Oriente e Occidente – 1
di Olimpia Niglio
Fino a tutta la metà del XVI secolo l’Oriente non era stato interessato da un importante processo di evangelizzazione cristiana. Le tracce più antiche risalgono ai cristiani nestoriani, ossia legati alla dottrina di Nestorio, patriarca di Costantinopoli (IV-V sec. d.C.), che giunsero nelle lontane terre d’Oriente intorno al VII secolo d.C. Ne è testimonianza anche un antico monumento, una stele che fu eretta dai cinesi alla fine dell’VIII secolo e di cui si conservano alcuni resti oggi custoditi presso il Beilin Museum in XI’an nella provincia di Shaanxi nella Cina Centrale, ed una sua riproduzione è custodita presso il Museo Etnografico Missionario presso il Vaticano.
Queste antiche tracce furono poi ripercorse secoli dopo con l’arrivo dei francescani rappresentati dal frate Giovanni da Pian del Carpine (attuale Magione in Umbria) che compì una prima importante impresa raggiungendo la regione di Karakorum al fine di convincere il Khan di convertire i Tartari al cristianesimo. Era il 1246 e l’arrivo del francescano non fu accolto con fervore tanto che superate avverse vicende rientrò in patria l’anno seguente non avendo portato a termine il suo compito. Diversamente nel 1260 giunsero alla corte del Khan (nel frattempo trasferitasi nell’attuale Pechino) i fratelli Polo, mercanti veneziani che dopo un lungo ed interessante viaggio ebbero modo di ritornare a Venezia avendo aperto nuove ed importanti rotte commerciali. Il figlio di Niccolò Polo, Marco, rimase quasi diciotto anni alla corte del Kublai Khan ma non riuscì però a vedere insediato a Pechino, nel 1307, il primo vescovo cristiano, il francescano Giovanni da Montecorvino Rovella, membro della famiglia Pica, che giunse a Pechino (a questi giorni Khan Baliq) nel 1294 e qui costruì anche la prima chiesa cristiana nel 1299.
In realtà il periodo che va dal 1245, con la partenza di fra Giovanni da Pian del Carpine, fino a tutto il XVI secolo i Frati Minori svolsero un ruolo molto importante di dialogo e molti di loro furono inviati dai papi in Oriente come Ambasciatori di pace e Ambasciatori di fede. Questi impegni rientravano infatti nelle opere di diplomazia attuate dalla chiesa di Roma anche per evitare l’avanza dei Mongoli verso l’Europa. I Frati Minori svolsero soprattutto una missione esplorativa e di conoscenza ma nel frattempo potettero radicarsi e stabilire buone relazioni con le popolazioni di quei territori fino ad allora sconosciuti. Ovviamente la loro opera trovò poi, in fra Giovanni da Montecorvino Rovella, una svolta molto interessante in quanto furono tradotti nella lingua locale molti testi sacri e questo facilitò l’opera di conversione e di avvicinamento. Intanto il compito svolto da Giovanni da Montecorvino fu tale da essere venerato come santo dai cristiani in Cina e le sue opere furono ben note ai gesuiti che giunsero in quei territori due secoli e mezzo più tardi.
L’arrivo della Compagnia di Gesù, sulla scia dei mercanti spagnoli e portoghesi, segna una svolta importante nel processo di evangelizzazione dell’Oriente. I gesuiti per primi si erano insediati sulle coste meridionali dell’India, della Cina e del Giappone e in particolare nel porto di Goa in India, a Malacca in Malesia, a Macao in Cina e nella prefettura di Nagasaki in Giappone. Fu però il gesuita Francisco Saverio Javier (1506-15052), spagnolo nato presso la comunità di Navarra, ad essere stato il pioniere del cristianesimo in Oriente. Fu infatti indicato da Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, affinchè intraprendesse un viaggio per le Indie per divulgare la parola di Gesù. Fu così che Francisco nel 1541 partì alla volta dell’Oriente giungendo prima in India e poi a Malacca in Malesia dove ebbe modo di incontrare una comunità giapponese che lo convinse a spingersi fino alle terre dell’estremo oriente raggiungendo il porto di Kagoshima all’estremità sud dell’isola di Kyushu. Purtroppo la sua esperienza fu molto breve dato che Francisco Javier morì nel 1552 sull’isola Shangchuan, nel sud della Cina, durante il viaggio di rientro in patria, ma certamente pose le basi per un interessante sviluppo del cristianesimo. Infatti nel 1582 due gesuiti italiani Matteo Ricci, marchigiano, e Michele Ruggieri, pugliese, giunsero in Cina per stabilirsi nella capitale. Fu qui che l’opera di evangelizzazione di Matteo Ricci iniziò a consolidarsi grazie anche ad un interessante lavoro di diplomazia che mise in atto sin dal suo arrivo in Oriente. Una politica di “dialogo culturale” che aveva favorito l’ingresso dei gesuiti presso le principali famiglie e governi cinesi. Un esempio significativo il caso del gesuita Giuseppe Castiglione (1688-1766), missionario ma principalmente pittore alla corte imperiale di Pechino e molti dei suoi capolavori sono custoditi presso i musei imperiali di Pechino e di Taipei.
