di Aldo Ferrara*

Mentre avvengono combattimenti cruenti in Ucraina con la morte di migliaia di civili, la fuga degli esuli, stimati in circa 2.5 mln, si susseguono le analisi anche sui perché di una guerra così violenta e sulle conseguenze future. Ma la domanda che desideriamo porre è: siamo sicuri che le conseguenze del conflitto non si traducano anche in danni devastanti sull’ambiente?

Come in ogni conflitto bellico, le motivazioni geo-politico-economiche sembrano prevalere sulle altre. I conflitti in Medio Oriente sono stati spesso etichettati come Guerre di religioni, mentre erano perlopiù dettati da motivazioni economico-finanziarie da ricercarsi nelle geo-dinamica del petrolio. Così nel conflitto ucraino prevalgono motivazioni ai più sconosciute. Un esempio è costituito dalle riserve minerarie di carbone. L’Ucraina è il 15° paese produttore di coal, la Russia il primo. Tuttavia proprio in epoca di transizione ecologico-energetica, potrà sembrare superato il mercato del carbone. Ma il mercato orientale, Cina in testa, continua ad utilizzarlo con la noncuranza di chi possiede solide basi industriali e con un ritmo di esportazione in continua crescita. Le riserve minerarie di carbone dell’Ucraina occupano vasti territori del Donbass e di Donetsk. La pervicace attenzione della Russia su questi territori è dominata dal desiderio di acquisizione di quelle aree che aumenterebbero il plafond a disposizione per il mercato asiatico.

Fig. 1

Nessuna preoccupazione del Cremlino per la devastazione ambientale cui è stata sottoposta quell’area sin dal 2014. Essa rappresenta un tassello della politica espansiva della Russia. Ne è esempio quella verso la Cina, tradotta in numerosi atti concordatari, che vanno sotto il nome di Razvitie, Sviluppo. Una sorta di sineddoche, una parte per il tutto che identifica la nuova linea ferroviaria transiberiana di 9 mila km ma sottende a interscambi petroliferi tra Gazprom e Sinopec (China Petroleum & Chemical Corporation) e verosimilmente ad accordi per il carbone.

L’occupazione di parte del Donbasss nel 2014 e il successivo stallo con continui scontri a fuoco di artiglieria tra l’esercito ucraino e i separatisti sostenuti dalla Russia hanno portato la regione sull’orlo di una catastrofe ambientale. Questa non è ancora scongiurata malgrado linee di de-escalation istituite frettolosamente per impedire il bombardamento degli stabilimenti chimici dove sono stipati centinaia di migliaia di litri cubi di rifiuti tossici, grazie anche ad un monitoraggio continuo da parte dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE). Secondo una valutazione del governo olandese,1 nel 2018 l’Ucraina ha prodotto 289.5 milioni di tonnellate di rifiuti, di cui il 75% è stato prodotto da fonti minerarie. Secondo il Ministero dell’ambiente e delle risorse naturali ucraino, ci sono 23.727 imprese potenzialmente pericolose, di cui 2987 sono magazzini che immagazzinano pesticidi altamente tossici. Nel Donbass, secondo il rapporto indipendente segnalato da Diego Herrera e finanziato dall’ambasciata britannica, sono presenti 4.000 siti potenzialmente pericolosi in aree ad alta densità di urbanizzazione, in cui si contano 7 milioni di persone.

Serbatoi d’acqua potabile

La Russia ha bombardato le strutture idriche e i siti di stoccaggio del grano in Siria, sostenendo che fossero depositi di carburante, precostituendo un rischio maggiore per la salute pubblica con impatto diretto sulle comunità. Nel rapporto se ne contano 11 bombardati dal 24.02 al 5.03.

Depositi di carburante

In Ucraina sono stati i primi bersagli delle forze aeree russe. Il primo attacco ai depositi di Chuhuiv. Il successivo target è stato il deposito di carburante vicino all’aeroporto di Mykolaiv. L’attacco più visibile è stato l’attacco aereo nella notte del 27 febbraio contro la base aerea di Vasylkiv, a sud di Kiev. Secondo il Ministero ucraino per la protezione dell’ambiente e delle risorse naturali (MEPNR), 20.000 m3 di diesel e benzina sono bruciati, causando inquinamento atmosferico nelle aree residenziali. Un esempio di quello che è successo in pochi giorni ma che potrebbe ripetersi fino alla fine del conflitto. La riedizione degli incendi dei depositi di gas e carburante che Saddam Hussein fece esplodere alla fine della prima Guerra del Golfo. Le conseguenze sull’inquinamento persistente e non solubile degli strati atmosferici sono impressionanti per la loro durata nel tempo.

