Dal 1948, dopo la proclamazione di un proprio stato indipendente, Israele ha condotto diverse guerre vittoriose contro gli stati arabi che hanno avuto come risultato quello di espellere da quel territorio 700mila palestinesi (oggi sono diventati diversi milioni). Dopo la guerra del 1967 Israele ha occupato stabilmente alcune zone come la Striscia di Gaza, Gerusalemme est, le alture del Golan e la riva occidentale del fiume Giordano chiamata West Bank o Cisgiordania. In questo modo lo stato ebraico si è trovato a controllare territori con milioni di abitanti palestinesi e li gestisce con il brutale pugno di ferro dell’esercito. Sono stati scritti migliaia di articoli e saggi sull’irrisolta questione palestinese ma nessuno ci aiuta a capire la realtà sul campo come le immagini di un documentario che ci fa vedere in modo diretto e senza filtri la crudeltà inumana dell’occupazione israeliana.

No Other Land è stato girato da un collettivo di quattro registi, due palestinesi (Basel Adra e Hamdam Ballal) e due israeliani (Yuval Abraham e Rachel Szor), e mostra con immagini semplici e potentissime cosa succede sotto l’occupazione israeliana della Cisgiordania. Si vedono le incursioni dei coloni in una piccola località chiamata Masafer Yatta, la sistematica distruzione delle case dei palestinesi e l’uso crudele della violenza e dell’assassinio. La ripresa è fatta con una piccola telecamera che filma, in tempo reale, come le truppe di occupazione dello stato ebraico usino le loro enormi ruspe per radere al suolo le case palestinesi e fiancheggino i coloni, che hanno creato i loro insediamenti su terre palestinesi, mentre sfasciano le abitazioni arabe e minacciano i residenti in modo che se ne vadano da aree che occupano da secoli. In italiano questa politica si chiama “pulizia etnica” ed è considerata un crimine dalla legge internazionale.

Due pesi e due misure

Le parole degli studiosi e degli analisti non potranno mai farci capire in modo adeguato la situazione come le immagini di questo splendido e terribile documentario. Una delle scene più efficaci è la ripresa di una bambina di circa otto anni, inquadrata di profilo mentre osserva pietrificata le enormi ruspe israeliane che abbattono la sua casa, il soggiorno, la cucina, la sua stanzetta con i suoi pelouche. Le lacrime le scendono lentamente sulle guance paffute mentre osserva l’orrore, ma non profferisce parole, subisce in silenzio. Un altro evento che colpisce molto è la distruzione della scuola locale. Mentre il maestro sfa facendo lezione ai bambini, arriva l’esercito con le ruspe, fa uscire tutti e abbatte l’edificio sotto lo sguardo attonito dei bambini. Un’altra scena, la più terribile, mostra l’arrivo al villaggio di una squadra di coloni, volto coperto, fisico palestrato e mitra a tracolla. Cominciano a sfasciare le abitazioni arabe e i militari presenti, che sarebbero tenuti a proteggere i civili, osservano senza muovere un dito. Un palestinese si avvicina al gruppo e protesta con veemenza. Un colono lo affronta e gli spara allo stomaco senza dire una parola, poi se ne va tranquillamente. Il palestinese colpito morirà due giorni dopo.

Il documentario è stato girato nell’arco di cinque anni, dal 2019 al 2023, e mostra a coloro che vogliono vedere l’atroce ipocrisia della nostra società, sviluppata e benpensante, che tratta i palestinesi, tutti i palestinesi, come terroristi che minacciano l’esistenza stessa dello stato di Israele. Le immagini documentano il lavoro di Basel Adra e di altri attivisti per opporsi alla distruzione del villaggio di Masafer Yatta, e incorporano anche filmati d’archivio girati dalla famiglia Adra nell’arco di vent’anni. Vediamo Basel bambino che gioca con i fratelli, studia con impegno riuscendo addirittura a laurearsi in legge ma non può usare il suo titolo perché nell’area “C” della Cisgiordania dove vive, sotto il completo controllo dell’esercito israeliano, un palestinese non ha opportunità di lavoro che non siano quelle del pastore, del muratore o dell’operaio. Basel vede suo padre, il benzinaio del villaggio dove vive, entrare e uscire di galere perché continua a protestare contro i soprusi che i locali devono subire da parte delle truppe d’occupazione e dei coloni.

