S’è dimesso Juan Carlos Monedero, n. 3 del partito Podemos, il fenomeno nuovo che ha sconvolto il panorama politico spagnolo e nel volgere di pochi mesi è arrivato a godere di un’aspettativa di voto che ha sfiorato il 30 per cento. Podemos è apparso sulla scena politica spagnola a inizio 2014 e nel maggio di quell’anno è riuscito a eleggere 5 eurodeputati. Nel marzo scorso ha eletti 15 al parlamento autonomico dell’Andalusia.
Tra breve si svolgeranno le elezioni locali in tutta Spagna e Podemos sta attraversando un periodo di “istituzionalizzazione”.
Podemos in realtà ha rappresentato già col suo sorgere una specie di istituzionalizzazione: del movimento degli “Indignados”, emerso nel 2011 a conseguenza dell’attuale crisi economica ma anche della crisi morale che stanno attraversando le democrazie, e con particolare veemenza nella zona mediterranea dell’Europa.
Gli Indignados, nel loro manifestarsi spontaneo, chiedevano di mettere fine alla “casta” dei “soliti noti” dominanti sulla scena politica e di ottenere facilitazioni economiche e laborali.
Nel terreno di coltura di tale movimento Podemos è stato organizzato nel volgere di pochi mesi da alcuni giovani docenti di scienze politiche, guidati da Pablo Iglesias.
Sia Iglesias, sia Monedero, sia altri esponenti di Podemos sono stati via via accusati di aver collaborato col regime chavista in Venezuela e con l’Iran; e per conseguenza di aver ricevuto cospicui finanziamenti da tali paesi.
Nel dare notizia dell’uscita di Monedero dal partito, Iglesias ha rimarcarto che Monedero resterà come “coscienza critica” di Podemos.
Sembra che Monedero abbia ritenuto che la svolta moderata di Podemos, volta a ottenere un voto più ampio e solido di quello della mera protesta, implicasse un confondersi con “la casta”; in pratica, un divenirne parte. E da buon movimentista ha preferito andarsene: Iglesias gli ha bonariamente rimproverato questo rifiuto di fare il passo avanti verso l’istituzionalizzazione.
Iglesias e tutti gli altri che hanno dato vita a Podemos, hanno saputo usare al meglio la forza dei nuovi mezzi di comunicazione, e della rapidità che essi consentono. Risulta quindi rilevante paragonare quanto sta avvenendo in Podemos, a quanto accadde a tanti altri movimenti di rivolta al momento del passaggio verso la condizione di effettivamente governare.
Per dire: Mussolini aveva un rapporto stretto e amichevole con D’Annunzio, ma questi, che pure diede tanto al nascente movimento fascista, nel volgere di pochi anni si allontanò dal duce: aveva uno spirito libero, a suo modo, e il grigiore dei palazzi del governo non gli si confaceva.
Anche il “Che” Guevara, spirito puro di autentico rivoluzionario militante, preferì non condividere con Fidel Castro il governo di Cuba e se ne andò alla ricerca di altri popoli da liberare, finché non finì ucciso in Bolivia.
Simili paragoni si potrebbero fare anche riguardo al rapporto tra Hitler e le sue SA, le “paratruppe” che brutalmente accompagnarono la sua ascesa, ma furono poi brutalmente eliminate quando il regime nazista si insediò saldamenta al potere.
Quei processi di “rivoluzione (o colpo di Stato che sia) – istituzionalizzazione – distacco degli idealisti” richiedevano anni.
Oggi, grazie alla forza delle comunicazioni, tutto avviene più in fretta. Podemos non si è ancora insediato al potere, ma ci si trova molto vicino. Nel marzo scorso ha ottenuto 15 deputati alle elezioni nel feudo storico del Psoe, l’Andalusia dove questo partito ancora mantiene la maggioranza ma ha bisogno di sostegno di altre forze per governare.
Sentendo aria di bruciato, Monedero se n’è andato, ancor prima che l’istituzionalizzazione vera e propria davvero accada.
È curioso che un personaggio che proviene dagli insegnamenti di scienza politica non si fosse reso conto prima, che nel passare dal movimentismo al governo, ovvero dalla potenzialità all’atto, moltissimo cambia, cambia quasi tutto. Sempre che in realtà non ci sia anche dell’altro, ovvero che si sia reso conto che le chance di Podemos, che sembavano così alte qualche mese fa, si stanno già di molto riducendo. Se qualche mese fa le proiezioni parlavano del 30 per cento del voto, oggi si parla del 15 per cento: oscillazioni molto ampie, che tolgono un poco di sostanza a quella parola-simbolo. Podemos potrebbe presto diventare “non podemos”.
(P. Lumumba)
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