In un precedente articolo (“Oltre il reddito di cittadinanza: una politica ragionata, non palliativi“, www.frontiere.info, 11 agosto 2023) abbiamo sottolineato la necessità di un contrasto alla Povertà come iniquo crinale discriminativo delle classi nella nostra società. C’è tuttavia un altro elemento che affligge la società d’oggi: la vecchiaia malata. Secondo ISTAT, nel 2022, raggiungiamo il picco dell’indice di vecchiaia, con 187.6 anziani ogni cento giovani e ci attestiamo nelle alte sfere della top-ten europea. Al 1° gennaio 2022, l’indice di dipendenza registra un leggero incremento raggiungendo quota 57.5, con differenze regionali significative tra Nord e Sud. Dai dati gennaio 2023, gli over-65 sono 14.177 milioni di individui, pari al 24,1% della popolazione totale prevalentemente ubicati al Centro e Nord Italia (24.7%, 24.6%), meno al Sud (23%). Gli over-80 sono 4.5 milioni, cioè il 7.7% della popolazione totale pari all’8,2% della popolazione totale al Nord e al Centro, il 6.8% nel Mezzogiorno. Il processo di invecchiamento della popolazione è proseguito, portando l’età media della popolazione da 45.7 anni a 46.4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023.
Così l’Istat nei suoi dati crudi, ma quello che dobbiamo rilevare è che, se da un lato è aumentata l’attesa di vita, dall’altro si osserva un degrado delle condizioni di salute dell’anziano e quindi un peggioramento della qualità di vita.
Attualmente i dati statistici sulle cause di morte si dividono quasi pariteticamente tra decessi per neoplasie e decessi per malattie cardiovascolari, il ruolo dell’ambiente non è ancora entrato tra le cause indirette o dirette da inquinamento. Una grave pecca, figlia della scarsa conoscenza in materia. Lo dimostra il riscontro che pochi inseriscono, tra le cause di morte, le malattie degenerative e quelle autoimmuni il cui aumento è strettamente correlato con il degrado ambientale.
Nel Capitolo 72 del II Tomo del Trattato Italiano di Medicina d’Ambiente, è chiaramente esplicitato il ruolo delle malattie autoimmuni e degenerative in relazione all’ambiente.1, come dimostra la tabella 1.
Ciò stabilito, oggi si sta facendo strada una realtà ancora più grave ed è quella delle patologie degenerative non sistemiche cui fa anche riferimento la Tabella 1, ossia delle patologie degenerative cerebrali, tra cui l’Alzheimer e la demenza senile.
Oggi in Italia circa 1.2 milioni di persone sono colpite da demenza, di cui il 60% circa rappresentato da casi di Alzheimer, e si stima che nel 2040 proprio quest’ultima patologia vedrà arrivare i malati oltre quota 2.5 milioni, dato molto prossimo al 5% della popolazione italiana.
Il dato stupisce se non si fa riferimento alle possibili cause.
Come di recente pubblicato su Frontiers 2023, la malattia degenerativa cerebrale è a Complex Pathogenesis multifattoriale. Spesso si embricano le varie cause e più spesso è impossibile riconoscere in una sola causa il movente patogenetico. Alla luce di quanto verrà scritto in appresso lo schema, appena pubblicato, appare quanto mai utile ma già superato. Ormai è dunque acclarato
che la neuro-degenerazione trova la sua causa nell’infiammazione e nella liberazione di sostanze citokino-simili evocate da inquinanti e sostanze xenobiotiche.
Lo sanno bene i familiari di pazienti siffatti quanto costa una condizione del genere, affidata solo alle cure domestiche e che quindi è quasi del tutto interamente attribuita alla famiglia. Già nel 2016 nel volume “Quinto Pilastro, il tramonto del SSN”, chi scrive oggi sostenne allora:
“Nella società che invecchia l’incremento significativo delle malattie degenerative cerebrali è pressochè obbligatorio. I malati di Alzheimer in Italia sono 600 mila e comportano una spesa media annua pari a 70.586 euro pro capite, ripartiti nel modo seguente: a) costi diretti 18.941€ (27%) e b) costi indiretti 51.645€ (73.2%). Per quanto riguarda i costi diretti, la quota più significativa è rappresentata dai costi legati all’assistenza informale (60.1%) totalmente in aggravio alle famiglie. Le spese sanitarie legate agli accessi ai ricoveri in strutture ospedaliere (totalmente a carico del SSN) rappresentano solo il 5.1% del totale dei costi diretti, mentre quelle per l’accesso ai servizi socio-sanitari costituiscono il 19.1%. Censis con l’AIMA (Associazione italiana malattia di Alzheimer) “.
