di Corrado Gavinelli
Ritrovamenti in grandi quantità di sostanze organiche di equini presso il Monviso, risalenti al 218 avanti Cristo
Gli ambienti scientifici internazionali sembrano ormai avere concordemente accettato (dall’Aprile del 2016, quando un sorprendente articolo di un archeologo appartenente al gruppo di studiosi universitari britannico-canadesi, impegnato in quelle apposite ricerche sul passaggio alpino di Annibale, ne ha ufficialmente annunciato la notizia) la prova materiale della traversata delle Alpi sul percorso passante per il Colle delle Traversette, presso il Monviso, effettuata dal generale cartaginese nel 218 avanti Cristo con il suo grosso esercito di uomini, cavalli, muli, elefanti, ed equipaggiamenti militari.
Questo itinerario era già stato per altro identificato almeno da un decennio prima, e reso noto agli specialisti del settore dal 2008, venendo poi diversamente precisato ancòra, nei dettagli scientifico-tecnici, e con le prove biologico-archeologiche della sua scoperta, tra il 2014 ed il 2016.
Ma la sua notificazione globale, accessibile a tutti, è stata pubblicata su Internet soltanto all’inizio di Aprile del 2016 (ne ha dato riscontro ufficiale Chris Allen, Docente Anziano di Microbiologia alla Quenn’s University di Belfast, il 3 Aprile, riportando sulla rivista telematica The Conversation “Come antichi batteri di sterco equino hanno aiutato a localizzare il sito dove Annibale ha attraversato le Alpi”), ed è così successo che il prodigioso tam-tam virtuale della rete virtuale ne ha captato l’evento espandendone mondialmente la diffusione, e facendo uscire quell’ignoto episodio dalla cripticità specifica delle riviste specializzate e rendendolo un sensazionale aspetto giornalistico alla portata di tutti.
A cominciare (due giorni dopo l’annuncio, il 5 Aprile 2016) dall’esperto della CNN Todd Leopold (che riferiva quanto “La rotta di Annibale attraverso le Alpi poteva essere stata ritrovata”), la eccezionale notizia viene accolta e rinviata ovunque, anche dalle testate italiane (Focus lo stesso giorno 5, e Le Scienze il 7).
Lo sviluppo delle ricerche
Tuttavia, da diversi mesi prima (dal Gennaio del 2016) tali risultati erano stati resi pubblici dal massimo responsabile delle ricerche, William (Bill) Mahaney, direttore del gruppo di lavoro su questa operazione, e Professore Emerito di Microbiologia alla Università di York in Toronto, nel primo numero della rivista archeologica Archaeometry edita dall’Ateneo di Oxford, con un completo resoconto tecnico-espositivo sintetizzato nel seguente riassunto: “un ampio accumulo di feci mammifere nel sito alluvionale sulla parte superiore della Valle del Guil vicina al Monviso, datata al 2168 del Carbonio 14” (e cioè proprio intorno al 218 avanti Cristo, data della traversata annibalica alpina), “fornisce la prima attestazione del passaggio di un certo numero – sostanzioso ma non precisato – di mammiferi entro il periodo cronologico della invasione punica dell’Italia. […] I risultati riportati da tale scoperta costituiscono la prima prova chimica e biologica del passaggio di un vasto numero di mammiferi, praticamente indicante la strada dell’armata annibalica a quell’epoca”.
Queste deduzioni erano tuttavia già conosciute a loro volta dal 2014, rivelate dalla Università di Dublino (DCU) nell’anno successivo (“23 Marzo 2015”) in un rapporto interno all’àmbito accademico, la cui interinità non riuscì per ciò a sollevare, al di fuori del contesto prettamente scientifico, lo sconvolgente scalpore recentemente suscitato dalla stampa specializzata e no.
