La bellezza non salverà il mondo. Checché ne dicano a schiere i benpensanti, il mantra che attribuisce alla bellezza (ma che sarà mai poi questa bellezza?) un valore salvifico si è irrimediabilmente dimostrato falso. Non furono gli artisti né gli esteti a salvare l’Europa dal nazismo, né sono stati artisti o esteti a strappare l’impero russo dal comunismo.
E oggi le schiere di fanatici che hanno portato distruzione a Palmira, Raqqa, Ninive, Mosul, Nimrud e tanti altri luoghi in Mesopotamia, o quegli altri che poco tempo fa hanno abbattuto i Buddha giganti di Banyan in Afghanistan non mostrano grandi propensioni estetiche. Seppure non disdegnino di vendere pezzi depredati in quel mercato dell’arte che trasforma in prezzo, oggetti che di per sé avrebbero solo un incommensurabile valore.
Il fanatismo non si ferma di fronte alle meraviglie dell’ingegno umano. Né avrebbe senso che lo facesse, perché quelle meraviglie d’arte, per preziose che siano, sono incommensurabilmente inferiori alla meraviglia che suscita quel che corona il creato: l’essere umano, di cui si divertono a far scempio sotto l’esile quanto vigliacca giustificazione pseudoreligiosa. Se avessero un minimo di onestà intellettuale direbbero che uccidono perché gli piace il sangue, il gusto del potere perverso che deriva dall’appropriarsi vite altrui e stracciarle.
Non si fermano dinnanzi a quanto di meglio esiste nel creato: uomini, donne, bambini. Come potrebbero mai esitare di fronte alle opere da questi compiute?
La bellezza non scuote i loro animi perversi, perché non hanno cognizione di che cosa sia l’essere umano: vi sostituiscono l’astratta petizione del fanatismo cieco e ideologizzato. In tali frangenti, chi mai può ragionevolmente sostenere che la bellezza salverà il mondo?
Poniamo che quando si dice bellezza si intenda quanto di più prezioso e ineffabile possegga l’essere umano: la capacità di creare, la capacità di amare. Si sosteneva un tempo che l’essere umano sa sollevarsi all’empirio degli angeli ma anche precipitare nell’infimo della bestia: il mondo secolarizzato ha forse dimenticato di considerare questa proteiforme capacità. Per quanto di petizioni di bassezza se ne trovino a bizzeffe nelle cronache e senza neanche tanto bisogno di guardare lontano, visto che anche sulle nostre spiagge incantate emergono gruppi di scalmanati che uccidono per gioco, con la scusa della differenza di colore della pelle. La bruttezza selvaggia cova nell’animo e il cumulo di ricchezze artistiche e di cultura che si trova dalle nostre parti non basta a far scoccare in tutti il rispetto per l’opera umana.
La bellezza non salverà il mondo. Piuttosto il problema è se il mondo sia in grado di salvare la bellezza: se sia in grado di riconoscersi nelle sue manifestazioni più alte. Se voglia prendersi la responsabilità di farlo, invece di rifugiarsi nella mera critica che mai suggerisce proposte.
Quando De Gaulle se ne andò praticamente solo dalla Francia occupata da quell’altra manifestazione di abiezione che fu il nazismo, e dichiarò che la Francia non era quella inginocchiata sotto l’egida di Petain, ma quella che si sarebbe sollevata e liberata, compì un gesto di supremo valore politico. Si prese la responsabilità per l’intero suo paese e alla fine dimostrò di aver avuto ragione. Non fu la bellezza a salvare la Francia piegata, ma la buona volontà e l’impegno: di tanti ispirati dal suo esempio. Quel tipo di impegno che ora viene dimenticato dal fanatismo montante del chiuso nazionalismo che già tanti lutti gettò su questa nostra Europa.
L’Italia è un paese ricco di creazioni dell’ingegno. Il problema è se voglia trarne ispirazione per richiamare al mondo le doti più alte dell’essere e contribuire così all’accordo tra i popoli. Non sarebbe un’azione di carattere estetico, ma di alto valore politico. La buona politica potrebbe salvare il mondo: se sarà attuata con senso di responsabilità verso la complessità dell’essere, pur in questi frangenti così cupi e malcerti.
Così facendo, si salveranno le vite e gli animi dei creatori di bellezza. Solo allora forse si potrà dire che la bellezza salva un mondo, peraltro già recuperato e ricostruito non da artisti ed esteti, ma dagli uomini di buona volontà. (LS)
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