A cosa dobbiamo questo straordinario aumento di patologie che ci stanno traghettando sulla realtà sanitaria del XXI secolo? Dunque ha ragione l’OMS che ci mette in allarme sul 20 % di patologie ambiente-correlate?
La risposta è affermativa, l’allarme è più che motivato e sulla ricognizione delle cause ci sono già buoni risultati. Qui comincia il dramma.
Nel Distretto dell’Ontario, Canada, ad Ottawa, capitale del Paese, e precisamente presso la Carleton University nel Dipartimento lavora Amedeo D’Angiulli, italo-canadese che ha iniziato una serie di collaborazioni con team esteri, tra cui il nostro in Italia, per dimostrare quanto segue:
L’aumento delle patologie neuro-degenerative (spettro alzheimeriano e demenza senile) trova nell’Inquinamento Urbano una delle sue cause principali. Così scrive Amedeo nel capitolo 36 del I Tomo del Trattato Italiano di Medicina d’Ambiente2 e nel capitolo 75 del II tomo dello stesso Trattato, pag. 579-580:
“Dal 2011 il gruppo Messicano-Statunitense-Canadese di Calderón-Garcidueñas et al.3 , tra cui A. D’Angiulli, hanno misurato i potenziali evocati uditivi del tronco cerebrale dall’età prescolare all’adolescenza. Rispetto ai controlli, i bambini esposti hanno mostrato ritardi significativi nel tempo di conduzione centrale della trasmissione neurale del tronco cerebrale e deficit delle pre-stazioni uditive, del linguaggio e vestibolari. Bambini in età prepubere, adolescenti in età pubere e giovani adulti della stessa comunità4 hanno mostrato, rispetto ai controlli meno esposti (OR = 4,03), un comportamento più deficitario al test di identificazione degli odori (©Università della Pennsylvania), un notevole grado di perdita olfattiva e progressione neuro-degenerativa5. Naturalmente hanno giocato in questo test altre variabili, come le caratteristiche genetiche e quelle legate al sesso dei giovani. Tuttavia, modelli di simulazione statistiche stanno mostrando la maggior parte della varianza dei dati sono spiegati dai fattori neuro-cognitivi e patologici legati all’inquinamento, non alle altre variabili non controllate o confondenti, il cui contributo, dal punto di vista di modelli statistici multivariati, è significativamente inferiore e secondario.6
Effetti sullo Sviluppo Cognitivo. Secondo Kicinski (2015) lo sviluppo cognitivo è particolarmente condizionato dalla nascita in aree inquinate. Lo studio longitudinale comparativo con altri gruppi di giovani della medesima età sembrerebbe dare risultati migliori. Allen et al.7 confermano un elenco di disturbi quali quelli della memoria, dell’attenzione fino alla sindrome dell’ADHD o sindrome dell’irrequietezza. Un quesito che hanno affrontato i detti ricercatori riguarda la purezza del campione prescelto per il quale la variabile indipendente, l’inquinante, deve essere incrociato o plottato con altri fattori intercorrenti, quali quelli genetici, l’abitudine della madre ad assumere alcolici o psicofarmaci, la positività anamnestica per patologie psichiche o psichiatriche. Costa et al. 8si sono anche post il problema se gli inquinanti tossici non siano capaci di fungere da trigger del fenomeno autistico ma non vi sono documentazioni attendibili su questo aspetto. In uno studio di D’Angiulli e Brockmeyer su una coorte di bambini di Città del Messico, megalopoli ad alto tasso di inquinamento e dove si vive ai limiti dell’ipossia (Mexico City 2.250 m.s.l.m., con circa 10 milioni di abitanti e una polluzione di PM2.5 in media su 80 µgm3, sono stati accertati gli stessi risultati riscontrati su bambini di altre città.”9
Dunque questa correlazione che colpisce i giovani deve rendere ragione del fatto che gli accertamenti specifici di natura neuro-funzionale, più frequentemente praticati negli anziani, indicano patologie che hanno vestigia patogenetiche antiche, che risalgono ai primi tempi dell’inquinamento di cui ci accorgiamo solo adesso. Che fine cerebrale faranno i ragazzi inquinati? Risposta semplice: quella che fanno oggi i nostri anziani, che negli ultimi decenni sono stati ammorbati dall’inquinamento ambientale che va ben oltre il banale smog, basta aprire gli scaffali delle nostre cucine e toilettes.
