L’architettura parlata spesso lascia il tempo che trova. La corrispondenza tra le dichiarazioni dei progettisti, che spesso tendono a sconfinare sul terreno della filosofia, e le loro realizzazioni pratiche in forma di costruzioni, di solito è evanescente. Questo anche perché l’architettura parlata in molti casi nasconde un’intenzione affatto diversa da quella dell’analisi o della critica: e si tratta in realtà di propaganda.
Tenendo questo a mente, si nota subito come il volume “FKS Riflessi Riflessioni” suoni una musica diversa. L’architettura è vista non solo attraverso gli occhi di uno dei suoi protagonisti italiani più in vista nel mondo, Massimiliano Fuksas, ma attraverso l’interezza della sua persona. Con tutte le sue complessità e anche la sua chiarezza umana.
Quando apparve la prima edizione di questo libro-intervista, la presentazione che ne fece la rivista l’Espresso tendeva a evidenziare un aspetto: l’importanza che Fuksas attribuisce al cinema e ad alcuni film in specifico, nello stimolare il suo pensiero e la sua creatività. Certamente il rapporto tra cinema e architettura ha una notevole rilevanza. Ma non c’è nulla che rientri nel campo cognitivo, estetico, funzionale, culturale, che non vada a costituire un elemento potenzialmente significativo in quell’insondabile deposito che è la personalità. E proprio dalla personalità dell’autore deriva la validità, e anche in gran parte il significato, dell’opera.
Per questo è molto rilevante che nel volume “FKS Riflessi Riflessioni” si sviluppi un dialogo approfondito, a tuttotondo, sulla personalità di Fuksas, sulla sua genesi familiare, sul suo percorso culturale, sulla sua sensibilità artistica e, anche, sul suo atteggiamento filosofico.
Quel nesso che si può chiamare il caso e la necessità, o che può essere inteso come provvidenza o come destino, vi si ravvisa estrinsecarsi in una evoluzione dinamica che dà conto di uno specifico approccio al progetto. In cui il gesto scultoreo si manifesta con espressioni consone agli sviluppi tecnologici correnti ma anche in linea con una prospettiva storica lunga: non effimera, non fondata sul tentativo di imporsi sul momento magari senza tener conto di quanto precede e quanto segue nell’evoluzione del tempo.
L’architettura dialogata proposta in questo volume è anzitutto espressione di un’avventura umana, di un percorso di vita esposto con onestà e senza infingimenti o paraventi.
Non a caso Massimiliano Fuksas è stato uno dei pochissimi progettisti contemporanei italiani apprezzato da Bruno Zevi, che è stato il maggiore critico italiano dell’architettura. E non a caso la rubrica che questi curava per l’Espresso è stata ereditata proprio da Fuksas.
A dimostrazione che v’è una concreta possibilità di parlare di architettura senza svariare nell’ipocrisia prevalente. Ipocrisia che tra l’altro si ritrova pari pari in quei porgetti che vivono di inganno e di nascondimento: facciate che in nulla corrispondono al “contenuto” dell’edificio, arzigogoli strutturali laboriosamente studiati da stuoli di ingegneri per cercare di far stare in piedi edifici pensati come gesti astratti e lontani non solo dal contesto, ma anche dalla necessità statica.
Così come il racconto della sua vita, della sua carriera, della sua ricerca intellettuale che si dipana nel volume, nel volume si raccontano le architetture di Fuksas, con le loro trasparenze e la loro ricerca di riflessi.
Il cui scopo è di collocare il costruito in un insieme più vasto: renderlo amico del cielo, associarlo ai bagliori del sole e alle ombre delle nuvole che passano, ai mille racconti fantastici che nascono di palpiti sommessi delle superfici d’acqua in cui si specchiano e si trasfigurano gli elementi architettonici.
Più che un libro di architettura o sull’architettura, più che un racconto biografico, “FKS Riflessi Riflessioni” è la porta che consente di accedere a un mondo che è a un tempo fantastico e concretissimo.
Quello dei progetti di uno dei maggiori testimoni dell’epoca nostra.
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