Ci sono modalità, comportamenti, atteggiamenti, che si rincorrono nel corso della storia: non identici, ma riproducendo schemi di azione sia sul piano individuale sia sul piano collettivo. È come se l’essere umano nel suo procedere nel tempo fosse sempre collegato e limitato da correnti di energia che finiscono per delimitarne i comportamenti in ragione delle esperienze pregresse e delle acquisizioni culturali che ne conformano il pensiero e pertanto anche la capacità di reagire alle condizioni date. Le quali a loro volta tendono a riprodursi in modalità non molto dissimili pur nel variare dei contesti temporali.

Posta tale premessa, nell’osservare, per così dire, “a volo d’uccello” due momenti tra loro distanti nel tempo, quali il momento in cui fu rapito e assassinato il presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro tra il 16 marzo e il 9 maggio 1978 e il momento in cui la Russia decise di invadere militarmente l’Ucraina, dal 22 febbraio 2022 in poi, si trovano singolari analogie che parlano del rinascere della guerra fredda.

Bipartitismo imperfetto

Com’è noto, Aldo Moro fu rapito dalle Brigate Rosse (BR) il giorno in cui il Parlamento avrebbe votato il quarto governo di Giulio Andreotti, nel quale per la prima volta si prevedeva la partecipazione attiva del Partito Comunista Italiano (PCI): già il governo precedente (il terzo di Andreotti) era di fatto stato sostenuto dal PCI con la “non sfiducia”, ma col nuovo governo la cui costituzione era stata negoziata da Moro, il PCI sarebbe passato al sostegno attivo, e questo in prospettiva avrebbe potuto portare a un vero e proprio ingresso nella stanza dei bottoni della leadership politica italiana.

Era una riproposizione della politica con la quale nel periodo 1962-63 la DC aveva manovrato per far entrare nel governo il Partito Socialista Italiano (PSI), che quattordici anni prima, nel 1948, aveva invece partecipato al Fronte popolare col PCI nell’intento di portare in Italia un governo socialcomunista che l’avrebbe attirata nell’orbita sovietica.

Tutto questo avveniva sullo sfondo di quelli che si presentavano come lo scontro-intesa tra le due superpotenze per la spartizione dell’Europa in sfere di influenza. La logica di queste essendo che pure in un contesto di tensione si intendeva che al di là di quella che Churchill chiamò la “cortina di ferro” l’Unione Sovietica (URSS) aveva mano libera, così come gli USA dominavano in Europa occidentale. Riprove di tale situazione sono stati il colpo di stato sovietico a Praga nel 1948, l’invasione sovietica in Ungheria nel 1957, l’erezione del muro di Berlino nel 1961 per evitare la fuga a occidente di sudditi dell’impero sovietico, l’invasione sovietica della Cecoslovacchia nel 1968 in cui la violazione della sovranità nazionale da parte dell’URSS non portò a particolari reazioni da parte degli USA. E entro tale logica spartitoria emersa come conseguenza dei risultati della seconda guerra mondiale, la Germania restava divisa in due, la cosiddetta Repubblica Democratica Tedesca sotto la dittatura sovietica a est e la Repubblica federale controllata da USA, Gran Bretagna e Francia a ovest.

L’Italia non era divisa in due a livello territoriale, ma era divisa in due sul piano politico: col suo Partito Comunista che contava oltre due milioni di membri e un parco voti che si aggirava attorno al 30 percento, di poco inferiore a quello della Democrazia Cristiana, che costituiva una minaccia pressante e continua per via della sua storia ancorata a quella dell’URSS e al movimento comunista internazionale da questa egemonizzato. In Italia si era costituito quello che Giorgio Galli chiamò “bipartitismo imperfetto”: c’erano due partiti di simile potenziale elettorale, DC e PCI, più o meno come il partito Democratico e quello Repubblicano negli USA, ma qui in Italia per via dei suoi legami con Mosca non era accettabile che il PCI arrivasse al potere.

Il caso Moro

Andreotti fu scelto da Aldo Moro per dirigere il governo che vide l’astensione del PCI nel 1976 e ancora nel 1978 per guidare il primo governo che avrebbe visto la partecipazione attiva del PCI, perché egli era rassicurante per gli Stati Uniti: questi, dall’epoca dei primi governi dell’Italia democratica postfascista, vedevano prima in De Gasperi e poi nel suo successore, Andreotti, il garante dell’adesione dell’Italia all’Alleanza Atlantica (NATO).

