di Leonardo Servadio
Il 3 giugno 2020 il quotidiano britannico The Telegraph ha pubblicato un’intervista con Richard Dearlove, che dal 1999 al 2004 fu responsabile del servizio di sicurezza esterno MI6, in cui questi ha asserito che il coronavirus della pandemia diffusa nei primi mesi del 2020 “è stato creato in un laboratorio in Cina e si è propagato in seguito a un incidente” (ripreso dal Riformista, 4 giungo 2020). Il caso potrebbe essere rilevante non tanto per l’asserto in sé quanto per il contesto in cui avviene. Telegraficamente riassumiamo alcune considerazioni che se ne possono trarre.
1 Il fatto in sé
Che nel laboratorio di Wuhan abbiano potuto ingegnerizzare il coronavirus è un fatto probabile, già ampiamente discusso ma che mai potrà essere veramente provato. Già abbiamo trattato la questione qui https://www.frontiere.eu/pipistrelli-o-montagnier-i-misteri-di-covid-19/ . Quindi che senso ha che un personaggio rilevante quale un ex capo MI6 lo tiri fuori a mesi di distanza da quando il problema è emerso?
2 L’atteggiamento politico di Dearlove
Come ex alto rappresentante dell’establishment della sicurezza nazionale, ci si aspetta che uno come Dearlove non sia incline a prendere una posizione pubblica su questioni politiche. Tuttavia nel recente periodo, nel quale sono stati mossi passi rilevanti per gli allineamenti internazionali ampiamente sconvolti da eventi quali le tensioni conseguenti alle ondate migratorie, i nuovi populismi, Brexit, il protagonismo cinese, Dearlove ha in più occasioni preso posizioni vicine a quelle degli USA: così ha fatto proprio sull’uscita dall’UE o sul caso Huawei. È pertanto plausibile ritenere che anche ora egli esprima atteggiamenti maturati nei gruppi di potere britannici che si riconoscono nella politica dell’attuale Primo ministro Boris Johnson. Lo scopo quindi sarebbe non tanto di affermare un fatto non provabile, quanto di affermare il proprio allineamento con gli USA e, reciprocamente, disponibilità allo scontro con la Cina.
3 Il contesto strategico
Poiché la pandemia del 2020 ha sconvolto radicalmente in particolare il mondo occidentale, questa comporta anche una revisione degli allineamenti internazionali, che oscillerà tra due principali polarità: o esacerbare l’emergente guerra fredda con la Cina, oppure cercare vie di intesa con essa.
La prima opzione è attualmente seguita dagli Stati Uniti di Trump e corrisponde al sentire delle parti più retrive dell’establishment americano, identificabili col “complesso militare industriale” e si traduce in una politica internazionale volta a cercare di mantenere un predominio che da tempo gli USA hanno perso.
La seconda opzione è preferita da chi in Europa cerca di tenere assieme la traballante Unione.
4 L’interazione con gli effetti della pandemia
Dopo le prime settimane di sconcerto, nel corso delle quali si sono definite le varie politiche nazionali volte a contrastare la pandemia, questa ha cessato di essere un problema sanitario agli occhi dei governanti, ed è diventata uno strumento strategico. Così sono cominciate, per esempio, le accuse di Trump alla Cina e le richieste che questa paghi i danni per aver lasciato scappare il virus. A tale tendenza Dearlove ha mostrato che la Gran Bretagna della Brexit si unisce, in questo consolidando il rapporto privilegiato con gli USA in epoca post-Brexit.
5 La situazione dell’Europa
In Europa tra la fine di maggio e l’inizio di giugno s’è profilata la fine delle lunghe dispute tra Paesi indebitati, come l’Italia e la Spagna, e Paesi amanti dell’ortodossia economica (e propensi a godere i privilegi del libero mercato tramite concessioni fiscali ai capitali finanziari pirata) quali Olanda e Austria. Questo passaggio consente di rafforzare l’Unione Europea. Esso è avvenuto grazie al fatto che la Cancelliera Angela Merkel ha deciso di utilizzare la posizione economica privilegiata della Germania per esercitare anche una leadership politica nel continente. Il che si è tradotto in due passi importanti: all’interno dell’Unione, l’erogazione di nuovi flussi di moneta atti a dinamizzare le economie prostrate dal lockdown; verso l’esterno, s’è approfondito il distanziamento con gli USA mentre s’è profilato un riavvicinamento alla Russia anche su piano formale, con la prospettiva di superare la politica sanzionatoria stabilita dopo l’annessione da parte di questa della Crimea nel 2014.
