Da tempo è chiaro che la Russia può “vincere” il conflitto in Ucraina. Tra virgolette perché tale condizione si concretizzerebbe con l’occupazione della maggior parte se non di tutto il territorio ucraino a opera delle truppe russe: ma la guerra non sarebbe finita. Solamente passerebbe a una fase differente. Diverrebbe guerriglia diffusa in particolare nel territorio a ovest della linea del Dnepr, cioè in quella parte del Paese che è favorevole al mondo occidentale e alla Nato, distinta dalla parte orientale e russofila già assorbita nella Federazione.

Sarebbe una pseudo vittoria magari utile sul breve periodo alla propaganda putiniana. Ma sul lungo periodo diverrebbe una spina nel fianco che consumerebbe risorse e progressivamente indebolirebbe la struttura politica russa. Se già prima dell’invasione la maggioranza della popolazione ucraina (con l’esclusione di quella dei territori orientali), nutriva sentimenti anti russi (inevitabili dato il passato sotto l’Unione Sovietica), dopo questi anni di guerra l’avversione ucraina contro la Russia s’è fatta granitica.

Sul piano militare si tenga presente che almeno dal tempo dell’annessione alla Russia della Crimea nel 2014 in Ucraina si preparano strutture adatte alla guerriglia, secondo modalità peraltro già adottate durante la seconda guerra mondiale. E per condurre una guerriglia non servono grandi quantità di risorse. Certamente il complesso militare industriale occidentale preferirebbe che continuasse la guerra in grande stile come quella combattuta sinora, ma lo impediscono la stanchezza della popolazione e il ridursi del numero di persone disposte a combattere al fronte in Ucraina, e il deteriorarsi delle condizioni economiche in Occidente: né è supponibile che questo possa passare a un’economia di guerra come quella che s’è imposta in Russia in questi anni.

Quindi il possibile prosieguo del conflitto in modalità guerriglia è inscritto negli eventi correnti e potrebbe pure essere stato previsto e auspicato dall’intelligence americana che, pur con tutti i suoi fallimenti, almeno nei rapporti con la Russia si è sempre dimostrata perspicace. Ma a questo punto, che sia il frutto di programmazione o il risultato dell’evoluzione corrente non ha grande importanza.

Bisogna dunque contemplare uno scenario afghano in Ucraina, con la differenza che questa è al confine con la Russia che, a differenza di quanto accadde in Afghanistan, non potrebbe a un certo punto prendere e andarsene: infatti non ci sarebbe modo di mettere fine alla condizione di guerriglia diffusa, che si impegnerebbe a penetrare nel territorio russo per minarlo dall’interno. Già si son visti sabotaggi in territorio russo nei mesi passati e tale scenario favorirebbe le tendenze centrifughe presenti in diverse popolazioni non russe che abitano il vasto territorio della Federazione. Inoltre va sempre tenuto a mente che la Cina alla lunga potrebbe voler approfittarsene per recuperare parti della Siberia che le fanno gola.

Oggi questo tipo di evoluzione sembra lo scenario più probabile. Certo, sarebbe stato auspicabile un accordo di pace che prevedesse in sostanza il riconoscimento della Crimea come territorio russo, qualche tipo di concessione alla Russia nelle zone orientali dell’Ucraina, l’impegno dell’Ucraina a mantenersi neutrale in futuro. E forse l’ultima grande occasione per aprire questo scenario s’è verificata con l’appello del papa Francesco ad “alzare bandiera bianca”. Ora, passato quel tempo, sembra che le possibilità di andare in questa direzione svaniscano sempre di più: salvo resipiscenza, sempre auspicabile seppure sempre meno probabile, nelle élite occidentali.

Lo scenario di guerriglia aprirebbe una prospettiva di diversi anni di conflitto a bassa intensità, o minore intensità rispetto a quello attuale. Soddisfarebbe le aspettative di Putin di restare al potere fin verso gli anni Trenta di questo secolo, reggendo un Paese sempre più militarizzato con piglio sempre più dittatoriale. Soddisfarebbe le aspettative occidentali di minare il potere centrale moscovita favorendo la disgregazione della Federazione russa. Soddisfarebbe le aspettative cinesi di veder indeboliti i due poli di potere che le si contrappongono: l’Occidente e la Russia. Soddisfarebbe le aspettative di Erdogan di aver mano libera nel rafforzare il rinascente impero ottomano. Soddisfarebbe le aspettative del regime iraniano, di essere sempre più indispensabile alla Russia putiniana.

Invischierebbe l’Europa nello stillicidio di tensioni interne, antirusse e di continua dipendenza dagli Stati Uniti. Con buona pace di Macron, che dovrebbe accantonare le sue velleità napoleoniche di emergere come nuova leadership del continente.

Comunque, resta solo uno scenario: possibile ma non inevitabile. Sarebbe meglio trovare altre soluzioni. Solo che per questo ci vorrebbe quella buona volontà che sinora è rimasta totalmente assente in tutte le parti in causa.

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