a cura di Michela Beatrice Ferri
Giuseppe Frangi riferisce in merito alla mostra Il passaggio di Enea. Artisti di oggi a tu per tu con il passato promossa dall’Associazione “Casa Testori”. Meeting 2017, Rimini Fiera (dal 20 Agosto 2017 al 26 Agosto 2017).
L’Associazione “Casa Testori” propone per il Meeting di Rimini una mostra di grande suggestione e impegno, il cui tema prende avvio direttamente dal titolo del Meeting 2017: “Quello che tu erediti dai tuoi padri, riguadagnatelo, per possederlo” – citazione tratta dal “Faust” di Goethe. Il bisogno di riappropriarsi ciò che ci è stato lasciato in eredità è uno dei temi dell’arte contemporanea: il rapporto con il passato, con la tradizione, segna tutta la parabola della creazione artistica contemporanea producendo episodi di intenso amore e di profonda conflittualità. Gli artisti che “Casa Testori” ha chiamato per realizzare il percorso espositivo allestito sotto le grandi volte della Fiera di Rimini sono: Emilio Isgrò, Alberto Garutti, Wim Wenders, Adrian Paci, Giovanni Frangi, Andrea Mastrovito.
Giuseppe Frangi, quale motivazione sta alla base della scelta del titolo di questa importante mostra, “Il passaggio di Enea”?
Il titolo è tratto da una raccolta di poesie di Giorgio Caproni. Caproni aveva preso spunto da un monumento dedicato a Enea in piazza Bandiera, nel cuore di Genova. Per lui quell’immagine si era trasformata in una riflessione sul rapporto con il passato: Enea usciva da Troia facendosi carico del padre Anchise e allo stesso modo Caproni aveva attorno a sé una città ferita dalla guerra che si chiedeva come ricominciare e come relazionarsi con il suo passato. «Allora io vidi in Enea», racconta Caproni. «Non la solita figura virgiliana, ma vidi proprio la condizione dell’uomo contemporaneo, della mia generazione: solo nella guerra, con sulle spalle un passato che crolla da tutte le parti, che lui deve sostenere e che per la mano ha un avvenire che ancora non si regge sulle gambe». Agli artisti abbiamo chiesto di riflettere su questa transizione: da un passato potente ma spesso ridotto a macerie, a un futuro che comunque di quel passato deve fare tesoro.
Quali sono le installazioni dei sei artisti chiamati da “Casa Testori”, e quale il messaggio di ciascuna di queste opere?
Emilio Isgrò porta il grande lavoro recente fatto sui Promessi Sposi: una cancellatura della prima edizione Quarantana che in realtà è un grande atto d’amore nei confronti di Manzoni: violandolo ne esalta la forza poetica della sua scrittura. Alberto Garutti invece porta la sua Madonna, statua assolutamente tradizionale, scaldata con un dispositivo alla temperatura del corpo umano: un modo di restituire il calore che la devozione mariana suscitava nelle persone. Anche Adrian Paci porta un soggetto sacro, una Via Crucis costruita rimettendo in scena il Vangelo secondo Matteo di Pasolini, con i suoi allievi. Wim Wenders invece porta la grande serie di foto tra le macerie di Ground Zero, dopo l’11 settembre: come cercare segni di rinascita davanti ad un passato azzerato. A Giovanni Frangi abbiamo chiesto un lavoro pittorico per capire cosa significa oggi dipingere un paesaggio nell’era che ha abbattuto tutti gli orizzonti spaziali e tecnici. Andrea Mastrovito chiude il percorso con la sua Procession, un’opera di grande suggestività che ripropone il tema di un’arte che abbia una genesi è una ricezione collettiva e partecipata.
L’inizio del percorso espositivo è segnato da un’opera di Julia Krahn e al centro della mostra sta la suggestiva scultura in fibra d’agave di Gianni Dessì: “Qui ora”. Ce ne può parlare?
L’opera di Julia Krahn apre il percorso: i visitatori passano in mezzo a due grandi totem sui quali sono affisse due fotografie dell’artista che porta tra le braccia sua madre. È una rivisitazione contemporanea dell’Enea con Anchise. Una rivisitazione che registra tra l’altro la novità di sguardo che il ruolo della donna ha portato nel nostro tempo: non a caso il portare del primo scatto si risolve in un abbraccio nel secondo. La grande scultura di Gianni Dessì si candida a essere il simbolo della mostra. Messo al centro del grande spazio, rappresenta una gigantesca mano che sbuca dal terreno, reggendo una casa lanterna di un giallo squillante. È il passato che come un gigante amico si presta ad illuminare il presente. Ma poi tocca a noi cercare la “strada nuova”.
Giuseppe Frangi, concludo con una domanda ripresa dal comunicato stampa della mostra. Che cosa significa per un artista di oggi “riguadagnarsi” una eredità culturale? Come l’artista rinnova, e supera, ciò che ha ereditato dai suoi padri?
Riguadagnarsi significa che il rapporto con il passato non è un semplice passaggio di consegne. Che per raccogliere l’eredità bisogna in qualche modo avere il coraggio di essere assolutamente “nuovi”. Cioè rinnovarne le dinamiche che lo hanno reso interessante e vitale per noi. Mettersi in scia del passato è come tradirlo, renderlo inerte. Il rapporto implica il coraggio di un salta nel vuoto: una volta atterrati nel “nuovo” scopriremo di aver davvero rispettato il passato. Di averlo reso un fatto vivo e non un ricordo da venerare. Credo che tutti gli artisti che abbiano convocato per la mostra abbiamo avuto il coraggio di questo salto, a iniziare dai due “maestri” con cui i visitatori si imbatteranno a inizio mostra: Warhol che si confronta con l’Ultima Cena di Leonardo e Antonioni a tu per tu con il Mosé di Michelangelo.
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