Da alcuni anni siamo assordati dal crescente coro intonato sui “social” di ogni genere dalla pletora di improvvisati politicanti, commentatori, dietrologi, nell’affanno di una pseudo rivolta contro il fantasma della globalizzazione, percepita come l’origine di tutti i mali del mondo, orditi e diretti da un fantasmatico establishment che sarebbe intento a complottare alle spalle della povera gente: anche quando questi poveracci appartengono ai Paesi più ricchi della terra e si permettono il lusso di piangere lacrime amare se non possono comperarsi un’auto tedesca di marca, che sembra essere divenuto una specie di diritto naturale per i cittadini degni di questo nome.

Da questa ondata di sdegno, incartato coi consolanti fiocchi e nastrini del rinascente localismo che avversa i migranti di ogni sorta, per autenticamente poveracci e perseguitati che siano, è nata la nuova tendenza paranoico-conservatrice che ha preso il volto di Brexit, dell’imperiosa crescita di Alternative fuer Deutschland e degli altri movimenti neonazionalisti che si sono uniti nel promuovere e nell’osannare il fenomeno Trump negli USA — per quanto da che mondo è mondo le chiusure nazionaliste nel nome della difesa dell’identità abbiamo sempre portato allo scontro che si traduce in fenomeni disastrosi verso l’identità stessa la quale, prima di assumere coloriture partitiche o territoriali, di lingua o di cultura, dovrebbe avere i connotati propri dell’essere umano.

Tra i cavalli di battaglia di questi demagoghi dell’antiglobalismo spiccano le proteste contro le inette burocrazie trasnazionali, a partire da quella europea per finire con quella delle Nazioni Unite, spacciate come luoghi di perdizione, voragini che succhiano il sangue dei contribuenti.

Fermo restando che i fenomeni corruttivi non sono limitati alle amministrazioni locali o alle strutture politico-governative nazionali, non solo ai tanti che s’ingegnano di arricchirsi in fretta speculando sull’altrui dabbenaggine, non solo a tanti che s’insinuano nelle code passando avanti a tutti i costi o che sottraggono i loro capitali al fisco, ma colpiscono anche gli organismi internazionali quali appunto quelli legati all’Unione Europea e all’ONU, il fatto è che in primo luogo la pace tra le nazioni e in secondo luogo la loro collaborazione, che si traduce in vantaggi reciproci sul piano economico e sociale (si pensi all’importanza delle campagne vaccinali, tanto avversate da Trump, per debellare la poliomielite nel mondo), dal secondo dopoguerra è stata promossa con successo inedito nella storia proprio da queste organizzazioni sovrannazionali.

Con raro acume e sensibilità ora i Radicali italiani hanno compiuto una sintetica analisi che smonta le tante fandonie demagogicamente sparse ai quattro venti dai tanti neonazionalisti: risulta che non è vero che l’Europa o l’euro impoveriscano gli italiani.

Per questo riproponiamo qui sotto il documento dei Radicali intitolato Europa First, e tratto dal sito http://www.radicali.it/campagne/europa/

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E ricordiamo che una più ampia trattazione storica non solo dell’auspicabilità ma – alla faccia dei neonazionalisti – dell’inevitabilità della globalizzazione, dei popoli e delle nazioni (e non solo della finanza) è contenuta in “Lo stato nazione. Evoluzione e globalizzazioni

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