di Leonardo Servadio

Recentemente il Presidente statunitense Donald Trump ha rilevato che gli oppiacei sono divenuti una piaga troppo diffusa negli Stati Uniti. Da sempre usati soprattutto nel caso dei conflitti per “convincere” i soldati a farsi avanti sotto il fuoco nemico, una ricerca pubblicata da Norman Ohler nel 2015 (“Blitzed“) ha dimostrato come l’apparato gerarchico del nazismo, da Hitler in giù, alimentasse le sue grandiose fantasie belliche e il suo disumano fanatismo scervellato proprio con l’uso delle droghe. Com’è noto i seguaci di Hasan-i Sabbah (il Vecchio della Montagna), ovvero la setta degli Assassini attiva tra Persia e Siria nell’XI secolo in particolare, solevano compiere uccisioni in pubblico per poi tranquillamente lasciarsi a loro volta uccidere: gli si attribuiva un forte consumo di hashish (questa sarebbe una possibile origine del nome “assassino” dato a loro e da lì giunto alla nostra lingua).

Dalla fine degli anni ’60 del ‘900 in particolare l’uso di oppiacei (v. morfina ed eroina) s’è diffuso a seguito della guerra in Vietnam: vuoi tramite i soldati americani che prendevano a consumarne in situ in funzione antidolorifica, vuoi perché gli apparati paramilitari statunitensi la diffondevano per procurarsi i denari con cui compiere operazioni coperte.

In modo simile, all’epoca della guerra contro i Sandinisti in Nicaragua, una triangolazione tra Iran e Israele patrocinata dall’intelligence statunitense usò il commercio di droga per finanziare gli armamenti passati ai Contras dall’Amministrazione Reagan.

Insomma, il legame tra diffusione di droghe e guerre sembra piuttosto evidente.

Anche perché la droga muove parecchio denaro e lo muove in modo nascosto, “over the counter” per così dire, come parte cospicua dei traffici di armi. Proprio dai primi anni ’70 si parla di narcodollari, oltre che di petrodollari. Ma oltre alle cosche criminali dedite alla produzione e allo spaccio di droghe, anche alcune Case farmaceutiche si sono da tempo gettate nel business. E tra giovani dall’identità incerta ma entusiasti di esperienze psicotropiche e controculturali, manager fanatizzati dagli effetti energizzanti di cocaina e simili, habitué dei banchetti della high society, e militari e reduci che sono stati portati al consumo di droghe sui campi di battaglia così ben coltivati dalla politica estera statunitense (in particolare, ma non è che i militari sovietici fossero da meno, almeno nella loro esiziale avventura in Afghanistan), ecco che ci si ritrova con società dove, per quanto in modo nascosto, il numero di consumatori di droghe cresce e ben accompagna il loro decadere civile, morale, culturale: l’occidente sembra voler così render giustizia del proprio nome. Disarticola tradizioni e culture proprie, mentre sorge a oriente il nuovo astro cinese (e pensare che l’Impero Britannico volle sottomettere la Cina a metà ‘800 proprio con l’oppio! E, dopo averla forzosamente assorbita, le “mafie” cinesi sono state tra coloro che si sono più impegnati a diffondere droghe in occidente attorno agli anni ’60).

Dunque eccoci ora con un’immane economia fondata sulle droghe. Tanto che queste sono propagandate apertis verbis in alcuni casi. Lo denuncia la senatrice statunitense Claire McCaskill (democratica del Missouri), che avverte come le campagne propagandistiche condotte da industrie farmaceutiche produttrici di droghe (e non solo negli Stati Uniti, ma anche altrove) siano in grado di influenzare l’opinione pubblica: di alimentare una cultura della droga, usando come argomento che si tratta di analgesici. E in effetti, l’oppio ha effetti analgesici. Ma altro è usarne in certe specifiche circostanze (lo si dà per esempio ad alcuni malati terminali), altro abusarne come sistema.

Promuoverne l’abuso, comunque lo si rigiri, è significa di fatto muovere guerra alla nostra civiltà.

Riportiamo al riguardo parti di un articolo pubblicato da The Center for Public Integrity il 16 febbraio 2018, dal titolo “Opioid makers paid millions to advocacy groups that promoted their painkillers amid addiction epidemic” a firma di Matthew Perrone e Geoff Mulvihill:

Companies selling some of the most lucrative prescription painkillers funneled millions of dollars to advocacy groups that in turn promoted the medications’ use, according to a report released Monday by a U.S. senator. The investigation by Missouri’s Sen. Claire McCaskill sheds light on the opioid industry’s ability to shape public opinion and raises questions about its role in an overdose epidemic that has claimed hundreds of thousands of American lives. Representatives of some of the drugmakers named in the report said they did not set conditions on how the money was to be spent or force the groups to advocate for their painkillers.

The report from McCaskill, ranking Democrat on the Senate’s homeland security committee, examines advocacy funding by the makers of the top five opioid painkillers by worldwide sales in 2015. Financial information the companies provided to Senate staff shows they spent more than $10 million between 2012 and 2017 to support 14 advocacy groups and affiliated doctors.

The report did not include some of the largest and most politically active manufacturers of the drugs.

The findings follow a similar investigation launched in 2012 by a bipartisan pair of senators. That effort eventually was shelved and no findings were ever released.

While the new report provides only a snapshot of company activities, experts said it gives insight into how industry-funded groups fueled demand for drugs such as OxyContin and Vicodin, addictive medications that generated billions in sales despite research showing they are largely ineffective for chronic pain.

“It looks pretty damning when these groups were pushing the message about how wonderful opioids are and they were being heavily funded, in the millions of dollars, by the manufacturers of those drugs,” said Lewis Nelson, a Rutgers University doctor and opioid expert.

The findings could bolster hundreds of lawsuits that are aimed at holding opioid drugmakers responsible for helping fuel an epidemic blamed for the deaths of more than 340,000 Americans since 2000.

(…)

U.S. deaths linked to opioids have quadrupled since 2000 to roughly 42,000 in 2016. Although initially driven by prescription drugs, most opioid deaths now involve illicit drugs, including heroin and fentanyl. (…)

Perrone and Mulvihill report for The Associated Press

source: https://www.publicintegrity.org/2018/02/12/21567/

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