Camminando su una sedia a rotelle viaggia veloce e va lontano: da Dakar è giunto a Milano, passando per la musica, il basket, la sartoria. E ora Cheikh mira alla haute couture. Ancora ce ne vorrà ma Milano è il posto giusto per coltivare sogni. Intanto «oltre ad aprire il nostro laboratorio – spiega Valeria, vulcanica organizzatrice e socia dell’atelier che hanno chiamato Kechic, giocando sul nome del sarto e sull’aggettivo caro all’alta moda – stiamo varando un’associazione per favorire gli scambi culturali tra Italia e Senegel, per sostenere l’integrazione degli immigrati, e per educare persone sia qui, sia in Africa». La storia di Cheikh, e della cooperazione con Valeria, è esemplare delle potenzialità che emergono grazie all’incontro tra cittadini del mondo dalle origini anche assai diverse.
Cheikh da ragazzino è stato colpito dalla polio e, perso l’uso delle gambe, è cresciuto nel Centre Handicapés della capitale senegalese: un luogo dove chi soffre di qualche disabilità trova sostegno. Ci sono artigiani e artisti. «Quale percussionista di jembé, un tamburo tipico della mia zona – racconta – sono arrivato in Italia con una tournée musicale. M’è piaciuta e ho deciso di rimanere. Pratico la pallacanestro su carrozzina e mi sono inserito in una squadra, prima a Cantù poi a Seregno. Finché ho conosciuto Valeria e le ho chiesto di aiutarmi a trovare un lavoro stabile. Quando ha scoperto che ho imparato anche la sartoria, mi ha proposto di mettere a frutto questa abilità. Ed eccoci qua».
A Dakar fanno i tessuti wax: tecnica olandese ma in Africa praticata in modo sopraffino, che consiste nello stampare a mano, su stoffe di cotone, sgargianti colori in guizzanti forme ove trapelano simboli tradizionali e moderni: «non scolorano, né sotto il cocente sole tropicale, né dopo lavaggi e lavaggi» sottolinea Valeria. Da Milano ordinano al Centre Handicapé questi tessuti e altri complementi, quali i bottoni di cocco. E nel laboratorio del quartiere Isola, Cheikh li usa per camicie, cappelli, federe e finiture di giacche e cappotti fatti su misura di taglio occidentale (i tagli tipici africani non sono adatti al clima lombardo), come anche per pochette e altri complementi. Cheikh sta seguendo corsi alla scuola di sartoria di Alessandro D’Ambra e così perfeziona l’unione tra la sua sensibilità di origine e l’ambiente in cui opera ora.
C’è tutta una rete di persone, africane e italiane, che collaborano: grazie alla straordinaria manualità di alcuni senegalesi oltre agli abiti si preparano altri oggetti, quali soprammobili o strumenti musicali, e col passaparola la distribuzione si allarga. «Le persone generano occasioni: per esempio, di recente un’amica insegnante s’è offerta di dar lezioni di lingua nell’ambito dell’associazione che stiamo preparando» riferisce Valeria. «Ma cerchiamo di spiegare agli amici africani di restare lì: spesso si illudono che qui sia tutto rose e fiori. E lì c’è tanto da fare: quando l’estate scorsa andammo a Dakar abbiamo concordato col sindaco che avremmo contribuito a ristrutturare il Centre Handicapés, parzialmente danneggiato dalle violente piogge estive e lui a sua volta ha promesso aiuti. Lavorando tra qui e lì cerchiamo di crescere assieme».
Info: www.kechic.it
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