Un’azione diplomatica che aveva sin dal principio instaurato anche Francisco Javier in Giappone sin dal suo arrivo nel 1549 e dove la Compagnia di Gesù, in meno di mezzo secolo, aveva dato luogo non solo ad una forte espansione del cristianesimo ma aveva anche attivato importanti progetti di viaggi diplomatici dal Giappone verso Roma. Un ruolo fondamentale in questo settore diplomatico fu svolto dal gesuita Alessandro Valignano (1539-1606) che non solo aveva aperto la Cina alla Compagnia di Gesù ma una volta giunto in Giappone nel 1579, fu promotore dell’importante missione in Occidente per la consacrazione al cristianesimo delle terre d’Oriente, missione nota anche come Ambasciata Tensho partita da Nagasaki il 20 febbraio 1582 e rientrata in Giappone nel 1590.
Intanto seppur sin dal principio la Compagnia di Gesù aveva istaurato un avvicinamento improntato sul dialogo e sulla messa in atto di azioni diplomatiche soprattutto nei riguardi dei poteri governativi locali, tutto questo trovò invece dei risvolti tutt’altro che favorevoli in Giappone dove alla fine del XVI secolo ebbe inizio il regime dello shogunato Tokugawa (1603-1867) che considerò la presenza dei gesuiti e poi dei francescani e dei domenicani una vera minaccia alla stabilità del paese. Fu così che furono emanati i primi editti contro i missionari occidentali che, nonostante fossero stati invitati ad abbandonare quanto prima il paese, continuarono le loro azioni missionarie in forma meno evidente ma pur sempre illegale per il nuovo governo. Le prime persecuzioni iniziate a Nagasaki a partire dal 1597 diedero inizio ad un periodo molto difficile e di grandi martiri.
Ovviamente le storie di evangelizzazione cristiana nello stesso periodo perseguirono risultati ben differenti nelle diverse terre d’Oriente; tuttavia il contributo di Francisco Javier e dei suoi successori confratelli missionari ha contributo ha costruire importanti ponti culturali tra Oriente e il vecchio continente cristiano.
A distanza di quasi 5 secoli il valore storico, diplomatico e culturale dei processi di evangelizzazione cristiana in Oriente hanno lasciato segni tangibili importanti nonchè i riscontri che oggi è possibile leggere e approfondire soprattutto osservando il patrimonio intangibile e tangibile in questi territori è assolutamente di estremo interesse per tutta l’umanità. In realtà, nonostante le differenti situazioni politiche, a partire dalla metà del XVI secolo Francisco Javier avviò un processo che non si è mai più interrotto ma che, al contrario, ha favorito il nascere di forme sincretiche, anche nell’arte e nell’architettura, mediante le quali ha dato vita a processi diplomatici interreligiosi che continuano ad unire l’Oriente con l’Occidente da oltre 5 secoli.
E dopo ben 470 anni dall’arrivo di Francisco Javier sulle coste nipponiche (1549-2019) e in occasione di un importante rinnovamento con la chiusura dell’era Heisei dell’imperatore Akihito e l’ascesa al trono del principe Naruhito, le cui celebrazioni dureranno fino alla fine di questo 2019, papa Francesco giungerà in Giappone. Un evento importante per rinnovare, ancora una volta, l’opera religiosa e diplomatica svolta dai suoi predecessori, missionari gesuiti che, pagando anche con la vita, hanno consentito di tessere un filo che, più forte che mai, continua ad unire il mondo intero. Queste esperienze tramandateci dalla storia ci aiutano a riflettere sul valore e sul significato della prossima visita di papa Francesco nella terra del Sol Levante, un viaggio che conferma l’importante missione evangelica e diplomatica che iniziò Francisco Javier e che oggi continua in nome di Francesco e per la pace nel mondo.
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