Si svolge il 7 marzo 2020 la GIORNATA NAZIONALE DEI BENI COMUNI. In vista di tale evento riportiamo qui la proposta di riforma dell’ordinamento giuridico formulata del Prof. Aldo Ferrara e di seguito il comunicato stampa del Comitato Rodotà “I Beni Comuni negati”.

La rivoluzione soft dell’ordinamento giuridico

di Aldo Ferrara*

Una succinta e forse rapida disamina storica del XX secolo, in tema di rivoluzioni epocali, porta inevitabilmente alla riesumazione dei dieci giorni che sconvolsero il mondo e a quella attuale del capitalismo di Stato cinese. La rivoluzione bolscevica, cruenta e priva di forma giuridica, istituì il collettivismo come principio di proprietà. Attraversando questi ultimi anni, si è giunti alla naturale conseguenza, quella cinese del Capitalismo di Stato, quale espressività delle metodiche capitalistiche di profitto ma ancorate ad una concezione collettiva dello Stato. Una sorta di forzata quadratura del cerchio.

Il nostro ordinamento giuridico, espresso dal Codice Civile, distingue la proprietà pubblica da quella privata con una certa confusione tecnico-giuridica sulle attribuzioni di poteri esecutivi e gestionali e soprattutto sul concetto di demanio e di beni pubblici, da un lato, e quello di proprietà privata. Osservava, infatti, Massimo Severo Giannini che se si vuole davvero comprendere a fondo la materia occorre «quasi dimenticare ciò che si è detto e si è scritto sul demanio, e riprenderlo da capo». Riprendere da capo la materia significava appunto che non fosse assolutamente necessario introdurre nulla di nuovo ma, molto più semplicemente, «tornare alle origini», cioè rivolgere l’attenzione ai dati, di carattere storico e sociale, che hanno determinato la nascita stessa dell’istituto demaniale, che affonda le proprie radici nei fenomeni di appartenenza collettiva dei beni che servono a una data comunità per soddisfare le proprie vitali esigenze (allo stesso tempo, comunitarie e legate alla sopravvivenza dei singoli). Il demanio, infatti, rileva Giannini, è stato all’origine «una proprietà collettiva, cioè una proprietà da cui ogni membro della collettività poteva trarre delle utilizzazioni». «Il principale bersaglio critico di questo Manifesto per i beni comuni – scrive Mattei – è costituito dall’assetto istituzionale fondamentale del potere globale oggi dominante: la tenaglia fra la proprietà privata, che legittima i comportamenti più brutali della moderna corporation, e la sovranità statuale, che instancabilmente collabora con la prima per creare sempre nuove occasioni di mercificazione e privatizzazione dei beni comuni».

La nuova disciplina sui Beni Comuni indica invece la strada per le riattribuzioni, non solo proprietarie, ma gestionali dei beni materiali e immateriali.

Beni Comuni Immateriali

Ecco che ne derivano dei concetti a cascata. Se, in accordo con la Commissione Rodotà, i beni comuni si distinguono in beni ad appartenenza pubblica necessaria, beni fruttiferi, beni pubblici sociali, è da questi ultimi che nasce l’ulteriore classificazione dei Beni Comuni Immateriali. Quelli cioè deputati alla realizzazione piena dei diritti civili e sociali. Quali ad esempio, il diritto alla salute, all’istruzione, alla comunicazione e libertà di stampa, quest’ultimo tutelato sì dall’art. 21 della Costituzione che, purtroppo, nel 1948 non poteva prevedere l’accesso alla comunicazione digitale, l’uso del web e della proprietà digitale.

La rivoluzione soft della nuova concezione dei Beni Comuni porta a una nuova identificazione della partecipazione cittadina alla gestione collettiva non solo di beni e servizi essenziali ma soprattutto in tema di collocazione strategica di questi. L’azionariato diffuso che si propone di mantenere un assetto collettivo in termini di proprietà non esclude il diritto dei soggetti concorrenti alla decisione strategica dell’utilizzo del bene.

  1. La recente polemica sullo stadio di S. Siro, destinato ad essere sostituito da un nuovo Stadio, di proprietà fifty-fifty tra Società di Calcio Milanesi e Comune di Milano, costituisce un esempio di quanta confusione ci sia in termini di proprietà e gestione di un bene di appartenenza pubblica. E soprattutto non viene considerata affatto la possibilità di una Public Company ad azionariato diffuso tra i cittadini che vi concorrono.