E analogamente (soprattutto per la definizione delle possibili strade percorse da Annibale, analizzate storiograficamente sui testi nella prima parte delle indagini della ricerca mahaneyana) le conclusioni dei vari possibili passaggi dei Cataginesi sulle Alpi, ripresi dalle fonti documentarie e dalle induzioni degli esperti, appaiono dal 2007, rivelati ufficialmente, sebbene in forma soltanto annunciante, da Chuck Mims (responsabile della rivista telematica ‘SI-Ontario’ della Università di Toronto), riportando le conseguenze fisico-chimiche di attestazione di rinvenimento archeologico che Mahaney e colleghi avevano presentate al XV Congresso SIMS (Spettrometria di Massa degli Ioni Secondari) svolto l’anno prima a Manchester.
L’individuazione dei tragitti annibalici accettabili
Tutta la ricerca sugli itinerari percorsi da Annibale variamente indicati da storici e ricercatori con diverse e contraddittorie versioni, è stata indagata, sempre dal Mahaney, con una metodica (ma non proprio completa: perchè ha trascurato parecchi lavori letterari soprattutto ottocenteschi e locali) esplorazione globale iniziata dal 2004 (completata anche da rilievi topografici accurati, aerei e sul posto), ed è giunta alla sua maggiore e precisata definizione (nei propri aspetti tecnico-scientifici specifici) nel 2008, allorchè il suo fautore ne ha pubblicato gli accertamenti (sul secondo numero della Rivista ‘MAA’ di Archeologia e Spettrometria Mediterranee) con il seguente riassunto: “Una secolare questione vecchia di circa 2200 anni collegata alla strada di invasione dell’Italia attuata da Annibale attraverso le Alpi, è stata affrontata dagli autori classici senza trovare riscontri di evidenza materiale. La comparazione tra le descrizioni topografiche della letteratura ed i parametri ambientali alpini, tentata con la nostra ricerca per la prima volta, procura una banca-dati secondo cui diversi percorsi possono essere considerati. L’identificazione dei siti tramite metodi geologici, geomorfologici, astronomici, chimici, petrologifici, conduce alla esclusione di certi luoghi di transito ed al riconoscimento di altri itinerari sui quali gli scavi geo-archeologici possono rilevare una importante circostanza” di decisiva testimonialità fisica.
Sulla base dei due storiografi antichi più attendibili dell’epoca maggiormente vicina agli avvenimenti punici (Polibio, che scrisse la sua complessa Storia nel 264-146; e Tito Livio, che compilò il De Urbe Condita tra il 27/25 e il 17), e degli altri numerosi studiosi moderni e contemporanei, l’analisi storica mahaneyana è giunta alla concentrazione su una sola terna di itinerari, indicati come “Le Tre Vie”: il primo percorso, quello settentrionale (variamente ricavato da John Lazenby, Basil Hart, e Napoleone Bonaparte) si sviluppa “parallelo al Rodano andando al Fiume Isère, superando l’odierna Glenoble e arrivando lungo il Fiume Arc fino al Moncenisio o al Colle Clapier, uscendo poi sulla Dora Riparia verso Torino”; la seconda strada, detta intermedia (indicata da Peter Connolly), “segue il medesimo tragitto della precedente ma devia dall’Isère nei pressi dell’attuale Grenoble per dirigersi lungo il Fiume Drac a meridione, raggiungendo il lato occidentale del Massiccio del Pelvoux per congiungersi con il Fiume Durance e continuare verso il Monginevro”; e invece il terzo itinerario, meridionale (ripreso da Gavin De Beer), “procede lungo la valle del Basso Rodano per arrivare da settentrione al Fiume Drôme, attraversando poi il Colle di Grîmone sulle Alpi del Delfinato e raggiungendo il Bacino della Durance, passando attraverso il Queyras al Fiume Guil, finendo al Colle delle Traversette, e sfociando quindi nel bacino superiore del Po”.
