Aldo Ferrara
Province sì, Province no? La necessità di una definizione costituzionale dell’assetto degli Enti Locali non è certo più prorogabile alla luce del dissesto che la pandemia ha evidenziato sul piano sanitario e sulle deficienze del Sistema Sanitario Regionale (SSR). Il Titolo V, con gli artt 114,116, 117, recita con chiarezza le competenze dei singoli enti locali sulle materie di interesse statale e sulle materie di concorrenza legislativa. Ma a monte esiste la necessità di individuare o ridisegnare quali siano le competenze assegnate ai singoli EELL. Materia complessa di ordine costituzionale che, dopo la revisione costituzionale del Titolo V (L. Cost. 3/2001), va ovviamente rivisitata. In questo contesto si inserisce la Governance della Regione Sardegna che sta approvando un provvedimento Legislativo sul suo nuovo assetto territoriale.
Il Disegno di legge n. 51/A T.U. n. 6-20-155-176), è un provvedimento che il Presidente della Sardegna Solinas ha annunciato, come già approvato. In realtà è ancora in Commissione I Autonomia e Ordinamento regionale e sarà promulgato dopo la discussione in Aula fissata per l’11 aprile. La prima pecca è formale, appare come un’enunciazione e su questa sorvoliamo. Ma comunque il provvedimento dà adito a numerose considerazioni tecnico-politiche.
Nella relazione di Minoranza del Consigliere Deriu, alle considerazioni di ordine finanziario indica “al contrario, sono acclarate le condizioni di incertezza finanziaria e organizzativa cui nell’ultimo decennio sono andate incontro le province a causa delle pesanti misure di riduzione della spesa imposte dallo Stato”, ed ha concluso osservando la necessità di reperire le informazioni necessarie ad una verifica di congruità (lett. A), oltre che “attesa l’insostenibilità dell’invarianza finanziaria” […] “invitando a riformulare la norma finanziaria al fine di assicurarne la piena coerenza con i nuovi e maggiori oneri rilevati”(lett. B).”
Come bene ha fatto notare il Relatore di Minoranza, questo testo è stato scritto senza leggere sinotticamente la Costituzione Italiana agli art. 3, tutti i cittadini godono degli stessi diritti, dell’articolo 5 della Costituzione, con il riconoscimento e promozione dell’autonomia locale, e sempre secondo il principio di adeguatezza di cui all’art.118 della Costituzione, il quale impone di assegnare a ciascuna realtà territoriale l’istituzione ottimale, adeguata appunto per caratteristiche e specificità, e non a gratificare con un “rango” i cittadini di una o dell’altra contrada, essendo essi riconosciuti uguali tra loro (articolo 3 della Costituzione), ed essendo i livelli di governo della Repubblica, dal comune allo Stato, equiordinati (art.114 della Costituzione.)
La storia: già la Legge Regionale numero 9 del 2001 aveva istituito 4 nuove province (Medio Campidano, Ogliastra, Olbia-Tempio, Carbonia-Iglesias) e ridisegnato i confini provinciali, evidenti nella cartina della Fig. 1.
Il puzzle e il risiko dei confini
I confini delle città metropolitane sono attribuiti secondo un criterio non concordato con l’assemblea dei Sindaci. È dunque inevitabile che il criterio discriminatorio piuttosto che quello inclusivo caratterizzi l’ordinamento dei confini che alla fine scontenterà tutti. Da una prima analisi dei confini la provincia di Sassari resta più o meno uguale solo che si chiamerà Città metropolitana. Lo stesso dicasi per Olbia-Tempio. Lo stesso dicasi per Cagliari. Tuttavia è pura demagogia affermare che lo scopo di questa legge è “…quello di semplificare la vita dei sardi ampliando il ventaglio di prestazioni e servizi offerti e aprendo una nuova stagione che tenga inevitabilmente conto delle esigenze quotidiane di vita e di lavoro dei cittadini, radicalmente cambiate dalla pandemia”. Appare evidente uno squilibrio tra i veri effetti della Legge e quelli auspicati.
Gli scopi politici
Il nuovo provvedimento legislativo sulle Province Sarde (6 + 2 Città metropolitane, Fig. 2) fa apparire due cose:
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La evidente sovrapponibilità allo schema territoriale applicata dalla Giunta Soru. Le due cartine sono pressoché identiche. Quindi si ripristina la distribuzione voluta dalle precedenti Giunte alle quali dovrebbero andare pari meriti nella identificazione delle virtù del provvedimento. Come dire secondo la nota legge: invertendo l’ordine dei fattori, il prodotto non cambia.
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Appare di altrettanta evidenza l’applicazione del Modello Lombardo moltiplicatore della filiera amministrativo-clientelare. Il popolo sardo dominato dalla leggenda leghista dell’Autonomia sarà afflitto da una burocrazia senza fine e soprattutto senza risorse aggiuntive. La finalità ultima è quella clientelare e nel frattempo non ci sono risposte ai problemi sul piano energetico, turistico, dei trasporti ossia dei servizi pubblici ora minimizzati. Prossima mossa: la privatizzazione dei Servizi Pubblici e le tassazioni regionali gestite dai privati. I conflitti di competenze che emergeranno da questa involuzione legislativa si sposteranno sul pubblico a cominciare dalle richieste di autorizzazioni perché nessuno sa quali siano le competenze, perché non attribuibili. Quel che più lascia perplessi (eufemismo) è la mancanza di risorse di sviluppo. La totale disattenzione a cercare nelle altre Regioni Europee mercati di commercio dei manufatti artigianali. Ricerca di sviluppo del mercato turistico “lento” ossia a impronta culturale anziché massificato, lo sviluppo di un’agricoltura integrata in ambito europeo (vedi questione del latte di cui nessuno parla) la ricerca di applicazione delle rinnovabili in cui la Sardegna potrebbe essere la prima del mercato che verrà.
Quanto costerà in più senza risorse aggiuntive?
Certamente è la filiera amministrativa che aumenterà per nuove assunzioni, nuovi appalti per l’organizzazione e le strutture che verranno predisposte. Ma in termini di federalismo sbandierato la presunta riforma non apporta nulla. Il Federalismo vero è quello che promuove o dovrebbe farlo modifiche dell’assetto costituzionale con la rettifica del Titolo V della Costituzione, artt. 114,166,117, sempre che ci sia il coraggio politico o le condizioni per attuarlo.
L’inesistenza di nuovi apporti in termini di risorse aggiuntive, nuovi progetti di sviluppo economico che sono possibili solo in un rapporto di interdipendenza con altre Regioni Europee (https://www.frontiere.eu/europa-40-velocita-unipotesi-rifondare-lunione/, 8 nov. 2017) rende insignificante la proposta attuale e la derubrica a semplice enunciazione amministrativa, avulsa di ogni significato politico-istituzionale.
Applicare nuovi confini territoriali agli EELL significa obbedire a vecchie logiche federaliste di un passato recente ma già superato. Federalismo odierno significa identificare nuovi rapporti socio-economici con territori omogenei, della stessa Regione, Nazione o Continente e avviare un percorso di sviluppo interagendo con essi (dall’indipendenza all’interdipendenza). Spostare i confini territoriali per aumentare la filiera amministrativa a scopo clientelare è pura operazione tattica.
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