A Palazzo Edison si è svolto il 15 Ottobre,  il seminario “La Regione Mediterranea e la sfida ai cambiamenti climatici” in cui si confrontano Houda Allal direttrice generale dell’Osservatorio Mediterraneo dell’Energia, Antonio Navarra presidente del Centro Euro-Mediterraneo sul cambiamenti climatici, Angelo Riccaboni, rettore dell’Università di Siena e presidente di SDSN MED Solutions, Roberto Vigotti di RES4MED, Alisa Newman Hood, consigliera per le risorse energetiche del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, Alessandro Ortis co-presidente dell’Assemblea parlamentare del Mediterraneo insieme a molti altri rappresentanti istituzionali nazionali e internazionali.

 

L’area del Mediterraneo rappresenta un ecosistema delicato e fortemente suscettibile alle variazioni climatiche indotte dal riscaldamento terrestre. Riscaldamento che farà registrare, nel prossimo futuro un rapido innalzamento del livello dei mari. Tale fenomeno, aggravato dalla maggiore frequenza di eventi naturali estremi, si sta rivelando critico per gli ecosistemi costieri e il sistema socio-economico regionale, che include l’industria ittica, l’agricoltura, la gestione del patrimonio forestale e/o le molteplici attività residenziali, commerciali e ricreative che sono situate in prossimità delle coste dei diversi Paesi del bacino del Mediterraneo. Tutti gli scenari climatici degli ultimi anni confermano, infatti, per la metà di questo secolo, che la regione Euro Mediterranea, registrerà la tendenza di un aumento medio della temperatura che rasenterà i 2°C (da 0,8 a 1,8°C sulla superficie marina), un aumento del livello del mare da 6 a 12 cm (effetto congiunto dell’incremento della temperatura e della salinità), una riduzione delle precipitazioni fino al 10% e un aumento della frequenza di eventi estremi come ondate di calore, piogge torrenziali e cicloni. Le inevitabili variazioni del clima dovranno essere affrontate come sfida per il rinnovamento dei sistemi economico, sociale, produttivo e come opportunità per accelerare la cooperazione delle diverse sponde del Mediterraneo: quella Nord e quella Sud. Intensificare la partnership pubblico-privato rappresenterà la chiave di volta per adottare iniziative, progetti, misure adeguate alle sollecitazioni esterne che consentano di salvaguardare sia l’ambiente considerato come “unicum” naturale non replicabile, sia le attività commerciali, industriali, agricole, nonché il profilo costiero che caratterizza tutto il bacino del Mediterraneo. La ricerca e l’innovazione dovranno costituire lo stimolo per accelerare la trasformazione verso nuove tecnologie a più basso contenuto di carbonio, consolidando quelle esistenti che già oggi assicurano significativi livelli di efficienza e di compatibilità ambientale e che costituiscono i presupposti per realizzare quel trasferimento tecnologico finalizzato ad avviare il bacino del Mediterraneo verso una completa de-carbonizzazione. Il potenziamento delle iniziative, considerate “best practices”, già avviate nell’area del Mediterraneo e che costituiscono e rafforzano il dialogo e la lunga tradizione di cooperazione fra i Paesi che in essa si affacciano, dovrà guidare i mondi politico, associativo, accademico e della ricerca verso l’obiettivo di legare le differenti esigenze e culture in una strategia integrata e comune che valorizzi l’intera regione, cardine dello sviluppo sostenibile.

 

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