Con queste brevi note, Luigi Binetti comincia una collaborazione con frontiere.info su argomenti di cinematografia

di Luigi Binetti

Nell’attesa che le maestranze Rai smontino le scenografie del Festival di Sanremo (la città dove vivo), rendendo finalmente disponibili le otto sale cinematografiche di cui dispone la cittadina ligure, tutte fagocitate dal bulimico servizio pubblico multimediale, il sottoscritto, orfano di film da una ventina di giorni, si impone una sciabolata a Milano.

Alla moglie motivo il viaggio per urgenti pagamenti bancari, controllo di casa e casella (postale) e necessario rifornimento farmaci. Tutto vero, tutti compitini svolti tra un film e l’altro.

E di una coppia di pellicole appena viste vorrei parlarvi.

Due film agli antipodi, così diversi l’uno dall’altro, così distanti nelle tematiche e nello stile, eppure entrambi talmente densi e riusciti, che nel mio animo si sono completati a vicenda e si sono resi ancora più smaglianti. Sto parlando di ‘Tár’, affascinante e complesso, tecnico e politico, dialoghi di altissimo livello, sequenze prodigiose che mettono in luce un “mostro sacro” del podio (mostro, badate bene, in tutti i sensi).

E mostro di bravura è la protagonista, Cate Blanchett, nei panni appunto di un direttore d’orchestra alle prese con la carriera, la famiglia transgender, la musica classica. Senza spoilerare nulla, vi anticipo soltanto che, oltre alla 5a sinfonia di Mahler, dovrà imparare a praticare bene l’Arte della Fuga.

E parlo poi di “The quiet girl”, piccolo gioiello del regista Colm Bairéad, trama semplicissima, lineare, dialoghi rarefatti ma essenziali, elegantissimo seppure ambientato in un contesto rurale irlandese di qualche decennio fa. Una ragazzina protagonista che vi rapirà il cuore, una coppia di mezza età così umana (in quello che dovrebbe essere il vero senso del termine “umano”) di rado dipinti al cinema così nitidamente pur con poche pennellate. Preparate i fazzoletti quando vedrete la corsa finale di Cáit (il nome dell’adolescente), se ancora vi è rimasto un briciolo di sensibilità in questo mondo ipertecnologico, dove perfino le emozioni e i sentimenti sono derubricati a formule pseudo-scientifiche (quando non mercificate e mortificate da deprimenti spettacoli televisivi).

Non mi resta che augurarvi buon cinema, ne uscirete arricchiti. E, per favore, non commentate “Come arricchiti? Con il costo dei biglietti di oggi….”

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