di Davy Marguerettaz * 

Il libro di Karin M. Wiesner e Paolo L. Bernardini viene a colmare una grande lacuna storiografica. Georg Moenius si spense nella sua Monaco il 2 luglio 1953. Era nato a Adelsdorf, in alta Baviera (Franconia), nel 1890. Ora, Georg Moenius. Un prete cattolico contro il nazionalsocialismo (1890-1953), pubblicato da Mimesis, rende finalmente giustizia ad un piccolo grande prete di provincia, una figura di “aurea mediocritas” intellettuale e letteraria, ma non religiosa e morale, che seppe tener testa alla montante onda nazista tra il 1929 e il 1933: quando diresse, per quasi quattro anni, la “Allgemeine Rundschau”, il settimanale cattolico monacense che era tra la stampa periodica cattolica più letta in uno dei centri del cattolicesimo maggiori d’Europa. Una direzione energicamente intesa a contrastare le ideologie e le politiche della NSDAP su molteplici fronti, compreso quello della questione ebraica.

La collezione della rivista che Moenius diresse, la Allgemeine Rundschau di Monaco.

Non era forse naturale e scontato che il pensiero cattolico, anche e proprio in Germania, si opponesse al nazionalsocialismo? Non c’è niente di scontato al mondo, ed anzi proprio tra i cattolici bavaresi il richiamo alla nazione tedesca, allo spirito germanico, e l’ostinato anti-bolscevismo di Hitler e seguaci seppero ritagliarsi molti favori. Perfino nelle gerarchie ecclesiastiche più alte, come mostra l’ondivaga figura del cardinale Faulhaber, centrale nel modificare gli orientamenti dei cattolici bavaresi, soprattutto dopo il concordato del 1933, nei confronti del nazionalsocialismo, ormai trionfante. Per la verità, l’episodio della direzione della rivista è l’unico per ora che abbia ricevuto un trattamento adeguato dalla letteratura, con la monografia – la prima ad esser stata pubblicata su Moenius, cui ora si affianca il volume di cui qui parliamo – di Greg Munro, studioso australiano: Hitler’s Bavarian Antagonist: Georg Moenius and the Allgemeine Rundschau of Munich, 1929–1933. Edwin Mellen Press, Lewiston 2006, ampissimo lavoro basato sulla tesi dottorale, con vasta letteratura esaminata e analisi di numerose fonti inedite, ancora ovviamente fondamentale per ogni ricerca su Moenius.

Bernardini e Wiesner ci offrono invece una biografia intellettuale completa di un prete ambizioso, malcontento delle piccole parrocchie di provincia, pieno di interessi culturali, letterari, filosofici, culminati con una tesi dottorale su Hölderlin. Una passione per la Weimarer Klassik forse singolare per un cattolico, ma segno dei tempi: si cercava una nuova idea di Europa e di Germania dopo il disastro della prima guerra, e gli attacchi all’identità europea portati avanti con successo da molti scrittori e intellettuali, Spengler tra i primi. E sulle orme di Goethe si muove Moenius quando visita l’Italia, scrivendo un libro sul modello di quello di Goethe, ma ove Roma è posta come baricentro di tutto l’Occidente, fusione di tradizioni latine e centro della Cristianità, cosa ben poco amata dal sublime modello; ecco come Moenius comincia a delineare la propria ideologia, quella “Romanitas” che prende e rielabora dal suo ideatore, Gonzague de Reynold, iper-conservatore storico e intellettuale svizzero. Dall’Italia alla Francia. A Parigi Moenius cerca i baluardi extra-romani della “Romanitas”, da Carlo Magno a San Luigi a Giovanna d’Arco, entrando in contatto con figure di spicco del vivissimo pensiero conservatore e cattolico francese, e in particolare con una, quell’Henri Massis che con la Défense de l’Occident del 1927 si era posto come negatore di ogni decadentismo europeo, fiero difensore di una Europa intesa come “Christianitas” nel significato medievale, ma fondato sull’eredità classica. Moenius traduce in tedesco nel 1930 il testo di Massis, e vi antepone uno scritto che è il manifesto del proprio pensiero, lungo come il testo originale, e qui presentato nell’edizione di F. Beretta, che trascrive e commenta il testo uscito presso la Morcelliana, appena nata o quasi, nel 1933.