Il conteggio dei “tempi di spostamento” di un esercito equipaggiato in marcia per ciascuna di quelle vie (effettuato da Mahaney già dal 2004), ha deciso per l’adozione della “strada meridionale come l’itinerario più diretto per accedere all’Italia settentrionale dal Bacino del Rodano”; anche in conseguenza delle osservazioni riprese da “tutte le autorità” storiche più eminenti (per la verità non proprio al completo, ma principalmente “Mommsen, 2006; Prevas, 1998; Polybio, nella traduzione del 1979”), che “concordano come Annibale abbia dovuto marciare abbastanza speditamente per attraversare le Alpi prima dell’arrivo dell’Inverno”, e attenendosi inoltre alla informazione polibiana secondo cui il comandante cartaginese “era disceso nelle pianure del Po” più in basso “invece che lungo la Dora Riparia”.
Altre condizioni topografico-geologiche determinanti hanno inoltre condizionato la scelta meridionale dell’attraversamento punico: l’analisi delle conformazioni rocciose del Clapier e alle Traversette effettuata da Mahaney già dal 2010, hanno rivelato fenomeni di ingente rovina artificiosa dei versanti montani, inducendo il professore canadese ad approfondire in quei luoghi il possibile uso umano dei famosi sistemi di sfaldatura forzata dei massi che ostruivano il passaggio a truppe e animali (indicata da Livio) tramite il loro riscaldamento col fuoco e la conseguente spaccatura violenta per mezzo di getti di aceto; suggerendo così di condurre opportuni scavi di sondaggio e attestazione di tracce probanti di passaggio di uomini, proprio in quei luoghi.
E finalmente, l’eccezionale rinvenimento di abbondanti feci mammifere conservatesi nel tempo mediante i loro batteri resistiti (i cosiddetti clostridia, caratteristici soprattutto degli equini) ha saputo portare una conferma del transito annibalico nella zona di Traversette.
Luogo di transito che però – per esattezza storiografica – già altri precedenti autori (e non soltanto il De Beer; perfino storici specificamente regional-locali, piemontesi e pinerolesi, neppure citati dal Mahaney e dai suoi collaboratori nelle loro bibliografie consultate) avevano indicato quale sito di probabile passaggio di Annibale (di cui tratterò comunque in un prossimo saggio); ma che macroscopicamente presenta condizioni di passaggio, per uomini ed animali e carriaggi, di dubbiosa e discutibile riscontrabilità – ed accettabilità – effettiva.
Per chi è pratico, infatti, della località indicata delle Traversette (il cui nome per altro rammenta – tanto nella terminilogia francese quanto in quella italiana e del Piemonte – il senso della traversata, e del percorso più veloce, sebbene non maggiormente facile: le traverse costituivano sentieri secondari più diretti, ma meno agevolmente praticabili) il tratto di risalita e discesa del colle, dopo la piana di ritrovamento delle feci archeologiche, si presenta terribilmente difficoltoso, anche per il passaggio di una sola persona: è di larghezza esigua (non più di un metro), e difficilmente transitabile da un individuo normalmente equipaggiato e capace (figurarsi un fante punico con il suo carico da milite, ingombrante e pesante!), lungo il quale anche un mulo ha già serie difficoltà di movimento. Una condizione di disagio pratico già impossibile per un cavallo, e del tutto impensabile per il transito di … elefanti (e di carri)!
Rimane pertanto del tutto aperta la accettabilità individuante della conclusione cui sono pervenuti i ricercatori annibalici: il cui rintracciamento archeologico si scontra con la concreta realtà pragmatica del sito.
Occorre per ora accontentarsi delle più ragionevoli deduzioni offerte dagli studi storici di autori recenti o passati, soprattutto dalla metà del Settecento a tutto l’Ottocento e ad oggi, che hanno ragionevolmente tentato di ricavare, da altre indicazioni testuali o materiali (libri antichi e scarsi reperti archeologici), possibili identitficazioni effettive del leggendario passaggio dell’avventoroso eroe cartaginese, di cui darò un sintetico resoconto in una prossima trattazione più specifica.
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