di Aldo Ferrara
Secondo la CGIA di Mestre ammonta a 24.4 mld l’indebitamento del SSN con i fornitori, e, secondo il Libro Bianco ISPE-Sanità sulla Corruption in Sanità, 2015, altri 6 mld si perdono in rivoli di corruzione. Un terzo circa dell’intero Capitolo di spesa del SSN viene sottratto al malato. Quanto sopra completa la desolante raffigurazione che ci offre il Rapporto Censis, 2015: 12 milioni di italiani non possono accedere alle cure, 4 milioni sono costretti a rinunciare alle cure odontoiatriche, il 77% di coloro che contraggono una polizza assicurativa lo fanno a causa delle liste d’attesa, l’insoddisfazione pervade il 56% dei cittadini e ben 7.7 milioni si indebitano per curarsi. Anche se sensu strictu questi aspetti non rientrano nella “malasanità”, nulla toglie alla gravità della problematica che configura la mancata applicazione dell’art.32 della Costituzione.
Luigi Mariotti, che concepì il passaggio dal sistema mutualistico a quello generalistico, diede alla riforma una concezione di “universalità” ma negli anni successivi si è creata una destrutturazione che ha trasformato il Servizio Sanitario a Sistema, una macrostruttura amministrativa, politica, economico-finanziaria, priva della sua connotazione originaria.
Sia la legge sulla aziendalizzazione sia i successivi interventi legislativi (Legge Bindi-Zecchino del 1999, Legge Turco-Mussi del 2007 etc) hanno conferito al Servizio -o Sistema- Sanitario Regionale ( SSR) poteri crescenti non solo nella amministrazione corrente ma soprattutto nella programmazione sanitaria.
Un esempio è dato dall’attribuzione di fondi del SSR, tramite l’Azienda Ospedaliera all’Ateneo convenzionato, per il finanziamento diretto di Cattedre, Scuole di Specialità e annesso personale docente, tramite una estensiva interpretazione dell’art. 24, commi 5,6 del DPR 240/2010, c.d. legge Gelmini. Le Aziende Ospedaliere promuovono attività scientifiche nelle Università con cui costituiscono Azienda Ospedaliera Universitaria e concorrono così alla creazione di posti universitari ma con fondi del SSN fino al tetto dei 3 mln di euro/pro unità (stipendi, contributi, pensioni emolumenti vari). Cattedre istituite su istanza dell’Azienda e delle sue necessità ma pur sempre strutture universitarie, con primari compiti didattici e di ricerca nonchè assistenziali. In questo caso, però, diventano ancillari agli intendimenti dell’Azienda, al di fuori della programmazione didattica e di ricerca dei Dipartimenti di riferimento. In poche parole il SSR si “fa” le sue Cattedre con una palese “concorrenza” non sancita o esplicitata da alcuna legge in vigore.
Per quanto attiene al personale medico, nei decenni passati, la Convenzione Azienda-Università si limitava alla parametrazione stipendiale. Con la Legge 517, Legge Bindi-Zecchino, l’integrazione stipendiale è divenuta “aggiuntiva”. Così al medico universitario si affida, come essenziale, il compito dell’assistenza, cui si aggiungono ricerca e didattica. Anche per questo, molti giovani, che hanno a cuore la ricerca, tendono a recarsi in altri Paesi laddove queste limitazioni sono meno cogenti.
E’ verosimile che detta procedura abbia anche finalità sanitarie ma ciò non elimina il problema sostanziale di uno spostamento di fondi da Capitoli di spesa, primariamente destinati ai pazienti del SSR. Come afferma il Prof. Paolo Maddalena, Vice-Presidente Emerito della Consulta, appare “violato l’art. 32 Cost., poiché si distolgono risorse finanziarie dall’assistenza ai malati per creare cattedre, nonché l’art. 34 Cost., poiché si incide sulle libere scelte, che devono essere “autonome” dell’Università, subordinandole alle richieste delle Aziende. Occorrerebbe impugnare qualche atto davanti al Tar e chiedere l’invio degli atti alla Corte costituzionale, affinché decida sulla legittimità costituzionale della legge Gelmini nella parte in specie”.
Inoltre dette Cattedre ricadono in un’altra giurisdizione, quella universitaria, al di fuori di una normativa ad hoc. Né si può essere certi che non si incorra a reduplicazioni strumentali delle cattedre stesse. Comunque appare palese la “concorrenza” programmatica.
Se tale è il merito della questione, per quanto attiene al metodo, occorre una normativa che scongiuri possibili, sia pure ipotetiche, opacità amministrative sul reclutamento o pregiudicare le potenzialità di docenti e/o personale idoneo altro. Né si può escludere che il vizio della mancata universalità del reclutamento possa inficiare i diritti di alcuni docenti e pertanto sfiorare la lesione anche dell’art.3 della Costituzione.
Oltre che per una revisione giuridica, è insito in questo articolo l’appello a sviluppare questa tematica, non solo per il rispetto delle finalità vere dei nostri Atenei ma per evitare che rivoli di spesa importanti vengano sottratti al paziente. Dalla Legge Bindi-Zecchino alla legge Gelmini del 2010 il dettato legislativo ha profondamente modificato l’ordinamento universitario del comparto sanitario. E’ giunto il momento di una profonda revisione perché il malato abbia piena soddisfazione della cura.
Fonti
CGIA, Sanità: mancati pagamenti per almeno 24,4 miliardi di euro, 31.01.2015
Libro Bianco sulla Sanità, Corruption in Sanità, ISPE Sanità 2015
Ferrara A. Quinto Pilastro, il tramonto del SSN, Bonfirraro Ed., 2016
Per gentile concessione riprendiamo dal sito www.glistatigenerali.com
Tratto da: http://www.glistatigenerali.com/sanita_universita-scienze/dove-vanno-i-fondi-del-ssn/
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