di Paolo L. Bernardini e Elisa Bianco
In questo 2025 si celebrano i 300 anni dalla nascita di Giacomo Casanova. Con l’occasione il Ministero della Cultura ha finanziato l’Edizione Nazionale delle opere del veneziano, che è stata affidata a uno dei maggiori settecentisti in attività in Europa, Antonio Trampus, di Ca’ Foscari. Tra gli studiosi coinvolti vi sono Michel Delon, Marina Formica e diversi altri eccellenti settecentisti. Finalmente gli studiosi avranno a disposizione un’edizione corretta, che verrà edita nel corso nei prossimi anni, delle molteplici opere di colui che a torto è ricordato solo come grande seduttore e libertino, avventuriero senza scrupoli, figlio di un secolo laico se non miscredente. Non è così. Egli scrisse romanzi, tradusse (in veneto) Omero, lasciò opere storiografiche, morali e perfino sul suicidio, si dilettò di ostetricia, difese le capacità intellettuali delle donne e il loro diritto di coltivare le scienze, ad ogni livello. Oltre naturalmente a scrivere, in francese, quell’autobiografia che lo ha consegnato alla storia, e non solo letteraria. Casanova si era formato in un ambiente, naturalmente, cattolico, e come filosofo e pensatore era stato allievo di un aristotelico come Jacopo Stellini, professore all’Università di Padova e autore di un’opera di ispirazione vichiana sull’origine dei costumi umani che ebbe grande successo nel Settecento, e per tutta la prima metà dell’Ottocento.
Presso l’Università dell’Insubria si tiene, il 29 aprile 2025, un convegno internazionale sui mondi sotterranei. Che cosa ha a che fare Casanova con le discese (utopistiche) al centro della terra, o con l’altrettanto utopistica idea di un centro della terra abitabile e/o abitato? Molto, perché vi scrisse un (lunghissimo) romanzo. Gianluca Simeoni, noto esperto del Casanova, parla del testo di Giacomo. Mentre da Michela Andreatta a Davide Arecco e Mirella Pasini, tra gli altri, un nutrito gruppo di studiosi del Settecento esplora il tema del mondo sotterraneo, da Kircher a metà Seicento, a Ames e Seaborn negli anni venti dell’Ottocento.
Per quel che riguarda Casanova e il suo centro della terra, proponiamo qui di seguito qualche breve riferimento introduttivo. Il volume in questione è Icosameron ovvero storia di Edward ed Elizabeth, a cura di Serafino Balduzzi (Luni editrice, pagine 704, euro 35,00). Prima traduzione integrale dall’originale francese.
“Dante pone la Terra al centro dell’universo, l’inferno al centro della Terra, Lucifero al centro dell’inferno. Il diavolo sarebbe, insomma, al centro di tutto”. Così Mario Rigoni, in Variazioni sull’impossibile (2006). Il fascino di quel che giace sotto la superficie terrestre ha da sempre agitato l’umana fantasia, e finalmente la scienza. Dalla terra plasmata dal diluvio, dai giganti sotterranei agli dèi ctoni delle mitologie ebraiche e greche, lentamente si giunge a quella scienza che l’Aldrovandi per la prima volta nel 1604, dall’ateneo di Bologna, chiamò “geologia”. Ma, come ha mostrato Gaston Godard, anche nella Padova di Galileo cominciano le prime ricerche stratigrafiche, le prime indagini davvero scientifiche su quel che nasconde la crosta terrestre. D’altra parte, la geologia è scienza che a Padova ha sempre avuto un luogo d’eccellenza, anche se è a Firenze a metà Seicento, con Stenone, danese convertito alla corte medicea, che essa davvero s’afferma. Ma a Padova insegna a inizio Settecento il Vallisneri, la cui Lezione intorno alle origini delle fontane, edita a Venezia nel 1714, che confuta la teoria dell’origine marina dell’acqua delle fonti, è pietra miliare della disciplina. Disciplina che nel Novecento ha avuto nei Dal Piaz – Giorgio in ultimo – insigni studiosi.
