di Olimpia Niglio
Seoul
Al principio del 2020 Covid-19 è entrato prorompente nella nostra quotidianità mettendo in discussione il complesso sistema socioeconomico e modificando il dinamismo della vita in tutte le sue forme. Ogni nazione ha iniziato a pianificare e strutturare azioni di contenimento e controllo. Tra queste la Repubblica di Corea ha messo immediatamente in atto strumenti tecnologici innovativi per individuare le forme di contagio e lo sviluppo del virus. L’immediata azione sul monitoraggio della popolazione è derivata dall’esperienza di una simile situazione che il paese ha dovuto affrontare nel 2015 quanto un altro coronavirus (Mers) ha colpito il paese. Le conoscenze e le esperienze introdotte già nel 2015 sono servite per normare sistemi di controllo costante e continuo della popolazione attraverso tracciamenti attivati tramite dati GPS del telefono cellulare nonché dell’uso di carte di credito e di debito presso i servizi commerciali in particolare farmacie e servizi sanitari. Questo programma di controllo, già attivo dal 2015, ha consentito di monitorare perfettamente gli effetti clinici ignoti del virus, di individuare le persone infettate e maggiormente a rischio e di raccogliere dati fondamentali per gli studi epidemiologici relativi ad un problema sanitario internazionale per il quale ancora oggi non esiste un farmaco specifico.
Nonostante ci siano state aree di forte contagiosità, in diverse città coreane, la Repubblica di Corea ha rafforzato i sistemi tecnologici di controllo costante dell’intera popolazione senza chiudere mai alcuna attività produttiva e continuando le azioni quotidiane con i dovuti sistemi di protezione, in particolare uso di mascherine che nei paesi dell’estremo oriente sono sempre di uso corrente in tutti i periodi dell’anno. Non sono state attivate forme di distanziamento sociale se non confermate quelle di dovuto rispetto. Soltanto le attività accademiche, principalmente universitarie, sono state temporaneamente convertite in corsi online mentre l’attività di smart-working è una prassi già attiva da molti anni soprattutto per le aziende private al fine di ridurre gli spazi destinati ad uffici nonché per gestire in maniera più autonoma gli orari di lavoro. Negli ultimi tempi i benefici attesi dall’utilizzo del lavoro intelligente e i supporti istituzionali e tecnologici hanno avuto un effetto positivo sull’adozione del lavoro da casa da parte anche delle istituzioni pubbliche con la conseguente riduzione dei costi di trasporto a beneficio dell’ambiente. Così nella Repubblica di Corea, convivendo con Covid-19, ogni giorno regolarmente continua la vita nelle città: spazi commerciali, spazi pubblici, economia informale, vita all’aperto.
Sapporo
con Ako Katagiri
Dal 1950 a Sapporo, nell’isola di Hokkaido, nei primi giorni di febbraio si svolge il festival delle sculture di ghiaccio meglio noto come Yuki Matsuri. Questo 2020 il festival è coinciso anche con la festa dell’anno lunare e pertanto moltissimi turisti sia giapponesi che stranieri si sono riversati sull’isola a nord del Giappone per osservare questo straordinario spettacolo delle giganti sculture di ghiaccio. Tutto questo ha comportato che a seguito della diffusione pandemica di Covid-19 l’isola giapponese sia stata coinvolta per prima in una serie di provvedimenti che hanno reso necessario il controllo della diffusione del virus.
Il governatore Naomichi Suzuki ha immediatamente attivato un “semi-lockdown”, chiusure volontarie ma che hanno consentito la continuità produttiva e lavorativa utilizzando molto anche lo smart—working. Tutte le scuole sono state chiuse ed attivate le attività online. Anche le biblioteche, auditori, musei e le istituzioni pubbliche hanno sospeso tutte le programmazioni culturali. Sono rimasti aperti tutti i servizi indispensabili in prossimità delle abitazioni, come supermercati e farmacie; alcuni aperti anche 24 ore su 24. Intanto, la strategia del “semi-lockdown” ha consentito di continuare tutte le attività anche se con riscontri produttivi inferiori.
Le dichiarazioni emesse dal Governo di Hokkaido hanno fatto forte affidamento sull’autodisciplina delle singole persone il cui comportamento è stato controllato dagli stessi cittadini tanto che gli sguardi sono stati molto più efficaci delle stesse prescrizioni legali.
Tutte le indicazioni emesse, come quello di lavarsi le mani di rientro a casa o di portare con sé fazzoletti disinfettati e mettere obbligatoriamente le mascherine, fanno parte del consueto comportamento della vita in Giappone così come mantenere la distanza tra le persone, quale atto di rispetto. Infatti, tutte queste prescrizioni si apprendono sin da piccoli nelle scuole.
Ogni anno durante il mese di marzo si svolgono le cerimonie per il conferimento delle licenze scolastiche mentre ad aprile è il tempo delle cerimonie d’ammissione nelle scuole o nelle attività lavorative. Queste cerimonie si sono svolte ugualmente anche se i familiari hanno potuto assistere a distanza mediante video-trasmissioni. Anche la tradizione dell’Hamani, ossia del picnic nei parchi che si svolge con l’inizio della primavera per celebrare la fioritura degli alberi di ciliegio, questo anno si è svolta in casa e tutti hanno potuto ammirare questa bellezza della natura solo dalle finestre o dagli schermi del computer.
L’esperienza giapponese e in particolare dell’isola di Hokkaido, seppur molto positiva anche per la bassa percentuale di contagiati e irrisorie cifre di deceduti, ha messo in evidenza una buona organizzazione sanitaria consentendo l’ingresso negli ospedali solamente ai pazienti gravi, mentre i contagiati non gravi sono stati tenuti in quarantena in casa o in alberghi.
L’esperienza di Hokkaido è un caso interessante da tenere presente nella riorganizzazione quotidiana che anche l’Italia si appresta ad affrontare per la messa in atto della “fase 2”.
L’ospite Covid-19, in gran parte ancora sconosciuto per le sue differenti manifestazioni, non consente distrazioni e la convivenza necessita una riorganizzazione sociale che è alla base dello sviluppo futuro di tutte le nazioni del mondo.
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