di Domenico Poeta
Dopo la guerra di Crimea, nel 1856, Tolstoj mette mano al suo romanzo principale, “Guerra e pace”.
Dall’incontro con gli ufficiali francesi, figli della rivoluzione repubblicana, erano arrivate in Russia nuove idee. Tolstoj riavvolge il nastro al 1805 e riparte dalla campagna napoleonica in Russia vinta in maniera schiacciante da quest’ultima, grazie alla resistenza passiva scelta dal generale Kutuzov fiducioso nel generale inverno che di fatto ebbe la meglio sulla Grande Armée la quale collassò disastrosamente e si disperse in una ritirata che decimò l’esercito francese in mezzo alla neve e al ghiaccio.
Non collassarono quelle idee repubblicane che sarebbero risuonate nella cultura russa da sempre segnata da un carattere estremo e avrebbero portato a visioni più messianiche come quelle di Bakunin, all’anarchismo cristiano dello stesso Tolstoj, all’anarco-comunismo di Kropotkin.
Uno starnuto a Parigi potrebbe provocare un terremoto a San Pietroburgo. E così fu anche per la rivoluzione d’ottobre che non avvenne a Parigi né a Bruxelles, né a Londra dove vissero e operarono Marx e i suoi compagni, ma avvenne proprio là, in Russia, esattamente a partire da San Pietroburgo, la città di Vladimir Putin.
C’è un filo rosso e d’oro che unisce oriente ed occidente e non partire da lì e parlare solo di armi, di gas e di economia è asfissiante. Tolstoj cerca continuamente di non perdere di vista quel filo come orientamento e diventa una figura di riferimento per tutta l’umanità.
Adesso ci sarebbe da definire il confine tra Russia e Ucraina e il ruolo delle province russofone da secoli contese tra gli imperi e i regimi che si sono succeduti in quella regione. Non è la prima volta che accade e di solito una soluzione pacifica e democratica si è trovata per superare la rabbia, la paura, l’orgoglio, la violenza, l’ingiustizia, l’irredentismo, il sospetto, l’umiliazione, tutti veleni che alimentano la guerra.
L’ultima guerra potrebbe veramente passare alla storia come l’ultima se non alziamo l’asticella.
Putin è un ex militare e ragiona con grande fiducia nel potere delle armi. Anna Politkovskaja aggiungeva l’aggravante che Putin non ha mai avuto incarichi professionali di vertice a Mosca e che la presa del potere centrale, sopratutto dopo la seconda elezione, gli ha dato alla testa. Noi non abbiamo migliorato la situazione e non siamo stati migliori di loro per uscire dalla logica del potere, del denaro, della violenza, dell’egemonia.
Mentre il mondo brucia e forse lo potremmo ancora salvare se uniti in quell’azione pacifica e comune implorata da Tolstoj, noi siamo qua a discutere ciecamente di armi, di gas e di economia di guerra.
Non ci sarà pace finché saremo latitanti su queste idee, su queste azioni, su questo livello di politica.
Cosa posso fare nel mio piccolo? Posso iniziare a cambiare la mia relazione con il potere del denaro, con l’ingiustizia, con il gas e con la violenza, con gli altri, con le ingiustizie di tutti i giorni, quelle stesse cose che in scala planetaria portano alla guerra.
La profezia di Tolstoj potrebbe avere un seguito. Mi manca tanto Tolstoj in questo tempo di appiattimento sul passato. Possiamo rompere il muro di silenzio estremo che ci circonda con piccole azioni altrettanto estreme e pacifiche di ascolto, di gratuità, di accoglienza, di aiuto, a tutti i livelli. La pace oggi è nelle nostre mani, come sempre, iniziando da dove siamo e promuovendo con ogni mezzo il risveglio dei potenti.
Scrivo questo articolo sapendo che è una goccia nel fiume d’inchiostro che scorre ogni giorno in tutto il mondo. Scrivo con profonda speranza, con la fiducia che anche la parola ha una sua efficacia e non dobbiamo mai rinunciarvi.
e-mail: dondomenicopoeta@gmail.com
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