Si è molto speculato se il rapimento di Aldo Moro proprio nel giorno della votazione del governo Andreotti IV sia stato promosso o favorito dagli USA, al fine di evitare che l’Italia scivolasse verso l’URSS una volta che il PCI si avvicinasse al potere politico centrale, ch’è il solo depositario della politica estera e della sicurezza (a un livello inferiore e puramente amministrativo già il PCI partecipava a vari governi locali).

Vi sono diversi indizi che Aldo Moro si fosse sentito minacciato nel corso di un incontro con l’ex segretario di stato USA, Henry Kissinger, avvenuto qualche mese prima del rapimento. Sinora non sono venute alla luce prove che corroborino in modo evidente l’ipotesi che l’azione delle BR sia stata pilotata dai servizi segreti occidentali, seppure alcuni indizi lascino supporre che sia possibile che questi l’abbiano indirettamente favorita (quali per esempio l’uso da parte delle BR di una tipografia usata anche da tali servizi, il fantomatico caso della seduta spiritica bolognese in cui emerse il nome di Gradoli portando le forze della sicurezza a investigare il paese con quel nome invece della via di Roma a esso intitolata dove effettivamente era tenuto il prigioniero delle BR)

Tuttavia val la pena evidenziare che non è mai stata presa in seria considerazione l’altra ipotesi, cioè che l’azione delle BR sia stata pilotata dai servizi segreti sovietici, al fine di evitare che il PCI si distaccasse definitivamente da Mosca così come aveva fatto li PSI nel 1963. Con la “occidentalizzazione” del PCI Mosca infatti avrebbe perso la sua longa manus in Italia.

Del resto le Brigate Rosse erano autenticamente comuniste, non solo nell’ideologia che le animava e nell’odio verso il mondo capitalista occidentale, ma anche sul piano militare: erano state addestrate nel campo di Karlovy Vary, vicino a Praga, diretto dal KGB. Come s’è visto esser stato pure il caso degli aderenti alla Baader Meinhof in Germania (Rote Armee Fraktion – RAF), si consideravano operatori del movimento comunista internazionale. E a riprova di questa loro intenzione politica le BR scrissero nel primo comunicato diffuso subito dopo il rapimento di Moro: “Chi è Aldo Moro è presto detto: dopo il suo degno compare De Gasperi, è stato fino a oggi il gerarca più autorevole, il teorico e lo stratega indiscusso di questo regime democristiano che da trenta anni opprime il popolo italiano. Ogni tappa che ha scandito la controrivoluzione imperialista di cui la Dc è stata artefice nel nostro Paese – dalle politiche sanguinarie degli anni Cinquanta alla svolta del centrosinistra fino ai giorni nostri con l’accordo a sei – ha avuto in Aldo Moro il padrino politico e l’esecutore più fedele delle direttive impartite dalle centrali imperialiste”. 

Quindi, le BR consideravano Moro un nemico da abbattere in quanto responsabile di aver attirato il PSI nell’orbita occidentale tramite il centrosinistra e di voler compiere la stessa operazione verso il PCI, strappandolo all’orbita moscovita. E il termine “gerarca”, nel senso di “fascista”, attribuito a Moro, ovvero a uno di coloro che sono stati garanti della condizione democratica dell’Italia postbellica, di per sé è ben esplicativo. Da sempre il movimento comunista ama definirsi “democratico” in quanto contrapposto all’imperialismo che è considerato nella sua propaganda come elemento caratteristico dell’Occidente. La Germania Est era “democratica” perché dominata da Mosca e non dagli alleati occidentali.

Allo stesso modo oggi Putin, erede conclamato e orgoglioso di Stalin, bolla come “nazista” coloro i quali considera nemici: la “operazione speciale” con la quale ha invaso l’Ucraina è presentata come un’operazione per liberare quel territorio dalla presenza “nazista” e diligentemente coloro i quali lo sostengono ne ripetono le affermazioni.

Il cadavere di Moro, come i tanti cadaveri lasciati dalla guerra in territorio ucraino, sono i simboli di una tendenza all’indipendenza che viene sistematicamente soffocata.

3 aprile 2022. Civili coi polsi legati, uccisi dalle truppe russe in una cantina a Bucha. Foto di Військове телебачення України – File:Місто_Буча_після_звільнення_від_російських_окупантів.webm, CC BY 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=116665772

Polarizzazione e soppressione in Europa

Nei due casi in questione, il rapimento di Moro e l’invasione dell’Ucraina, siamo di fronte a operazioni che rispondono al possibile sbilanciamento degli equilibri tra le due superpotenze. Perché è chiaro che con Putin la Russia ha ripreso il suo ruolo da superpotenza e per conseguenza è tornata a operare a livello internazionale secondo la stessa logica che vigeva nell’URSS: cercare di allargare il proprio campo di influenza sia sul piano ideologico-propagandistico sia sul piano militare, pur mantenendo aperti canali di comunicazione con l’altra superpotenza, gli USA, verso la quale accetta un equilibrio metastabile di forze.