Residui tossici militari

La Russia ha anche preso di mira vari depositi di munizioni nel tentativo di esaurire le scorte ucraine. Tali esplosioni e la successiva diffusione di resti di munizioni possono comportare rischi per la salute, acuti e cronici derivanti dall’esposizione a resti di prodotti tossici (Fig. 2). Un corpus crescente di letteratura scientifica ed analisi sui poligoni militari fanno luce sui rischi derivanti dai metalli pesanti legati alle munizioni, dai composti energetici come TNT, RDX e dai propellenti di missili e razzi. Il massiccio dispiegamento russo di blindati, truppe e rifornimenti militari, quantizzati in decine di km di veicoli – oltre 1150 carri armati, veicoli blindati, lanciarazzi mobili e camion russi e ucraini, di cui 748 distrutti, danneggiati o catturati – costituiscono una fonte inesauribile di propellenti altamente tossici, anche per i civili. In specie i lavoratori adibiti alla rottamazione dei veicoli possono essere esposti a varie sostanze pericolose come metalli pesanti, propellenti, esplosivi e pirotecnici.

Fig. 2

Altra materia in discussione è l’impiego o meno di DU Depleted Uranium o Uranio Impoverito.2 Questo metallo pesante viene adibito nelle corazzature dei Tank e nelle testate dei missili anticarro. Sulle sue implicazioni cliniche ancora si discute ma è acclarata la sua altissima nocività leucemogena. Si sostiene da più parti che non vi sono notizie certe che la Russia abbia equipaggiato i propri carri armati T-80 BVM con munizioni perforanti all’uranio impoverito (DU) da 125 mm. Ed inoltre che non essendoci stati scontri sul terreno tra tank la disseminazione di DU dovrebbe essere esclusa. Tuttavia l’uranio impoverito, classificabile come rifiuto radioattivo di bassa attività con alto rischio per la salute se inalato o ingerito, potrebbe rappresentare un alto rischio se presente negli stock di deposito sottoposti a bombardamento. Gli esempi di contaminazione a Quirra (Poligono Interforze Sperimentale di Quirra, PISQ) e Teulada in Sardegna, oggetti di procedimenti giudiziari, ci rendono tristemente partecipi di questo problema.

Il caso Teulada

Quest’area, nella Sardegna sud-occidentale, ospita un sito di esercitazioni militari, la Penisola Delta, oggetto di interesse da parte della magistratura perché sede di devastazione ambientale e possibile nocumento per la comunità locale. Le esercitazioni militari effettuate, nel solo periodo compreso fra il 2008 e il 2016, hanno comportato la disseminazione di munizionamento e residui di armamenti pari a circa 556 tonnellate, tra cui circa 11.785 missili M.I.L. An. (Missile d´Infanterie Léger ANtichar), contenenti nella miscela comburente Torio radioattivo (Ossido di Torio).

Dal 2009, da quando viene censito il materiale bellico di quel caposaldo, sono stati presentati numerosi esposti alla magistratura per accertare se vi sia relazione con il contestuale aumento delle neoplasie a carico della comunità locale. Nell’agosto 2021 il GIP emette un’ordinanza con due capi d’imputazione. Il Capo A postula i reati di omicidio, e lesioni colpose plurime a carico di militari esposti alla contaminazione ambientale. Nella vicenda DU il problema centrale è accertare definitivamente il nesso causale e patogenetico. Non sfugge al Magistrato la necessità di dover approfondire indagini epidemiologiche “con una specifica verifica da compiersi sui militari operanti nella sede relativa ad eventuali patologie contratte durante il servizio, eventuali decessi, nell’arco temporale (2009-14) già considerato o altro più esteso e ritenuto maggiormente indicativo”…

Resta viva l’esigenza scientifica di un nesso causale reale e non ipotetico, malgrado le numerose dimostrazioni e rinvenimenti di sostanze contaminanti, quali “nano-particelle di minerali pesanti prodotte dalle esplosioni di materiale bellico”, nelle zone di guerra e negli stessi poligoni quale quello di Teulada.” …”Si evidenzia altresì la peculiarità della popolazione delle frazione di Foxi colpita da un numero esorbitante di decessi per cause tumorali.”