La prima edizione del volume di Moenius in italiano, uscita per Morcelliana nel 1933, a cura di Mario Bendiscioli.

Moenius, nei due libri che dedica rispettivamente ad Italia e Francia, fissa il proprio pensiero (che esporrà analiticamente nella introduzione al testo di Massis), in una nobile ideale di Europa come unità di pensiero e religione, legata ai principi della filosofia greca e del diritto romano, estranea ad ogni “misticismo” orientale, allora in auge (si pensi al successo di Hermann Hesse), ma anche ad ogni collettivismo bolscevico e statalismo fascista e nazionalsocialista, e in generale ad ogni forma di totalitarismo. Moenius era per un’Europa federale, cattolica, pacifica. Come protagonista del pacifismo radicale europeo tra le due guerre lo ricorda ancora la letteratura: come il grande sociologo e storico scomparso nel 2011, Arno Klönne, il maggior studioso della Hitlerjugend e in generale della gioventù durante il nazionalsocialismo (ma anche del movimento operaio tedesco), che gli dedicò uno spazio nell’importante volume sul movimento pacifista in Germania, Svizzera e Austria nel 1983: “Georg Moenius”. In: Helmut Donat, Karl Holl, a cura di: Die Friedensbewegung. Organisierter Pazifismus in Deutschland, Österreich und in der Schweiz, Econ-Taschenbuch-Verlag, Düsseldorf 1983.

Se infatti per quel che riguarda il radicalismo cattolico egli fu vicino a Gonzague de Reynold, Maurras, Massis, e in generale al conservatorismo francese – e molteplici figure letterarie e filosofiche si trovano qui citate e discusse, compreso il neo-tomista Maritain – il suo federalismo e il suo pacifismo molto dovettero all’amico di sempre, quel F. W. Foerster che fu il maggior pacifista dell’età di Weimar e hitleriana, in costante esilio, dalla Svizzera alla Francia. L’esilio, per sfuggire a morte certa, toccò anche a Moenius: dall’aprile del 1933 comincia per lui quel “viaggio senza fine” – e citiamo qui proprio il titolo del libro d’esordio del giovane Arno Klönne, Fahrt ohne Ende, del 1949, che andrebbe tradotto in italiano – che si conclude proprio all’origine, a Monaco (anche se era nativo dell’Alta Franconia), nel 1953. D’allora in poi, con la svastica che allargava le proprie diagonali per toccare alla fine tutti i luoghi in cui egli aveva cercato rifugio, dall’Austria alla Francia all’Italia, Moenius non svilupperà un pensiero autonomo, si abbondonerà alla letteratura, con un bel romanzo autobiografico ambientato a Roma nel 1933-1934, ma terrà fede sempre alle proprie idee pacifiste, federaliste, cattoliche. Il suo ultimo libro, pubblicato in America ma in tedesco, “Der neue Weltmonarch”, “il nuovo monarca del mondo”, ipotizza una società di nazioni mondiali federate col cuore politico e militare a Washington D.C., e quello religioso-morale a Roma, una linea diretta tra Pentagono e San Pietro. D’altra parte, si trovava negli USA dove molti, e personaggi ben più importanti di lui, teorizzavano federazioni mondiali in chiave di conservazione della pace, si pensi a Borgese (da una prospettiva laica, però). Un libro che schiude una prospettiva nuova sulle forme di opposizione al totalitarismo, nell’ambito di quella “rivoluzione conservatrice” di Weimar, che è stata di recente studiata a fondo, e prima ancora tematizzata. Non si può dire quanto Moenius rappresentasse il sentire del cattolico medio nella Baviera del tempo, e neanche dell’ecclesiastico medio. I suoi rapporti con la diocesi e le autorità ecclesiastiche centrali della Baviera furono tutt’altro che rosei. Era un ribelle, in fondo. Forse egli è più rappresentativo di un ceto medio intellettuale fatto da giornalisti, professori di liceo, non necessariamente dai grandi accademici tedeschi del tempo. Un ceto forse non eccelso per la qualità delle produzioni dello spirito, ma intensamente preso dalla professione intellettuale, e da un’altissima idea morale della funzione del giornalista. Non tutti i giornalisti tedeschi si vendettero a Hitler. E infatti molti vennero uccisi, deportati, perseguitati in ogni modo. Moenius tra di loro.

