“Come può un individuo in fase di sviluppo imparare ad avere rispetto di qualche cosa, quando tutto ciò che lo circonda è opera, per giunta estremamente banale  e brutta, dell’uomo?”

“Basta confrontare con gli occhi spassionati il vecchio centro di una qualsiasi città tedesca con la sua periferia  moderna, oppure quest’ultima vera lebbra che rapidamente  aggredisce le campagne circostanti, con i piccoli paesi ancora intatti.Si confronti il quadro istologico di un tessuto organico normale  con quello di un tumore maligno, e si troveranno  sorprendenti analogie!

Se consideriamo obbiettivamente queste differenze e le esprimiamo in forma numerica  anziché estetica, constateremo  che si tratta  essenzialmente di una perdita di informazione.

La cellula neoplastica si distingue da quella normale principalmente per aver perduto l’informazione genetica necessaria a fare di essa un membro utile alla comunità di interessi rappresentata dal corpo.

Essa si comporterà  perciò come un animale unicellulare o, meglio ancora, come un giovane cellula embrionale: priva di strutture specifiche  e si riproduce senza misura  e senza ritegni, con la conseguenza che il tessuto tumorale si infiltra nei tessuti  vicini ancora sani  e li distrugge.

Tra l’immagine della periferia urbana e quella tumorale esistono evidenti analogie: in entrambi i casi  vi era uno spazio  ancora sano in cui erano state realizzate una molteplicità  di strutture molto diverse, anche se sottilmente  differenziate tra loro e reciprocamente collaterali, il cui saggio  equilibrio poggiava  su di un bagaglio di informazioni raccolte nel corso di un lungo sviluppo storico, laddove nelle zone devastate dal tumore o dalla tecnologia  moderna il quadro  è dominato da un esiguo numero di strutture esemplificate.

Il panorama istologico delle  cancerogene , uniformi  e poco strutturate, presenta una somiglianza  disperante con la veduta aerea di un sobborgo moderno con le sue case standardizzate, frettolosamente disegnate in concorsi lampo  da architetti privi di ogni cultura.

Gli sviluppi di questa competizione dell’umanità con se stessa esercitano sull’edilizia un effetto distruttivo.

Non soltanto il principio economico secondo il quale è più conveniente produrre in serie gli elementi costruttivi, ma anche il fattore livellatore della  moda, fanno si che ai margini dei centri urbani di tutti i paesi civilizzati sorgano centinaia di migliaia di abitazioni  di massa che si distinguono fra loro solo per i numeri civici.”

Questo scritto di Konrard Lorenz nel libretto del 1973, “ Gli otto peccati capitali della nostra civiltà”  paragona l’espansione territoriale della Città contemporanea alle patologie dei tessuti neoplastici: le cellule impazzite, prive del fattore “informativo” che le avrebbe tenute  insieme, si sviluppano a dismisura  fino a riaggregarsi in forma in-stabile che origina un nuovo organismo malato.

Due sono essenzialmente le azioni che sovrascrivono il territorio, azioni eseguite su due livelli di decisione: a livello globale e a livello locale

Prendiamo per esempio  il ridisegno dei margini della città.

Le  decisioni globali riguardano la localizzazione di  centri commerciali,industriali residenziali  e infrastrutturali, mentre le  decisioni locali riguardano la città diffusa provocato dal desiderio di essere proprietari d’una unità abitativa individuale, poichè ogni uomo vede nella casa isolata, la  cellula individuale, che preserverebbe, più di un appartamento l’isolamento  e l’intimità di ciascuno.

Se le prime provocano una  omologazione delle macrostrutture, le decisioni locali provocano dal canto loro un’omologazione in scala minore, che si evidenzia nei dettagli che vanno dal muretto di cemento ai nani del giardino, dall’identicità del materiale da costruzione ai revival nostalgico-commerciali, tutti aspetti dell’unico processo che portano alla normalizzazione di uno status,dando luogo ad una perdita di individualità.

Se trascuriamo il livello globale e volgiamo lo sguardo all’approfondimento delle conseguenze legate alle decisioni locali, possiamo affidarci alle parole di Norberg-Shulz “Oggi l’individuo è educato soprattutto al pensiero pseudo­analitico e le sue cognizioni si limitano ai cosiddetti “ fatti ”, e mentre la vita gradualmente gli si impoverisce di si­gnificati, egli arriva a costruire un mondo in cui è incapace di “ abitare poeticamente e i suoi meriti diventano “vani.”

L’ educa­zione tramite “l’arte” si dimostra perciò sempre più necessaria.

La principale ope­ra d’arte su cui l’educazione umana do­vrebbe basarsi è il Luogo che ci conferisce la nostra identità. Solo quando comprenderemo i nostri Luoghi, saremo in grado di partecipare creativamente e di contribuire alla nostra storia.”

Occorre cercare il genoma urbano,  ri-tracciare un bagaglio di informazioni raccolte nel corso di un lungo sviluppo storico, verificare la perdita di informazione dei fattori di sviluppo, individuare nel territorio le aggressioni sovrascalari di cui è stato vittima  per proporsi come disegno-madre di una cellula o di un organo che possiede delle caratteristiche informative positive che andranno trasferite in un tessuto urbano e sociale complesso.

Per concludere ricordiamo Jean Fourastiè, che nella sua prefazione alle Citès   de l’avenir  di Michele Ragon ( planete 1967) scrisse“ Non è bene che Parigi diventi Los Angeles più Notre Dame  nè Atene  divenga Toronto più l’Acropoli”.

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