L. Servadio
Un po’ come accade per l’aria, dell’importanza dell’acqua ci si rende conto solo quando manca. Eppure la sua buona gestione è fondamentale per qualità dell’ambente in cui si vive. E non secondario è il modo in cui i flussi d’acqua possono contribuire alla ricchezza delle nazioni. Al riguardo, rilevante è osservare alcuni aspetti della gestione dell’acqua nelle gradi pianure europee.
Dalla seconda metà del XIX secolo il Reno “è diventata la più importante via di navigazione interna d’Europa. Il tonnellaggio che vi transita è il maggiore del mondo… Lo sviluppo della Ruhr come maggiore centro industriale del continente nel periodo 1890-1970 non sarebbe stato possibile senza il Reno, e lo stesso è vero per la crescita di Rotterdam (e le città vicine) sino a divenire il più importante porto d’Europa”. Così scrivono il prof. Hein A.M. Klemann e il dr. Ben Wubs nel rapporto di ricerca A Rhine Economy, 1870-2000 pubblicato dall’università Erasmus di Rotterdam (https://www.eur.nl/en/eshcc/research/rhine-economy-1850-2000). Quando si pensa all’importanza dell’economia tedesca di solito non si fa caso al fatto che il fiume Reno costituisce il suo nerbo e il principale, o almeno uno dei suoi principali, motori. Coi suoi 1.326 km di lunghezza il fiume attraversa il territorio di sei stati (Svizzera, Liechtenstein, Austria, Germania, Francia, Olanda) e li mette in comunicazione tra loro: una via d’acqua tranquilla che sin dal Medioevo permette la navigazione interna. Oggi vi transitano navi di grosso tonnellaggio: quelle di 4000 t di stazza, risalendo la corrente dal porto di Rotterdam, possono arrivare sino a Duisburg; navi sino a 2000 t di stazza possono giungere sino a Basilea, che è il principale porto svizzero.
Se nei tempi andati il fiume era utilizzato in pravalenza così come questo si presentava, da un paio di secoli l’intervento umano lo gestisce e lo conforma: dal 1817 al 1879 è stato attuato il Progetto di Rettificazione del Reno che è consistito nell’eliminazione di alcuni isolotti, nel dragaggio dei suoi fondali, nell’eliminazione di alcune anse (il che ha ridotto di 82 chilometri la lunghezza totale del fiume), nel consolidamento dei suoi argini, nello standardizzare la sua larghezza che tra Basilea e Strasburgo varia da 230 a 250 metri, e nel regolarizzare il flusso della corrente. In pratica il fiume è stato “canalizzato” e il progetto ha preso il nome di Johann Gottfried Tulla, l’ingegnere che per primo lo ha elaborato e lo ha avviato.
Per favorire i trasporti, il grande fiume è stato collegato a una vasta rete di canali di cui il più importante è il canale Reno-Meno-Danubio. Se già nel basso Medioevo vi erano stati scavi intesi a sviluppare tale opera, il suo completamento è avvenuto a partire dai primi decenni del ‘900 e si è concluso solo nel 1992: il canale è lungo 171 chilometri, dispone di 16 conche e permette il passaggio di navi lunghe sino a 190 metri. Altri canali legati al Reno sono il Gran Canal d’Alsace in Francia, il Reno-Herne collegato a tutta la rete di canali della Germania centrale, i canali Maas-Waal, Amsterdam-Reno e Scheldt-Reno in Olanda. Così nel corso del ‘900 il sistema di trasporti per vie navigabili interne collega la Germania alla Svizzera, la Francia, l’Olanda, l’Austria e tutti i Paesi lungo il Danubio sino alle sue foci nel Mar Nero.
Tra i canali collegati al Reno è citato anche quello scavato da Nerone Caio Druso nell’anno 12 d.C. per ragioni militari presso la foce del fiume: l’impero romano realizzò diverse importanti opere idriche, sia per l’irrigazione, sia per i trasporti in tutti i territori occupati.
È facile dunque comprendere come, se già nell’antichità tali canali avevano una notevole importanza, nell’epoca contemporanea la loro rilevanza ai fini dello sviluppo dei commerci, e pertanto dell’industria, sia fondamentale. La Ruhr senza il Reno e il sistema di canali relativi non avrebbe potuto diventare il cuore industriale d’Europa.
Da decenni tale sistema di canali è valorizzato anche sul piano ambientale e turistico, anche per via dei percorsi ciclopedonali che corrono lungo gran parte degli argini. L’importanza di tale sistema deriva dalla sua interconnessione: dal costituire una unica rete che si estende in tutto il Centro Europa e raggiunge diversi Paesi dell’Est da un lato, e dall’altro la trama di fiumi e canali diffusa sulle pianure francesi e dei Paesi Bassi.