  2. Per converso, la gestione delle Aziende Ospedaliere, nate dall’accentramento della gestione della salute nelle mani dell’assessorato regionale competente, in virtù delle attribuzioni dei poteri locali, in ossequio all’art. 117 della Costituzione, titolo V, la dice lunga sull’appropriazione da parte di Corpi dello Stato ( sia pure legittimi quali gli Enti Locali) di un Bene Comune Immateriale, la salute, che però si veste di Bene Comune Fruttifero nella gestione, parziale ovviamente, di un capitolo di spesa del Bilancio Statale che, con i suoi 113 mld, è il più alto tra tutti i Dicasteri.

  3. Non ultima la necessità di rendere le fonti energetiche e con esse tutta la Materia Ambientale degna di altissima considerazione quale bene Comune e Condiviso, tra i più necessari per salvaguardare con l’ambiente, posti di lavoro e funzionalità della collettività intera.

  4. Ed ancora la deforma costituzionale della riduzione dei parlamentari, si inscrive in questo contesto di cassazione dei Beni Comuni, mortificando il Massimo Bene Comune che è la Rappresentanza Parlamentare, quale diritto ineludibile alla partecipazione collettiva della Democrazia.

L’azionariato diffuso e lo sviluppo del Bilancio Partecipativo

Ne consegue che Azionariato Diffuso e Public Companies possono essere incluse nella strategia politica del New Deal Giuridico sui Beni Comuni.

A cascata ne discende che attraverso questo nuovo ordinamento di correzione del Codice, la Legge d’Iniziativa Popolare è legittima arma di scardinamento della vecchia politica secondo la quale le strategie di gestione dei Beni Comuni (e un tempo solo pubblici) dovevano essere gestite da Enti Privati (Banche, Assicurazioni entrate nelle cartolarizzazioni e vendite dirette del patrimonio pubblico) e Stato, rappresentato dal Gestore Politico, ostico a fare gli interessi collettivi.

L’azionariato diffuso e lo sviluppo del Bilancio Partecipativo possono invece essere strumenti cittadini di riallocazione dei Beni Comuni e del loro utilizzo. Basti pensare al ruolo delle Municipalizzate nella gestione dei Servizi Pubblici Locali.

In conclusione riabilitare gli strumenti anzi detti, Azionariato Diffuso e Bilancio Partecipativo per rendere davvero di pubblica utilità i Servizi che, sia pure definiti Pubblici, sono nella gestione politica e quindi di parte e non di tutti.

Proposta Operativa

Costituire da subito:

1 una Commissione Speciale per la Verifica dei Beni Comuni, materiali e immateriali, stilare una lista delle priorità da acquisire, ivi compresa

2 una Subcommissione per la Comunicazione mediatica al fine di rendere partecipe la pubblica opinione di questa nostra rivoluzione soft, l’unica possibile al momento e l’unica che possa essere condotta al di fuori dell’Agenda Politica, strenuamente volta alla difesa dello stato delle cose.

(*) Aldo Ferrara , Professore f.r. di Malattie Respiratorie nelle Università di Milano e Siena

Executive Manager dell’European Group on Automotive Medicine

 

I Beni Comuni negati

Il 7 marzo, si svolge a Roma l’assemblea aperta “I Beni Comuni negati”, la prima del 2020, con il coinvolgimento delle realtà territoriali che si occupano concretamente di tutela e gestione di Beni Comuni. Da essa prenderà avvio la nuova campagna di adesioni: “Costruiamo il Futuro”, campagna che promuove il coinvolgimento della cittadinanza, di enti ed organizzazioni a supporto delle attività del Comitato, e della costruzione di una rete permanente ad azionariato diffuso. Nel corso dell’Assemblea il Comitato lancerà la proposta di istituire il 7 marzo quale data della Giornata Nazionale dei Beni Comuni. Molte le organizzazioni che aderiscono all’assemblea e parteciperanno ai lavori, tra le quali figurano Slow Food, Casa Internazionale delle Donne, Libera, Arci, Coordinamento nazionale Mare Libero, Altra Economia, International University College di Torino, Altragricoltura, e la Presidenza della V Commissione cultura spettacolo sport e turismo della Regione Lazio.  Il dibattito è aperto a interventi dal pubblico previa registrazione inviando mail a: (benicomunisovrani@gmail.com). Saranno presenti anche esponenti nazionali e territoriali dei movimenti politici, dei partiti e dei sindacati che hanno promosso e sottoscritto la legge di iniziativa popolare sui beni comuni.

Evento Facebook: https://www.facebook.com/events/1412665282246557/

Comitato Popolare di Difesa dei Beni Pubblici e Comuni “Stefano Rodotà” – Via Giuseppe Avezzana, 51 – 00195 ROMA / C.F. 97996090581 –  www.generazionifuture.org — comitatorodota@gmail.com

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