La cooperazione decentrata necessita una visione guida, proprio per le caratteristiche stesse degli attori coinvolti; amministratori locali e operatori territoriali, infatti, seppur pieni di buone intenzioni, spesso si scontrano con problematiche complesse.
Una caratteristica essenziale della cooperazione decentrata è la territorialità: essa si realizza nel territorio e nelle comunità coinvolte, venendo di fatto a coincidere con l’azione degli enti locali, che oggi giorno vivono un periodo di scarsità di mezzi finanziari.
Ma in realtà pensare che le sole risorse finanziare, messe a disposizione da Comuni, Province e Regioni possano essere risolutive, è una chimera: occorre raccogliere sul territorio le risorse umane, sia a livello di volontariato, sia di attività produttive, soprattutto quelle artigianali
L’UNICEF, la FAO sviluppano centinaia di milioni di euro, al mese, creando un indotto nelle forniture. Negli ultimi decenni, poi, sono nate vere e proprie multinazionali per la produzione di beni, che hanno favorito la penetrazione di grandi multinazionali nordamericane nei PVS.
La dimensione Global della cooperazione decentrata improntata sul territorio può produrre scambi commerciali e relazioni paritarie, ma occorre creare un virtuosismo proporzionale tra il profitto e la solidarietà, una via mediana tra la “solidarietà a ritorno economico” e una “solidarietà a fondo perduto, a emergenza perenne”. La cultura d’impresa integra anche la responsabilità sociale, nel palinsesto delle sue attività economiche.
La grande massa artigiana disponibile nei nostri territori, di basso profilo tecnologico, può offrire vantaggi per la formazione di filiere nei PVS. Promuovere lo sviluppo economico locale, con i mezzi della cooperazione decentrata, creando lievito nell’ambiente in cui operano le imprese, mediante la testimonianza dell’amore fraterno, avrebbe come diretta conseguenza lo sviluppo di un luogo favorevole all’internazionalizzazione delle nostre Pmi.
Tutti i territori del mondo possono produrre ricchezza: non è da considerate atavico, tutto ciò che è miseria. Grande è la dispersione delle risorse per la cooperazione, dovuta spesso a scarsa conoscenza di gemellaggi e rapporti transfrontalieri, legati a logiche estemporanee, che poche volte vengono integrate nei programmi di cooperazione decentrata.
La suddetta cooperazione viene così a soffrire dell’orizzonte temporale della politica, per cui un turn-over dei politici impedisce una qualunque pianificazione, disperdendo risorse. Lo scopo da perseguire nel presente è quello di soddisfare uno dei requisiti essenziali per salvaguardare la dignità umana, ovvero soddisfare il benessere materiale nonché psico-fisico
Priorità per la cooperazione decentrata, in questo periodo di scarsità di risorse deve essere lavorare, per creare una strategia a lungo termine, fare rete e curare il foundraising. Primo passo è realizzare un piano di intervento rapido, per tamponare le emergenze alimentari, sanitarie, abitative, sviluppando una strategia per risolvere l’emergenza, attraverso una filiera di interventi strutturati e duraturi di progetti semplici e razionalizzati, che si appoggia su una rete infrastrutturale.
Strategica, in tal senso, la creazione di infrastrutture di cooperazione decentrata, affinché tutti gli enti locali possano appoggiarsi su una rete costituita da Caritas, diocesi, consolati, presidi sanitari permanenti, autorità locali, camere di commercio locali
Occorre stimolare, quindi, il trasferimento tecnologico ovvero il trasferimento della “téchne”, la tecnica.
Al proposito è comune pensare a complicate tecnologie, ma non vi è nulla di più falso: basterebbe infatti riscoprire tecniche consolidate da millenni. Si pensi, ad esempio, alla rete idrica dell’antica Roma, realizzata con il semplice uso del mattone e sfruttando la forza di cascata dell’acqua, risolvendo il problema dell’approvvigionamento di acqua corrente nelle case.,
Le tecniche che si sedimentano nelle realtà locali creano delle filiere, creano di fatto Autosviluppo. Il Buongoverno , la Governace, la Democrazia, la “Démos” si realizzino, quindi, sviluppando una nuova classe sociale, portatrice di una nuova cultura, basata appunto sulle conoscenze tecniche.
Pertanto occorre formare dei cosiddetti “tecnici di autosviluppo” e ripensare ad alcune pratiche consolidatesi negli ultimi anni, quale il commercio equo solidale, chimera che si è rilevata utopica, poiché l’dea di migliorare le condizioni di vita dei produttori,aumentandone l’accesso al mercato, pagando un prezzo migliore ed assicurando continuità nelle relazioni commerciali, non la si realizza con i mezzi di nicchia rappresentati da “le botteghe del mondo”.
Occorre riprendere la missione e creare i presupposti per una riforma agricola, realizzando delle filiere agroalimentari. Oggi le tecnologie e gli approcci sono numerosi e vari e devono essere concepiti in relazione al costo, all’ efficacia e alla praticità.
L’Autosviluppo è primario, per stimolare la responsabilità del territorio e creare un’ economia autosufficiente, ottimizzando l’uso dell’ acqua e delle risorse disponibili, sostenendo la generazione di reddito, ripristinando l’ambiente naturale e riducendo la quantità di tempo e sforzo, che i poveri devono spendere per il più elementare dei compiti.
Le stesse condizioni di pura sussistenza, in cui versano ancora oggi tante persone nel terzo mondo, sono assimilabili a quelle sperimentate nell’Italia dell’Alto medioevo e del Rinascimento: anche in tale, diverso contesto storico, la necessità di soccorrere gli indigenti aveva già ispirato soluzioni assimilabili alle moderne banche dei poveri e portato alla creazione di Monti che elargivano semenze o prestiti in denaro, da restituire con tassi di interesse minimi.
Il Microcredito è uno dei mezzi più importanti per l’autosviluppo, anche se presenta ombre, oltre che luci; molte volte si dimentica che esistono scambi non monetari o forme di moneta locale [ Giacinto Auriti], per non parlare dei Monti o formule sperimentate, come i consorzi agricoli
La priorità assoluta resta, comunque, quella di realizzare una rete infrastrutturale della solidarietà, che coinvolga tutti gli attori presenti sui territori considerati.
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