Lo stesso si aspetta possa avvenire anche nella Pianura Padana: in effetti sin dal Medioevo era attiva una rete di canali rilevante tanto quanto quella centroeuropea, per i trasporti oltre che per l’irrigazione delle campagne. Tuttavia, essendo più ridotta la portata idrica dei sistema di padano rispetto a quello centroeuropeo, anziché acquisire maggiore rilevanza nel corso del ‘900, come è avvenuto per la rete delle vie idriche legate al Reno, le vie d’acqua padane hanno visto diminuire la propria rilevanza mentre imperiosamente crescevano i trasporti su rotaia e su gomma.
Di qui che dalla fine dell’800 nella città di Milano i Navigli siano stati progressivamente coperti, trasformandoli in strade carrabili: l’ultimo a essere coperto è stato il naviglio Martesana, a nord della città, nei primi anni ’60 del XX secolo.
In questi anni recenti, quando è maturata una maggiore coscienza dei pregi ambientali dei corsi d’acqua, si attende la loro riapertura: solo quando questa avverrà potrà riattivarsi, per motivi turistici e ambientali, l’intera rete di canalizzazioni padane che collegano i flussi dei fiumi Ticino, Adda e Po.
Un libro di recente pubblicazione, Le Conche. Per la navigabilità dei navigli lombardi di Roberto Biscardini e Edo Bricchetti riporta l’attenzione sull’argomento: le conche, attive sin dal basso Medioevo, mediano i salti di quota che accompagnano i corsi d’acqua, consentendone la navigazione.
In un’epoca come la nostra in cui lo si torna a valorizzare, è di cruciale importanza ripristinare il paesaggio come ricchezza nazionale e il turismo come occasione di crescita culturale e economica. Per la navigabilità della rete dei Navigli occorre, sia riaprire il percorso interno a Milano, sia ripristinare le conche storiche disposte lungo i canali, così da rendere possibile la navigazione turistica. Come scrivono Biscardini e Bricchetti: per scopi personali con “canoe, barche a remi, a pedali, houseboat e narrowboat…” e per la navigazione collettiva “mediante barche di diversa dimensione e tipo, compresi piccoli bateux-mouche”.
Nella Loira, in Inghilterra e in tutta la Germania questo genere di turismo è ampiamente diffuso.
Le conche hanno un singolare valore paesaggistico poiché determinano luoghi di “sosta” nel flusso ininterrotto dell’acqua, definiscono slarghi e permettono anche piccoli salti di quota che possono anche attivare centrali idroelettriche. In pratica si tratta di qualcosa di molto coerente con la nostra epoca, che ricerca non solo la valorizzazione del paesaggio ma anche la diffusione di fonti di energia rinnovabili e non inquinanti.
Molte conche sono già rinnovate. Per esempio quella della Miorina sul Ticino nel comune di Golasecca, importante per la navigazione turistica tra il lago di Garda e Milano: è stata ristrutturata nel 2007 ed è completamente automatizzata. O la conca di Porto della Torre nel Comune di Varallo Pombia, il cui restauro è in corso e si trova accanto alla diga sul Ticino entrata in funzione nel 1954. O quella di Panperduto, la cui ristrutturazione si è conclusa nel 2015 e che si trova accanto a una diga del primo ‘900 la quale, col suo sistema di eleganti archetti, si presenta come una struttura industriale dal profilo leggero quanto leggiadro, mirabilmente inserita nell’ambiente.
Notevoli per inserimento ambientale sono anche le dighe e le conche di Turbigo, Abbiategrasso, Olginate, Robbiate, Inzago, del Mangano presso la Certosa di Pavia.
Ognuna con una storia nella quale si ravvisa comunque e sempre uno strettissimo rapporto tra intervento infrastrutturale e paesaggio: un rapporto che la presenza del flusso d’acqua rende inevitabilmente sinergico.
Laddove la copertura dei Navigli ha significato semplicemente cancellare la storia con un atto d’imperio e di sopraffazione, le opere di canalizzazione, e in particolare le conche, sono quanto al meglio esprime la collaborazione tra intervento umano e natura. Se chi pratica il rafting apprezza l’impeto della corrente e delle rapide, la navigazione sui canali ispira e richiede calma, tranquillità, la riscoperta del valore della lentezza e della contemplazione. Anche per questo recuperare le conche è fondamentale nel tornare a valorizzare il paesaggio lombardo.
In fondo non si tratta che di compiere opere simili a quelle che nel corso del Novecento hanno reso rilevante il sistema di canali di questa Europa nella quale siamo destinati a essere sempre più e sempre meglio integrati.
Roberto Biscardini e Edo Bricchetti, Le Conche. Per la navigabilità dei Navigli lombardi (Biblion, pagine 270, euro 30,00)
Pubblicazione gratuita di libera circolazione. Gli Autori non sono soggetti a compensi per le loro opere. Se per errore qualche testo o immagine fosse pubblicato in via inappropriata chiediamo agli Autori di segnalarci il fatto e provvederemo alla sua cancellazione dal sito