…”Ed altrettanto è noto che un tale giudizio non possa farsi discendere dal mero dato quantitativo statistico, ma da tutti gli elementi idonei che concorrono a spiegare nella vicenda concreta l’evolversi causale, e in tal senso dovendosi evidenziare che “anche gradi medio-bassi di probabilità possono essere utilizzati per il riconoscimento del rapporto di causalità, ove essi siano corroborati da un riscontro probatorio circa la sicura non incidenza di fattori alternativi” (cfr. Cass. IV, n.988/02).”

Nelle more, la via giudiziaria sembra precedere quella scientifica: …”Non solo, secondo uniforme insegnamento della giurisprudenza di legittimità, il dato scientifico deve essere oggetto di corretta valutazione in armonia con ogni fattore variabile del processo (la complessità degli eventi, la mutabilità delle opinioni degli esperti etc), ma la sola esistenza di un contrasto non composto nella comunità scientifica non implica di per sé l’impossibilità di verifica del nesso causale che può essere solo conseguenza del complessivo giudizio di elevata probabilità logica e credibilità razionale dell’ipotesi esplicativa (così anche Cass. IV n. 43786/10.”

Dunque, pur restando la necessità di approfondimenti e ricerche clinico-sperimentali, la giurisprudenza si indirizza verso un probabile nesso causale ancora da asseverare al ruolo di certezza.

Il Capo B indica “un delitto di disastro innominato aggravato” malgrado la zona interessata sia modesta (circa 3 kmq) ma “l’alterazione è di natura irreversibile in quanto le condizioni di criticità hanno determinato danni all’equilibrio dell’ecosistema attualmente incapace autonomamente di recuperare le originarie condizioni di naturalità”. Né bonificabile data l’entità della contaminazione.

In aggiunta, quanto sopra determina “compromissione delle caratteristiche di sicurezza, di tutela della salute e di altri valori della persona e della collettività tali da determinare una lesione della pubblica incolumità”.

La innovazione dell’Ordinanza del 13 agosto 2021 è insita nel binomio “lesione plurima a carico di soggetti esposti” plus “danno ambientale a carico di territorio”, onnicomprensivo del territorio in quanto tale e della comunità locale residente.34

Siti nucleari e infrastrutture critiche

L’invasione russa ha sfiorato la catastrofe ambientale con i bombardamenti in prossimità delle infrastrutture critiche dei 4 siti legati all’industria nucleare. Per quanto il monitoraggio delle radiazioni di Chernobyl abbia indicato livelli di guardia, con un solo picco causato dalla risospensione della polvere del suolo nella zona di esclusione da parte del movimento militare, la preoccupazione è ancora viva. E infatti l’altro sito, forse più importante di Chernobyl, la centrale nucleare di Zaporizhzhia, che ospita 6 dei 15 reattori nucleari dell’Ucraina, è rimasta a lungo sotto tiro. A ciò si aggiungano attacchi aerei russi sul sito di smaltimento dei rifiuti radioattivi del RADON nei pressi di Kiev.

In conclusione, i guasti bellici assumono oggi proporzioni non calcolabili e non limitate ai danni sui civili, sulle strutture e sui beni di un Paese. Viene disseminato il territorio di sostanze tossiche e contaminanti per le generazioni future e per le coltivazioni di cui ad esempio l’Ucraina è esportatrice come il grano. Una problematica che valica i confini di quel paese e che si riversa sulle Comunità dei Paesi importatori.

(*) Aldo Ferrara, professore f.r. di Malattie Respiratorie, Università di Siena, Editor del Trattato Italiano di Medicina d’Ambiente

NOTE:

1 Fonte Diego Herrera Environment and Conflict Alert Ukraine: A first glimpse of the toxic toll of Russia’s invasion of Ukraine. Paxfor peace. Nederland. 9 marzo 2022

2 L’Uranio impoverito (DU, Depleted uranium) si ricava dalla lavorazione di uranio235, adibito a centrali nucleari o bombe atomiche. Il suo contenuto di U235 è ridotto fino allo 0,2%. La Difesa USA ha escogitato il modello di riciclaggio dell’U235 adottandolo come metallo pesante per proiettili, dato che essendo materiale ad alta densità appare una perfetta arma di penetrazione su altri metalli anche pesanti ed è idoneo alla fabbricazione di proiettili e schermature.

3 Tribunale di Cagliari, Ordinanza del GIP Dr.ssa A. Tedde n. 389/20. 13.08.2021.

4 Trattato Italiano di Medicina d’Ambiente, Editor Aldo Ferrara, SEU Ed., Roma, 2021, Capp. 27 e 28

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