Milano era una città d’acqua. Attraversata dai fiumi Lambro, Olona e Seveso era pure inserita nella fitta trama di navigli che la raccordavano con percorsi navigabili a tutta la valle padana e di conseguenza alla Svizzera da un lato e all’Adriatico dall’altro. Ma i navigli nell’area cittadina sono stati interrati nella prima metà del ‘900. L’ultimo a essere chiuso è stato il Martesana, alla fine degli anni ’50.
Da tempo vi sono progetti per riaprirli. L’Associazione “Riaprire i Navigli” caldeggia la riapertura di un raccordo di circa 8 chilometri che consentirebbe di passare per via d’aqua dal nord al sud della città. Con tutto vantaggio del panorama urbano, della vivibilità e della “passeggiabilità” della città. Una proposta che nelle condizioni di crescenti flussi turistici quali quelle attuali, renderebbe la città ancor più attraente, evidenziandone i pregi artistici e ambientali oggi ancora soverchiati dalla prevalenza degli interessi economici legati all’industria della moda e delle esposizioni fieristiche.
Riprendiamo l’argomento riproducendo qui sotto un comunicato del presidente dell’Associazione Riaprire i Navigli, Roberto Biscardini.
Un appello alla politica perché non si chiuda l’obiettivo della riapertura dei Navigli, perché si mantengano gli impegni, perché sia rispettato il voto popolare del Referendum del 2011, partendo dalla riapertura del Martesana lungo via Melchiorre Gioia.
IL MARTESANA DURERA’ PER SECOLI, I GRATTACIELI DI PORTA NUOVA CADRANNO PRIMA
di Roberto Biscardini da Noi Zona 2, maggio 2024
Molti non sanno che nel 1400 il Martesana, che nasce dall’Adda a Concesa di Trezzo, terminava grosso modo all’attuale Cassina de’ Pomm. Più avanti, a metà del 1500, Ferrante Gonzaga decise di collegare con una linea retta il Martesana dalla Cassina de’ Pomm fino alla Conca dell’Incoronata, di via san Marco, lungo il tracciato dell’attuale via Melchiorre Gioia. Tant’è che ancora oggi (dopo cinquecento anni) il Martesana comunque tombinato è ancora lì che scorre sotto il manto stradale di via Melchiorre Gioia. Molto più tardi, purtroppo, a partire dal 1929 il Naviglio di via San Marco fu chiuso e insabbiato, e il naviglio Martesana coperto fino ai Bastoni di Porta Nuova, all’altezza di via Monte Grappa.
Da anni la nostra associazione vuole riaprirlo per ricostruire la continuità dei 150 chilometri della grande rete dei navigli lombardi, interrotta solo nel tratto dalla Cassina de’ Pomm alla Darsena. E ripristinare così quel sistema idraulico e navigabile che aveva retto per secoli, e che solo con il fascismo iniziò ad essere completamente distrutto.
Quindi una finalità razionale, per sanare una ferita inflitta a Milano, proporzionale per gravità solo all’eventuale abbattimento di un’intera navata del nostro meraviglioso Duomo, che nessuno penserebbe di fare.
Infatti con la chiusura dei Navigli, per dare più spazio alle macchine e per avviare una grande speculazione immobiliare, soprattutto nelle aree più centrali della città, si è tolta a Milano la sua anima; si è demolito un pezzo della storia dell’antica ingegneria milanese, che poi fu d’esempio per la realizzazione delle reti navigabili di tutto il mondo.
Questo è il nostro obiettivo, sostenuto nel referendum del 2011 da oltre 450.000 cittadini, pari al 94% degli elettori, per riparare ad un misfatto e ridare bellezza e valore ambientale a tutta la città.
Paradosso vuole, che in questo periodo di continui sospetti, non credendo che possa esistere un gruppo di cittadini che si interessa del bene comune della nostra citta, senza avere interessi privati o speculativi, una signora, sulla nostra pagina facebook, ha insinuato il sospetto che aprire gli otto chilometri di navigli chiusi dopo la Cassina de’ Pomm, avrebbe come unico fine la valorizzazione immobiliare della zona dei grattacieli di Porta Nuova e di Coima. Discutibili per altro da molti punti di vista.