La rivoluzione industriale ha indotto patologie finora ritenute “orfane” ossia priva di fattori causali o patogenetici. Ma le ricerche degli ultimi quarant’anni hanno svelato i killer, l’inquinante come mandante e smog, sostanze plastiche e chimiche, bisfenolo A, metaboliti del DDT, bifenili policlorurati, diossano, contaminanti microbici, microplastiche e nanomateriali e last but not least i metalli pesanti, quali esecutori materiali . Muore dunque l’adagio latino “Senectus est ipsa morbus” perché essa è anche ammorbata.
Così siamo entrati nell’era post-moderna nella quale la sofferenza auto-provocataci ci porterà a desiderare il lontano passato.
NOTE
1 Candore G., Gambino C.M. Eziopatogenesi e inquadramento nosografico delle malattie autoimmuni ambiente-correlate. Capitolo 71, II Tomo del Trattato Italiano di Medicina d’Ambiente, pagg. 337-363, a cura di A. Ferrara.
2 Mason Irvine, Aldo Ferrara, Fabrizio Ottaviani, and Amedeo D’Angiulli. Retrospective assessment of the association between urban air pollution and children’s respiratory functions in Rome: insights for developmental environmental health. Global Transition, vol. 5, 2023, pagg 98-106.
Ferrara A., Ottaviani F., D’Angiulli A. Il bambino Urbanizzato. Capitolo 36, I Tomo Trattato Italiano di Medicina d’ Ambiente, SEu- Roma, 2021, 577-586.
3 Calderón-Garcidueñas L, D’Angiulli A, Kulesza RJ, Torres-Jardón R, Osnaya N, Romero L, et al. Air polluton is associated with brainstem auditory nuclei pathology and delayed brainstem auditory evoked potentals. Int J Dev Neurosci (2011) 29:365–75.10.1016/j.ijdevneu.2011.03.007.
4 Calderón-Garcidueñas L, Franco-Lira M, Henríquez-Roldán C, Osnaya N, González-Maciel A, Reynoso-Robles R, et al.Urban air polluton: infuences on olfactory functon and pathology in exposed children and young adults. Exp Toxicol Pathol (2010) 62:91–102.10.1016/j.etp.2009.02.117.
4 Doty RL.Handbook of Olfacton and Gustaton. 2nd ed New York, NY: CRC Press; (2003).
5 Doty RL. Olfactory dysfuncton and its measurement in the clinic and workplace. Int Arch Occup Environ Health (2006) 79:268–82.10.1007/s00420-005-0055.
6 D’Angiulli, A. (2021). It’s worse than you think: Multivariate statistical modeling of air pollution data during the life-span (articolo inviato per la pubblicazione).
7 Allen JL, Klocke C, Morris-Schafer K, Conrad K, Sobolewski M, Cory-Slechta DA. Cognitive effects of air pollution exposures and potental mechanistic underpinnings. Curr Environ Health Rep (2017) (2):180–91.10.1007/ s40572-017.
8 5 Costa LG, Chang YC, Cole TB. Developmental neurotoxicity of trafic related-air polluton: focus on autism. Curr Environ Health Rep (2017) 4(2):156–65.10.1007/s40572-017-0135.
9 Calderón-Garcidueñas L, Reynoso-Robles R, Vargas-Martnez J, Gómez-Maqueo-Chew A, Pérez-Guillé B, Mukherjee PS, et al.Prefrontal white mater pathology in air pollution exposed Mexico city young urbanites and their potential impact on neurovascular unit dysfuncton and the development of Alzheimeir’s disease.
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