Che ha a che fare tutto ciò con Casanova? Il libertino e scrittore, che si intendeva di ostetricia e usura, fu forse anche un geologo? In un certo senso, sì. Un bel libro di David Standish, Hollow Earth (Da Capo Press, 2006), ricostruisce la “geologia fantastica”, ovvero la saga dei moderni viaggi “al centro della terra”, che ebbero un picco nell’Ottocento di Jules Verne ed E. A. Poe. E rivaluta un’opera intrigante ma quasi ignota di Casanova, lo Icosameron, pubblicata in 5 volumi e poco più di 300 esemplari – ora chicca per bibliofili – in francese, a Praga, nel 1788, poi ristampata nel 1928 e di nuovo in Francia nel 1994. La medesima opera è ampiamene discussa in un testo scientifico che precede di poco quello di Standish, Subterranean Worlds di David Fitting (Wesleyan University Press, 2004). È la storia di due fratelli inglesi, Edoardo e Elisabetta, che a seguito di un naufragio, nell’Inghilterra sulla soglia della Riforma, si ritrovano in un luogo imprecisato sotto la superficie terrestre. Qui incontrano un singolare popolo di piccoli uomini organizzati in una sorta di società utopica, e davvero ben regolata, quasi Atlantide platonica, i “megamicri”. Lì, in una sorta di perenne giovinezza, vivranno oltre ottanta anni, prima di ritornare sulla superficie ed incontrare i genitori, ultra centenari, e raccontare loro, in venti giornate – il doppio del Decameron – le loro straordinarie avventure.
Si tratta di un testo utopico, dunque, nel solco, inaugurato da More ad inizio Cinquecento, di quella letteratura del viaggio/luogo immaginario che proprio nell’arcinemico di Casanova, Voltaire, aveva avuto un modello egemone, per tutto il Settecento. Micromégas, del 1752, ispirato da Swift, narra di un saggio abitante del pianeta Sirio, che analizza gli usi della terra, o piuttosto di Parigi. Dunque, un viaggio cosmico. Ma tutta la prima età moderna, e non solo la scienza, soprattutto a partire dal tardo Seicento, vive una dialettica tra introversione ed estroversione, tra lo sguardo verso il centro della terra, e quello invece aperto all’immensità del cosmo. Più note certo, grazie a Newton, le piroette delle stelle. Ma non meno scalpore – incorrendo nella censura ecclesiastica – ottenne il geologo Thomas Burnet, contemporaneo di Newton, con la sua Telluris theoria sacra (1681), che conteneva nuove ipotesi, non tutte in contraddizione con le Scritture, circa l’origine e la storia naturale della terra.
Questi i punti di riferimento per Casanova, insieme a quello splendido romanzo illuministico – ben più avvincente di Voltaire – che è il Viaggio di Niels Klim di Ludvig Holberg, tradotto da Adelphi nel 1994, suo precedente più illustre. Ma non meno importante, in un Casanova da sempre lettore di opere secentesche, la grandiosa impresa del Mundus subterraneus di Athanasius Kircher, pubblicata tra 1664 e 1665. Nel mondo sotterraneo poi ci si muove con una sorta di pallone d’aria (ecco che il vasto cosmo estrovertito e il mondo introvertito del centro della terra si ricongiungono). Cosa che ha fatto pensare gli americani – ipotesi non pellegrina – che l’introduzione dei palloni aerostatici nel mondo sotterraneo di Casanova derivi dall’incontro, avvenuto a Parigi nel 1783, durante l’ultima visita di Giacomo nella fervente capitale francese, tra questi e Franklin, che tenne in quell’anno una conferenza all’Accademia parigina proprio sui palloni ad aria. Singolarissimo incontro tra due personali affatto diverse, ma entrambe figlie a pieno titolo del secolo illuminato. Casanova non andrà in America – tra gli avventurieri settecenteschi provenienti dalla Serenissima lo farà genio di altra generazione, Da Ponte – ma in qualche modo un’eco lontana del Mundus Novus si ha nel Mundus Subterraneus del veneziano. E non è cosa di poco conto.