La copertina dell’edizione tedesca della Défense de l’Occident di Massis

Discretamente illustrato, il volume ci porta dall’inizio alla fine della vita di un prete di provincia, dall’Alta Franconia ancora rurale, alla Hollywood della comunità dei tedeschi in esilio. La foto di copertina lo ritrae a Hollywood nel 1945. Werfel morì a Beverly Hills il 26 agosto di quell’anno, a soli 54 anni. Imbottigliato nel traffico di Los Angeles Moenius non fece in tempo ad assisterlo nell’ultimo passo, e forse a convertirlo come pare fosse nelle intenzioni del drammaturgo. Una vita dunque straordinaria, favorita dalla tragedia dei tempi. E il libro mostra bene come il giovane Moenius, fino al 1933, si muovesse liberamente, dall’Italia alla Francia al Belgio dove andava a cercare le tracce dell’invasione tedesca della Prima guerra mondiale (cosa che gli inimicò gli stessi cattolici tedeschi, forse non nazisti in toto ma in gran parte ipernazionalisti); mentre dopo il 1933 è una fuga continua, angosciante, sempre in cerca di appoggi economici e gruppi anti-nazisti con cui collaborare, mentre i filonazisti crescevano in Belgio, in Austria, e purtroppo anche in quella Francia e Italia dove egli aveva incontrato figure che poi aderiranno al nazionalsocialismo in un modo o nell’altro, in un tempo o in un altro (si pensi ai militanti della Action Française).

Una lettura affascinante, questo ampio volume a quattro mani. Con passaggi davvero commoventi, come la lettera che l’ormai esiliato Moenius manda da Roma nel 1933 al suo arcinemico, l’ideologo e ministro nazista Alfred Rosenberg (che terminerà la propria esistenza a Norimberga, con accuse che non furono solo nei confronti del suo pensiero, ma anche delle azioni da lui compiute nelle diverse posizioni politiche occupate, in particolare durante la guerra). Un capolavoro di dignità e superba difesa dell’ideale germanico che nulla ha a che fare con Hitler e l’ideologia nazionalsocialista, col suo portato di razzismo e militarismo. Lettera che ben avrebbe figurato nell’antologia Uomini tedeschi (in italiano tradotta da Adelphi) che un altro esiliato, ma di diverso colore politico e pensiero religioso, Walter Benjamin, pubblicò quasi clandestinamente in Svizzera nel 1936.

Karin M. Wiesner, Paolo L. Bernardini
“Georg Moenius: un prete cattolico contro il nazionalsocialismo (1890-1953)”
con lo scritto “Difesa dell’Occidente” (1930) di Georg Moenius.
Mimesis, pagine 294, euro 28,00

* Davy Marguerettaz ha ottenuto nel 2024 il dottorato in Diritto e Scienze Umane presso l’Università di Studi dell’Insubria (Como-Varese), con una tesi sulla diplomazia pontificia fra il 1800 e il 1809. I suoi campi di ricerca principali sono la diplomazia pontificia in età napoleonica e la storia della Valle d’Aosta in età moderna e contemporanea. È membro dell’Académie Saint-Anselme d’Aoste.

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