Che la religione possa servire le ragioni di Stato è idea che nel mondo occidentale è stata in grandissima parte felicemente superata. Non così in altre zone, e non solo del mondo islamico. Il monte Athos “vive ancora grazie ai sussidi russi” dice il padre greco ortodosso Makarios. Putin da alcuni anni a questa parte sta prestando crescente attenzione al grande complesso monastico che costituisce una specie di “Vaticano” del mondo ortodosso, e starebbe perseguendo l’idea di usare l’ortodossia come strumento per rivificare l’influsso russo nell’Europa orientale, secondo quanto sostiene Simon Shuster sulla rivista Time (12-19 sett. 2016).

Secondo Shuster, nel suo viaggio avvenuto nel 2005 al monastero del monte Athos, Putin avrebbe stretto un’alleanza che “ha trasformato non solo la comunità monastica, ma anche le élite russe a Mosca”. E gli effetti visibili di tale accordo si individuano nel perfetto stato di manutenzione del monastero russo, il maggiore presente sul monte Athos; infatti qui vi sono 20 monasteri, dei quali 17 sono greci, uno è serbo, uno bulgaro e uno russo. Quest’ultimo è il più grande e magnifico, e fu sostenuto e foraggiato sin dagli ultimi zar, a fine Ottocento.

Agiou Panteleimonos, il onastero russo nel complesso del Monte Athos. (foto Wikipedia cod Gabriel 36).
Agiou Panteleimonos, il monastero russo nel complesso del Monte Athos.
(foto Wikipedia cod Gabriel 36).

Dopo la parentesi comunista, oggi la Russia torna a guardarvi con sommo interesse, per ritrovare vie che le consentano di recuperare la centralità nella zona eurasiatica che un tempo aveva e che s’è relativamente deteriorata con l’allontanarsi di diversi Paesi che un tempo vi ruotavano attorno nel Comecon e nel Patto di Varsavia e che oggi invece aderiscono alla Nato e all’Unione Europea (Romania, Bulgaria, Lituania, Estonia, Lettonia ecc.). In particolare secondo Shuster la Russia cercherebbe nell’ortodossia un nuovo collante ideologico e un nuovo elemento che possa motivare alcuni a esercitare in sede di Unione Europea il diritto di veto contro le sanzioni comminate a seguito del referendum che strappò la Crimea all’Ucraina. E la Grecia, Paese in gran parte di religione ortodossa e già messo alle corde dai vari Diktat esercitati dalla UE, sarebbe disponibile a tale presa di posizione favorevole alla Russia. (Una votazione su tali sanzioni è prevista per il gennaio 2017, e ogni Stato membro ha diritto di veto simile a quello che in sede Onu esercitano i cinque Paesi del Consiglio di Sicurezza).

Ma, al di là delgi elementi contingenti, vi sono atteggiamenti di fondo più rilevanti sul lungo periodo: l’Ortodossia sarebbe considerata un movente di carattere conservatore e un argine contro l’estendersi del liberismo che domina in Occidente, non solo in campo economico, ma anche sul terreno morale: il riferimento è ai temi più “caldi” del momento, attinenti alla sfera dell’orientamento sessuale quali la parificazione tra nuclei etero e omosessuali, ma si estende facilmente anche al generale atteggiamento a-religioso che s’è diffuso in Occidente, proponendo di contro a questo un rinnovato rigore “ortodosso” che è radicalmente proclive alla tradizione e avverso all’innovazione.

Si tratta insomma dell’emergere di una politica restaurativa in cui si fondono e confondono diverse tendenze.

Nell’analisi si Shuster, Putin ora occuperebbe il luogo che un tempo occupavano gli imperatori sostenitori della Chiesa, a partire da Costantino. Come afferma il monaco p. Nektarios, “Anche Putin viene da una nazione pagana che perseguitò i cristiani e, grazie al fatto di rientrare nella Chiesa, riporta la croce al posto suo proprio”.

Non a caso in momenti cruciali nel corso del suo percorso di leader russo, Putin è più volte ricorso al sostegno della Chiesa Ortodosa: tra l’altro proprio nel 2014, dopo l’annessione della Crimea, nell’annunciare la quale ricorse alla retorica della “sacralità” di quella terra dove, sottolineò, fu battezzato il suo omonimo, s. Vladimir il Grande.

Il paragone con Vladimir è particolarmente significativo: infatti questi, secondo la tradizione, dominava su una Russia pagana e decise di battezzarsi dopo avere esaminato le diverse religioni e trovato che la ritualità greca espressa in S. Sofia di Costantinopoli fosse la più elevata. Così nell’anno 988, dopo la conquista della Crimea decise di farsi battezzare in quella terra e, dopo questo, proseguì col diffondere il cristianesimo in tutta la Russia, estirpandovi le credenze pagane.

Significativo di questa ridefinizione dell’identità ideologica russa è probabilmente anche il fatto che recentemente si va delineando anche una nuova genealogia di Vladimir Putin, secondo la quale egli sarebbe “imparentato con tutte le famiglie regnanti europee” e sarebbe un successore del principe Mikhai Tverskoy (1271-1318. Cfr Pravda, 31 agosto 2016).

Città di Tver, monumento al principe mikhail Tverskoy, innalzato nel 2008.
Città di Tver, monumento al principe Mikhail Tverskoy, innalzato nel 2008.

In effetti basta seguire le pagine della Pravda per rendersi conto di come vi emerga la tendenza a mostrare la Russia come baluardo nell’attiva difesa della cristianità, a fronte delle minacce a questa provenienti sia dal mondo del fanatismo islamico, sia dal mondo del capitalismo materialista tipicizzato dall’establishment statunitense.

Il problema in questo atteggiamento che si va delineando, di una Russia defensor fidei è, in quale misura sia compatibile con i progressi fatti nel mondo occidentale nel campo della reciproca indipendenza tra Stato e religione, progressi sanciti in epoca recente dal Concilio Vaticano II.

Su questo terreno occorrerà che la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa si confrontino con i sistemi politici con i quali oggi si trovano ad avere a che fare.

Tenendo presente che le grandi donazioni per costruire o ricostruire monumenti che esprimono religiosità (che stando a quanto riferito da Time sono attualmente in corso al Monte Athos), nel passato hanno effettivamente consentito di erigere strutture che restano nella storia come testimonianza di grande arte e anche di grande fede in momenti storici nei quali la civiltà europea era bensì cristiana, ma il cristianesimo era anche insturmentum regni. E questo secondo una commistione avverso la quale il Fondatore del cristianesimo si espresse con chiarezza adamantina e in più occasioni.

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