Nelle mutate condizioni geopolitiche attuali, il problema per entrambe, Russia e USA, è – era – l’emergere dell’Europa unita come regione dotata di un potere indipendente. Coi suoi oltre 500 milioni di abitanti, e coi suoi alti livelli tecnologici, l’Unione Europea è – era – potenzialmente la più grande potenza industriale del mondo, soprattutto perché, a differenza degli Stati Uniti, non si è lasciata invischiare totalmente nella politica della deindustrializzazione e delocalizzazione.

E prima che prendesse corpo l’invasione russa in Ucraina, si stava progressivamente allontanando dagli USA – come avrebbe fatto nel ’78 l’Italia con un governo che fosse giunto a includere il PCI. Sul piano dei rifornimenti energetici, i gasdotti North Stream I e II avrebbero certamente legata l’Europa alla Russia, ma grazie alle altre fonti non in modo esclusivo e certamente sarebbe stata più indipendentemente dagli USA. Grazie alla politica lanciata dall’amministrazione Trump, di allontanare gli USA dalla NATO, l’Europa avrebbe intrapreso un cammino di maggiore indipendenza sul piano militare. Questa politica che mirava a ottenere l’indipendenza continentale è stata ulteriormente favorita dalla Brexit: la Gran Bretagna essendo sempre rimasta l’elemento privilegiato dell’influsso della finanza angloamericana in Europa.

Ma con l’invasione russa in Ucraina le speranza di rendere l’Europa più autonoma dagli USA è stata soffocata. Come col rapimento di Moro è stata affossata la politica che mirava a rendere l’Italia indipendente dal giogo di entrambe le superpotenze, così oggi l’invasione russa in Ucraina e le conseguenti manovre occidentali hanno affossato, almeno per il futuro prevedibile, la possibilità per l’Europa di crescere in modo autonomo.

Putin dice di voler favorire un mondo multipolare. In realtà con la sua politica bellica ha favorito il ritorno al bipolarismo, con l’unica differenza che ora la Cina gioca un ruolo ben più cospicuo di quel che giocava al tempo della prima guerra fredda, per via del suo attuale peso economico, tecnologico e strategico. Né è necessario che vi siano intese esplicite tra USA e Russia nel portare avanti la politica di divisione del mondo in sfere di influenza: fa parte del loro genoma – pur con tutte le resistenze interne che questo provoca, negli USA in modo evidente, favorito dalla libertà di espressione, in Russia in modo latente, soffocato dall’abitudine al controllo poliziesco della popolazione.

Dunque, una nuova guerra fredda? Diverse condizioni sono mutate. La cultura “woke” con tutte le sue diramazioni, associata al liberismo estremo che oggi corrode all’interno in particolare il mondo occidentale non c’era nei primi decenni seguiti al secondo postguerra.

Come sempre quando ci si trova di fronte a due posizioni contrapposte, la tendenza è di assumere l’una o l’altra parte: per solito, riconosciuti i difetti della propria (riconoscere i difetti della propria parte è sempre più facile che riconoscere quelli dell’altra parte, com’è noto l’erba del vicino è sempre più verde), si suppone per automatismo logico che l’altra parte abbia ragione per il semplice fatto di contrapporsi alla propria. Nelle contrapposte posizioni, per estreme che siano, c’è sempre qualche ragione ragionevole: da parte USA estendere i regimi democratici sotto la protezione NATO, da parte russa difendere i propri confini dall’aggressione imperialista.

Un’altra possibilità?

Ora, grazie alla guerra in Ucraina, l’Europa è ricaduta completamente nelle mani degli USA. Così come, nell’Italia del 1978, eliminato Aldo Moro la marcia verso il superamento del “bipartitismo imperfetto” fu definitivamente interrotta. E così come nel 1950 la guerra di Corea segnò il definitivo consolidarsi della guerra fredda.

Resta il fatto che a fronte dei due estremi contrapposti vi sono sempre altre possibilità. La questione è se l’Europa sia in grado di riconoscere l’esistenza di tali altre possibilità.

Per ora questa opzione non compare all’orizzonte, grazie alla scelta di seguire pedissequamente la cultura “woke” propalata da oltre oceano, invece della corrente mainstream di stampo cristiano che ha caratterizzato la storia europea dall’epoca della caduta dell’impero romano in poi. Siamo all’inizio della nuova guerra fredda, e non se ne intravvede la fine. Almeno per ora.

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