Dice questa nostra amica: “Molto esplicito qui il vero obiettivo di una ipotetica riapertura della Martesana in via Melchiorre Gioia: valorizzare tutti i grattacieli di Porta Nuova di proprietà del Qatar. La vita di decine di migliaia di persone che vivono nei quartieri prospicienti la via Gioia a partire da Cassina de’ Pomm, la cui qualità sarebbe totalmente e definitivamente rovinata, ovviamente di fronte a questo “sogno” non conterebbe nulla … Tranne per il fatto che gli abitanti di questi quartieri si sono già opposti in massa all’idea, ai progetti e ai rendering nella consultazione pubblica del 2018 e lo faranno con ancora maggiore veemenza se questa giunta già altamente impopolare oserà tirare fuori dal cassetto l’idea … I cittadini hanno il pieno diritto di conservare un minimo di vivibilità dei propri quartieri senza sacrificarla alla Milano degli immobiliaristi.” E poi aggiunge. “Ero una bambina quando la Martesana era ancora scoperta e potrei scrivere volumi sulla situazione. Comunque pubblicherò qui i rendering che nello scorso decennio sono stati proposti, da cui ci si rende immediatamente conto delle soluzioni proposte, inaccettabili.”
Qui sta il punto della cattiva informazione, perché la signora ha in buona parte ragione. Il progetto presentato dal Comune nel famoso dibattito pubblico del 2018 sulle cinque tratte, fu contestato duramente dai cittadini della zona della Martesana in un’assemblea che si è svolta nella sala dell’oratorio della chiesa Santa Maria Goretti, alla quale ero presente, con argomenti fondati. Anche la nostra Associazione con un’osservazione ufficiale inviata al Comune prese le distanze da quel progetto. Indicando uno scenario molto diverso. Primo, perché un progetto che realizza cinque piccoli tratti di apertura dei navigli, anziché l’apertura integrale degli otto chilometri mancanti, non ha senso. Cinque piccole vasche, che nulla hanno a che fare con la riconnessione dell’intera rete dei navigli lombardi, non garantirebbero la navigabilità, punto centrale del progetto europeo.
Secondo, il progetto proposto dal Comune farebbe correre il naviglio ad una quota molto inferiore rispetto alla quota stradale. Su questa soluzione abbiamo espresso le maggiori perplessità, in quanto non migliorerebbe la qualità urbana e ambientale della zona, avrebbe dei costi molto elevati, oltre a ridurre di molto la larghezza del naviglio, che risulterebbe di 6 metri contro quelli originari di 10/12 metri. Terzo, guai se il progetto anche per qualità architettonica non garantisse la valorizzazione di tutta via Melchiore Gioia, risolvendo tutti i problemi che sono stati giustamente sollevati dai cittadini, a partire dalla questione dei parcheggi e degli stazionamenti delle auto, che vanno individuati e garantiti alle stesse condizioni economiche attuali, anche se interrati. Non si può dire, come è stato detto, potete parcheggiare qui o là, arrangiatevi.
Quindi, secondo noi, il progetto dovrà essere il risultato di un confronto serio da fare con i cittadini, per trovare le soluzioni migliori e condivise. Noi siamo disposti a farlo con loro.
Infine, una nota in riferimento ai grattacieli di Porta Nuova. L’apertura del naviglio non è assolutamente finalizzata alla valorizzazione immobiliare di quei grattacieli, che personalmente giudico discutibili sia dal punto di vista architettonico sia urbanistico. Anche per una semplice ragione. Mentre i navigli reggeranno per secoli, come hanno retto per secoli quelli precedenti, i grattacieli come accade in tutte le altre parti del mondo prima o poi saranno demoliti, magari restituendo alla città quella bellezza e quell’anima che oggi proprio loro le hanno tolto.
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