Di Marco Baudino
A più di un mese dall’imposizione dei sacchetti per frutta e verdura in bio-plastica, la situazione non si è normalizzata, se pur sia apparentemente assopita. Il problema rimane e si è aggravato, soprattutto rispetto alle nuove direttive europee in merito al trattamento dei rifiuti.
La causa: sacchetti imposti per frutta e verdura, secondo alcuni autorevoli pareri, stanno causando effetti decisamente negativi e in più sembra siano non del tutto biodegradabili né compostabili in natura. (cfr https://www.facebook.com/claudio.marabotti/posts/10210278492093854.
Tra l’altro la norma UNI EN 13432 ammette (!) che una percentuale del materiale possa non biodegradare anche in impianti idonei di compostaggio.
L’effetto principale: gli stessi sacchetti conferiti secondo procedura nella frazione organica danneggerebbero (uso il condizionale in attesa di una chiara posizione del produttore del granulo della materia prima) il corretto processo di decomposizione in natura. Così come i sacchetti bio danneggiano il processo anaerobico controllato degli scarti organici naturali (naturali e NON di sintesi da materie prime naturali, c’è una bella differenza!) compromettono la qualità, sia del processo, sia del digestato uscente.
Quanto sopra dimostra che il problema originato generalmente dai sacchetti, plastica o bioplastica che sia, non è stato risolto con l’azione imposta dal Governo. Anzi, è stato peggiorato, vista la confusione generata, l’ulteriore costo a carico dei cittadini, l’ulteriore costo a carico degli addetti allo smaltimento, la complicazione arrecata alla processabilità, la riduzione della qualità del compost. Cinque aggravi che, paradossalmente, farebbero preferire il sacchetto di prima.
Non viene applicata, invece e purtroppo, la direttiva europea “n.2008 /98 – Waste Hierarchy”, evidenziata dall’on. Simona Bonafè che il 2 febbraio scorso a Roma, alla Fondazione Sviluppo Sostenibile, ha riferito sulle ulteriori nuove direttive europee in merito all’Economia circolare e alla prevenzione della generazione dei rifiuti. Sono tutte direttive che consigliano vivamente l’adozione di azioni tese a ridurre la massa dei rifiuti, non la loro mera sostituzione.
Nel caso del sacchetto invece si passa dalla plastica minerale alla bio-plastica, mantenendo purtroppo i rapporti di uso/consumo/necessità di smaltimento. Quindi l’aspetto del prezzo del sacchetto non è il punto: non è neanche deterrente al consumo, proprio perché imposto e addirittura caricato in automatico sul bene acquistato anche se il sacchetto non viene usato!
L’Europa chiede qualcosa di diverso: di ridurre la massa dei rifiuti: la quantità assoluta degli stessi. Perché stiamo letteralmente collassando nei rifiuti, a livelli mai raggiunti prima!
Una notizia recentissima (cfr il link http://www.bioecogeo.com/lobbligo-dei-sacchetti-biodegradabili-aumentare-la-vendita-dei-prodotti-gia-confezionati / ) indica quanto stiamo riscontrando nei supermercati con la riduzione di frutta e verdura sciolta (per evitare la polemica…) e la conseguente moltiplicazione di quella pre-imballata… dove e come? nel polistirolo! Aumentando così il volume degli imballi e quindi dei rifiuti, per di più non riciclabili.
Ci stiamo prendendo in giro da soli, con l’aggravante che le norme italiane, in contrasto con le direttive europee, sostengono questa presa in giro! Una triste considerazione: ma questo potrebbe portarci a nuove sanzioni e multe nel medio termine.
È importante dunque evidenziare la questione, non solo per non incorrere nelle sanzioni inferte dall’Europa all’Italia sul tema rifiuti, ma anche per i costi aumentati, i problemi ambientali aggravati, le conseguenze negative su ambiente e salute pubblica: sempre ripartiti sui cittadini e a carico delle loro tasche.
Il principio da seguire dovrebbe invece essere questo: il rifiuto che non produco o non origino, non devo gestirlo. Semplicemente non esiste! L’Europa va verso questo.
Nel Regno Unito, appena in fase di Brexit, si è già tassata tutta la plastica monouso (per esempio quella dei bicchieroni del caffè di una nota casa americana di ristoro, aumentati di 25 pence, con tassa netta sul prezzo di acquisto), privilegiando il sistema di restituzione su cauzione.
Questa è saggezza, coerenza, consapevolezza del problema. Questa è democrazia. Non l’imposizione di soluzioni monopoliste!
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