6 I rapporti con la Cina
Uno spazio economico europeo come quello auspicato da De Gaulle, “dall’Atlantico agli Urali”, non potrebbe che giovarsi della politica cinese “One belt One road” mirante a favorire gli scambi commerciali non solo via mare ma anche via terra tra Asia e Europa. Questo ovviamente non farebbe che rafforzare ulteriormente la già forte posizione cinese nel mondo e rispettivamente indebolire quella statunitense.
A conseguenza di questa prospettiva, gli USA tendono da un lato a sfavorire l’Unione e dall’altro a favorire i contrasti con la Cina. Non a caso le tensioni su Hong Kong di questi ultimi mesi sono visti dagli USA, e dalla Gran Bretagna, come uno strumento per indebolire la Cina.
7 Taiwan sarà l’Afghanistan della Cina?
Tra maggio e giugno 2020 s’è infittito il passaggio di navi militari cinesi e statunitensi nel Mar cinese meridionale, in particolare nello stretto di Taiwan. Si respira un’atmosfera prebellica, poiché la Cina insiste nell’affermazione che Taiwan è territorio cinese. Dal punto di vista degli Stati Uniti trumpiani le tensioni su Taiwan sono un’ottima occasione per imbrigliare la Cina in un conflitto locale che la indebolirebbe e potrebbe portare allo sviluppo di tensioni al suo interno. Si potrebbe riproporre quanto avvenne alla fine degli anni ’80 nell’Unione Sovietica, che dopo aver tanto speso per l’invasione in Afghanistan, si trovò nella condizione di debolezza che portò alla caduta del regime.
8 Il mistero Xi Jinping
Non è chiaro perché il presidente cinese Xi Jinping sia stato eletto per un terzo mandato, cambiando ad hoc la consuetudine invalsa dalla morte di Mao in poi che ha consentito alla Cina l’impressionante evoluzione di questi ultimi decenni. Il fatto è che la Cina di Xi ha assunto una politica estera più aggressiva, e questo favorisce specularmente l’atteggiamento aggressivo intrinseco alla politica estera statunitense. Se Trump non fosse rieletto forse qualcosa potrebbe cambiare da parte statunitense, ma cambierà da parte cinese?
9 Nuove prospettive belliche?
Se mai scoppierà una terza guerra internazionale, questo avverrà nel Mar cinese meridionale: è un fatto da tempo noto. Forse dal punto di vista statunitense potrebbe essere previsto come un conflitto di rilevanza globale ma di estensione locale, come furono i conflitti in Corea e in Vietnam. Le tensioni sui confini tra India e Cina emerse da fine maggio 2020 dimostrano come difficilmente un eventuale conflitto nel Mar cinese meridionale si potrà contenere.
10 La risposta al coronavirus
L’impoverimento delle economie di tutti i Paesi a seguito del coronavirus genera tensioni sociali ovunque. E tali tensioni, come quelle scatenatesi negli USA col caso di George Floyd, possono essere esacerbate o essere indirizzate alla ricerca di rapporti collaborativi più stretti, come sta avvenendo nell’Unione Europea. Nel primo caso facilmente le tensioni interne si riversano anche all’esterno e favoriscono conflitti internazionali. Nel secondo caso la UE assumerebbe un ruolo sempre più importante nel mondo e questo consentirebbe all’Europa di diventare ancora esportatore di civiltà.
11 La Russia
In quest’ultimo caso rilevante sarebbe il ruolo della Russia di Putin. Questa sinora, a seguito delle tensioni post-annessione della Crimea, ha favorito i movimenti “sovranisti” in funzione anti UE – esattamente come hanno fatto gli USA di Trump. Con la nuova politica aperturista della Germania della Merkel 2020, la Russia putiniana potrebbe abbandonare la politica di sostegno al sovranismo populista e rientrare nell’alveo di una diplomazia collaborativa con l’UE.
12 Elezioni USA
Il coronavirus ha dimostrato come il mondo sia un tutto inestricabilmente e inevitabilmente interconnesso. Anche se il peso degli USA nel mondo multipolare che si va configurando tende a essere sempre minore, le elezioni del novembre 2020 avranno un peso importante nel mondo.
A questo punto non resta che auspicare che l’opzione più grettamente militarista sia sconfitta. E che gli USA tornino a una politica internazionale fondata su rapporti diplomatici miranti alla ricerca delle intese, non dello scontro. Questo consentirebbe anche alla Gran Bretagna post-Brexit di mantenere quel buon rapporto con la UE.
Quel rapporto che l’opposta logica, implicita nelle dichiarazioni di Dearlove, tenderebbe ad abbandonare.
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