Una ruspa appartenente all’esercito distrugge una struttura che, secondo le autorità, era usata in attività terroristiche (Foto https://he.wikipedia.org/wiki/%D7%A7%D7%95%D7%91%D7%A5:IDF-D9-demolishes-terrorist-structure-01.jpg)

Con la sua piccola cinepresa, Basel documenta in svariate occasioni l’arrivo di Ilan, un perito israeliano incaricato di sovrintendere all’espulsione, che consegna l’ordine delle autorità israeliane e poi lascia che le ruspe demoliscano tutto. Ilan rimane totalmente indifferente ai pianti e alle suppliche dei palestinesi che perdono la loro casa, i loro ricordi, una parte importante della loro vita. Gli sfrattati hanno poco tempo per portare fuori poche suppellettili, i materassi e poi assistere alla distruzione di quella che chiamavano casa. I palestinesi sono gente semplice, con il recinto dove tengono le galline e, in alcuni casi, le loro capre. Vivono da secoli in una zona brulla e aspra, dove la vita è molto dura e la natura offre pochissimo ma, nondimeno, quell’area inospitale è la loro patria e intendono rimanerci, nonostante tutto. Protestano pacificamente ma non hanno strumenti per opporsi a una vera e propria ingiustizia. Israele viola da decenni  le leggi internazionali, ha subìto decine di condanne da parte dell’ONU ma continua impunemente a violare i diritti palestinesi nelle aree occupate perché, evidentemente, i cittadini israeliani sono “più uguali degli altri” e i loro soprusi e violenze vanno semplicemente accettati.

Il film termina con una didascalia che ci informa che il lavoro è stato ultimato prima degli attacchi terroristici di Hamas del 7 ottobre 2023, dopo il quale le violenze e le demolizioni dell’esercito e dei coloni si sono intensificate creando una situazione in cui non è più possibile vivere e, da allora, un numero crescente di famiglie ha abbandonato Masafer Yatta. Oltre alle demolizioni, il documentario ci mostra con immagini molto crude come si fa a scacciare gli abitanti locali della loro terra. Arriva il solito funzionario con un ordine del governo israeliano che dichiara “illegale” il pozzo d’acqua del villaggio. Una betoniera sigilla l’area da cui si preleva l’acqua con grandi colate di cemento, rendendo impossibile a uomini e animali di abbeverarsi. Vengono poi tagliate le condutture che portavano l’acqua per costringere gli abitanti ad andarsene.

I premi

No Other Land ha vinto il premio come migliore documentario al 74° Festival di Berlino ed è rientrato nel gruppo ristretto delle pellicole candidate all’oscar. Il 26 febbraio 2024, durante il suo discorso di accettazione del premio, il co-regista israeliano Yuval Abraham ha dichiarato: «Io e Basel abbiamo la stessa età. Io sono israeliano, Basel è palestinese. E tra due giorni torneremo in una terra dove non siamo uguali. Io sono sottoposto al diritto civile, Basel al diritto militare. Viviamo a 30 minuti di distanza, ma io posso votare e Basel no. Io sono libero di andare dove voglio, Basel come milioni di palestinesi è rinchiuso nella Cisgiordania occupata. Questa situazione di apartheid tra noi, questa disuguaglianza, deve finire».

Basel Adra ha commentato l’assegnazione del premio dicendo: «La mia comunità, la mia famiglia hanno filmato la cancellazione della nostra società per mano di questa occupazione brutale. Sono qui che celebro questo premio, ma mi è molto difficile mentre decine di migliaia di persone vengono trucidate e massacrate da Israele a Gaza. Masafer Yatta, la mia comunità, sta venendo rasa al suolo da bulldozer israeliani. Chiedo soltanto una cosa alla Germania, visto che mi trovo qui a Berlino, di rispettare la volontà dell’ONU e smettere di mandare armi ad Israele». Ma nessuno ha ascoltato l’appello di Basel. Kai Wegner, sindaco di Berlino, ha vergognosamente accusato il documentario di essere antisemita e si è augurato che lavori di questo genere non trovino più posto all’interno del festival. In una dichiarazione riportata il 27 febbraio 2024 dal britannico Guardian, Abraham affermava che «da figlio di sopravvissuti dell’Olocausto, venire accusato in Germania di antisemitismo per avere chiesto un cessate il fuoco è non solo scandaloso, ma mette letteralmente in pericolo le vite di ebrei». È infatti avvenuto che i suoi genitori in Israele sono dovuti fuggire da casa, dopo che una folla di persone inferocite, si era radunata sotto le loro finestre e lo stesso Abraham aveva dovuto rimandare il suo rientro dopo aver ricevuto minacce di morte.

Basel Adra e Yuval Abraham sono due giornalisti indipendenti che, a differenza della grossa stampa internazionale, hanno deciso di non appiattirsi sulla narrazione ufficiale del governo di Netanyahu che chiama cinicamente “diritto alla difesa” il massacro di decine di migliaia di innocenti. Il loro documentario fa vedere a tutti coloro che non intendono chiudere gli occhi cosa significa, nella pratica di tutti i giorni, vivere sotto il tallone delle truppe di occupazione israeliana. Sono immagini che non vengono mostrate in televisione, che non suscitano lo sdegno di Bernard-Henry Levy ma ci fanno capire che la bambina palestinese che continua a giocare col telefonino, invece di smetterla e dormire come richiede la mamma, è identica alle bambine che incontriamo tutti i giorni. Cosa rispondiamo alla bambina palestinese che dice: «Ma perché distruggete la mia casa e la mia scuola?». No Other Land è un film da vedere per capire, con le emozioni e non solo razionalmente, cosa sta succedendo in Palestina da oltre sessant’anni.

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