fondamentale è il programma di costruire un “grande museo africano” per promuovere la cultura africana in linea con gli ideali del pan-africanismo e del rinascimento africano.

Il “Piano Marshall” per l’Africa non può essere solo uno slogan. Deve essere un contenitore da riempire con progetti concreti, con investimenti di vasta portata. Se l’Europa e gli altri paesi frenano i vecchi impulsi verso un nuovo colonialismo economico e gli africani cominciano a prendere in mano le proprie sorti, allora insieme e pacificamente potremo costruire l’Africa del futuro, il vasto e bellissimo continente del progresso e delle grandi opportunità. Questo si può fare insieme a chi in Europa lavora per la giustizia, per i diritti e per lo sviluppo.

Elisabeth Hellenbroich: Nell’ottobre del anno scorso (3-28 ottobre) c’è stato a Roma, sotto la guida di papa Francesco, il Sinodo dei giovani, che riuniva diverse centinaia di vescovi, laici, esperti e rappresentanti dei giovani di tutto il mondo, per discutere della questione di come dare alla gioventù in Europa – che spesso soffre di una mancanza di “curiosità intellettuale” e di “mancanza di entusiasmo”, una direzzione e un nuovo orientamento. Papa Francesco, in un documento post-sinodale del 25 marzo 2019, ha affermato che i giovani “vogliono sperimentare e cercare potenti emozioni.” Non lo sperimenteranno accumulando oggetti materiali, e spendendo denaro. Ha incorragiato i giovani a impergnarsi socialmente, perché “So che i vostri giovani cuori vogliono costruire un mondo migliore. Ho seguito notizie di molti giovani in tutto il mondo che sono scesi in strada per esprimere il loro desiderio di una società più giusta e fraterna. I giovani vogliono essere protagonisti del cambiamento! Soprattutto lottare per il bene comune, servire i poveri, essere protagonisti della rivoluzione della carità e del servizio, capaci di resistere alle patologie del consumismo e dell’individualismo superficiale.” Ha aggiunto a un certo punto che il mondo non beneficia mai di una rottura tra generazioni. “Quando esistono relazioni intergenerazionali, nelle comunità è presente una memoria collettiva, poiché ogni generazione assume l’insegnamento dei suoi predecessori e, a sua volta, trasmette un’eredità ai suoi successori. In questo modo, forniscono un quadro di riferimento per una società nuova e consolidata.”  Sei d’accordo con le osservazioni fatte da papa Francesco sul problema della nostra gioventù oggi?

Marguerite Lottin: Sì, sono pienamente d’accordo. Anzi vorrei ringraziare papa Francesco perché è forse l’unico nel nostro mondo a parlare così chiaramente e a sapere mobilitare gli animi di tutti, dei giovani in modo particolare. In Africa i giovani non mancano di curiosità e di entusiasmo, soprattutto i più piccoli. Lo si vede nelle scuole. I ragazzi sono attenti, rispettosi e orgogliosi di andare a scuola anche se, come vediamo in tv, le aule spesso mancano di materiale didattico e a volte proprio di tutto. C’è una grande curiosità anche sulle cose più tecnologiche che porta molti ragazzi a fare delle piccole invenzioni veramente creative. Ma c’è bisogno di maggiore sostegno e guida.  Chiedo a tutti quelli che mi stanno leggendo di aiutarmi a costruire scuole migliori, soprattutto per i bambini.

Con i giovani un po’ più grandi, invece, purtroppo la penetrazione dei modelli occidentali del consumismo e dell’individualismo sta avendo un effetto negativo. Più che la carriera colpisce il miraggio dei soldi e la voglia di apparire.

Il rapporto intergenerazionale, invece, regge ancora molto, in quanto le famiglie allargate esistono e si mantengono. Noi ci riuniamo regolarmente nel consiglio di famiglia, dove si discute apertamente dei bisogni e delle prospettive. Anche mangiare insieme in comunità, dopo gli incontri o qualche celebrazione, è un momento importante della socializzazione e della trasmissione culturale tra le generazioni. La famiglia è il centro dell’educazione, stare insieme rinforza la fede e l’identità.

Elisabeth Hellenbroich: In Germania molti giovani dopo il diploma di maturità, mi ha detto un insegnante, pensano troppo spesso a fare carriera piuttosto che a partecipare a un “Anno sociale di volontariato” durante il quale i diplomati delle scuole superiori possono trascorrere un anno impegnandosi in diversi “progetti sociali” per esempio col lavoro in “campi di pace”, o aiutando a costruire case, ospedali e scuole in aree povere, ricostruendo chiese distrutte in aree di conflitto, aiutando nell’educazione dei bambini che hanno bisogno di aiuto. In una discussione con me hai affermato che molti problemi dei giovani in Europa potrebbero essere risolti in modo costruttivo trascorrendo diversi mesi o un anno di volontariato in Africa. Potresti descrivere che cosa significherebbe concretamente? Che tipo di progetti ci sono per i giovani che si impegnano in Africa?

Marguerite Griot: Papa Francesco ha giustamente detto che i giovani vogliono costruire un mondo migliore. Credo che sia molto importante che, durante o alla fine degli studi, i giovani europei possano sperimentare e vivere un’esperienza sociale di impegno e di condivisione di valori in posti del mondo dove bisogna lottare per lo sviluppo. E’ un’immersione nella vita e nella realtà vera che può formare il carattere per le sfide future. Andare in un villaggio dell’Africa e partecipare alla vita locale in tutti i suoi aspetti, costruire insieme, insegnare ai ragazzi, partecipare ai lavori familiari, aiuta ad avere una mente aperta sui veri problemi del mondo. Ci sono molte esperienze e progetti. Si possono fare attraverso le organizzazioni religiose, oppure con Ong internazionali e locali che già sono coinvolte. Si potrebbero stabilire gemellaggi tra una città o una scuola europea con un’altra in un paese africano, in modo da poter poi mantenere i rapporti amichevoli nel tempo. Mi è stato detto che in molti casi giovani europei, già stanchi della vita quotidiana senza visione e prospettiva del futuro e per questo annoiati o depressi o caduti in qualche dipendenza, sono stati scossi dall’esperienza in Africa e completamente cambiati in positivo. E hanno apprezzato di aver lasciato un segno positivo di affetto e di partecipazione anche per gli abitanti e i giovani del villaggio visitato.

Pagina web  www.griotintercultura.org

Email:  griotintercultura@gmail.com

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