Certo, l’Icosameron – che ha avuto, fino a questa integrale, solo una parziale e mediocre edizione italiana (a cura di G. Panella, 2001) – introduce un elemento nuovo nel regno delle utopie/distopie: quello dell’incesto. I due fratelli infatti si congiungono per dar vita – come Vallisneri! – a una discendenza numerosissima. Ma la questione non è, come credono Sciascia e Schnitzler tra gli altri, quella della perversione assoluta di Casanova, che sogna l’incesto come culmine del peccato. Si tratta invece di comprendere l’enigma biblico di quale legame intercorresse tra Adamo e la sua “costola”, o più correttamente, “fianco”, Eva. Il paese dei megamicri, fin dalle prime pagine, è infatti identificato con il “Paradiso”. Il romanzo vuol competere con Burnet, o Kircher, autori di cosmologie e storie onnicomprensive della terra – non solo del suo interno – piuttosto che con i viaggi utopistici al suo interno, genere che ha cultori in Francia, Inghilterra (con due lunghi romanzi usciti negli anni Cinquanta del Settecento. Si tratta però anche di un esempio rarissimo di romanzo lungo della letteratura settecentesca, anche se ovviamente il genere era coltivato assai più in Francia che non in Italia. E, per concludere, anche di un viaggio iniziatico dal sapore squisitamente massonico, fertile interpretazione ancora in gran parte da argomentare.
La cosa più perversa in Casanova, come al solito, sono i suoi cattivi interpreti.
Ma egli ne ha e ebbe anche di straordinari. Concludiamo dunque questo breve presentazione citando il maggior comparatista italiano, Piero Boitani, che su Il Sole 24 ore (3 marzo 2019), così presentava il romanzo-fiume(sotterraneo) di Giacomo:
“Il romanzo procede in realtà attraverso progressive amplificazioni, digressioni, dibattiti di autorità, dilazioni, precisazioni dotte, trovate fantastiche presentate come conclusioni perfettamente razionali. Profezie e oracoli, conversazioni filosofiche e teologiche, guerre dei giganti, prigionieri liberati, viaggi, matrimoni, donazioni, fisica e ingegneria: dentro l’Icosameron c’è di tutto, governato da una logica che stupisce ripetutamente, quasi fosse in cinque romanzi di Jules Verne messi assieme. Lo si può leggere giornata per giornata, lasciandosi irretire dalla sequenza dei particolari sorprendenti e abbandonandosi alla ricerca della loro cogenza (come nella decima, dove alla propagazione dei serpenti seguono i seminari dei giganti, l’eccesso di contante è imbrigliato dalla vigilanza, Edward diventa oculista e accetta la signoria di un feudo). Oppure lo si può aprire a caso, muovendosi poi in avanti e indietro senza, a tutta prima, capirne le ragioni e la direzione…L’utopia narrativa che Casanova costruisce per mezzo di tali strumenti è davvero strabiliante e l’Icosameron raggiunge d’un balzo le altre produzioni eccellenti del Secolo dei Lumi: tra le più celebri, il Robinson Crusoe di Defoe, I viaggi di Gulliver di Swift (i megamicri hanno alcune caratteristiche in comune con gli houyhnhnm swiftiani), il Candide di Voltaire. Si tratta, naturalmente, di fantascienza. Ma rivolgendosi al Conte di Wallenstein Casanova scriveva: «chi può dire se in questo libro scrivo il vero o il falso? Si pensa d’inventare e invece è tutto vero; oppure si gabellano frottole che si credevano verità sacrosante … E voi, signor Conte, accettate il racconto a cuor leggero, salvo che vi abbia l’aria di un maledetto imbroglio: qualunque cosa contenga di buono, non pretende a verità accertata. Vedetelo come la Vita di Robinson Crusoe, quel libro inglese che non documenta i fatti, ma si legge con tanto maggior piacere come romanzo»”
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