L’arte del furto. L’immagine rubata e la magia del mercato. Dove finisce l’arte nel momento in cui l’artefice ricorre alla copiatura? Qual è il rapporto tra un ritratto e un plagio? Quanto c’è nell’espressione artistica, che non viene da un’idea originale ma da un furto? Una mostra alla Fondazione Prada (Milano, dal 18 marzo al 28 agosto 2016) tratta questi argomenti.
Il titolo è “L’image volée” (a dirlo in francese acquista un tono non solo leggiadro, ma quasi appetibile). Si tratta di una collettiva curata dall’artista Thomas Demand, con allestimento progettato dallo scultore Manfred Pernice e include più di 90 lavori realizzati da oltre 60 artisti dal 1820 a oggi. Lo scopo è indagare le modalità con cui si manovrano modelli esistenti (si pensi solo al caso – non presente in mostra – di Andy Warhol che ha tradotto in pittura immagini di oggetti e personaggi molto noti, le ha riprodotte in serie e s’è imposto sul mercato con impatto strabiliante).
“L’image volée” si articola in tre sezioni. Nella prima sono raccolte fotografie, dipinti e film associati a furti, come “Stolen Rug” (1969) riguardante un tappeto persiano rubato su richiesta di Richard Artschwager per la mostra “Art by Telephone” a Chicago. Vi sono anche esposti i vuoti lasciati dai furti, come la tela di Adolph von Menzel “Friedrich der Grosse auf Reisen” (1854), mutilata per ricavarne ritratti di minori dimensioni. Altri lavori riguadano l’alterazione: come “Richter-Model” (1987), un tavolino fatto da Martin Kippenberger con quadro di Gerhard Richter.
Nella seconda parte si analizza il tema dell’appropriazione, partendo dall’idea di contraffazione esemplificata dalle banconote riprodotte a mano dal falsario Günter Hopfinger, per poi approfondire la cosiddetta Appropriation Art. Per esempio vi sono artisti come Haris Epaminonda, Alice Lex-Nerlinger e John Stezaker che nei loro lavori inglobano cartoline, fotogrammi o immagini d’archivio.
La terza parte riguarda la produzione di immagini che rivelano aspetti nascosti. Come Sophie Calle che nella serie “The Hotel” (1981) espone dettagli intimi della vita di persone sconosciute. Il tutto si conclude con alcuni dispositivi di spionaggio usati dalla DDR e dall’Unione Sovietica per controllare i cittadini.
Dal furto allo spionaggio il passo è breve. Ci si può chiedere: dove sta la bellezza in tutto questo? Ma non sta qui il punto, bensì nel constatare a che cosa ricorrano gli artisti quando non sanno che pesci pigliare. E dall’altro canto chiedersi, perché vi sia interesse di pubblico e acquirenti verso tanta produzione contemporanea che non nasce da un’ispirazione, né da originalità, né da solide capacità espressive. Nella lunga catena di ricogitazioni sull’arte contemporanea, arrivare a chiedersi che rapporto abbia con l’occhio del Grande Fratello sembra un rilevante punto d’arrivo. Ora non resta che aspettarsi questo: che qualcuno metta sul mercato microfoni-spia da muro degli anni Sessanta, grimaldelli e piedi di porco come opere d’arte da cui attendersi un importante aumento di valore nei prossimi anni.
“L’Image Volée”
Dal 18 marzo al 28 agosto 2016
Fondazione Prada
Largo Isarco 2
20139 Milano
T +39 02 56 66 26 13
visit.milano@fondazioneprada.org
fondazioneprada.org
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