di Michela Beatrice Ferri
A quarant’anni dalla morte di Papa Paolo VI, e a poche settimane dalla canonizzazione – che avverrà il 14 Ottobre 2018 – scegliamo di ricordarne la figura ripercorrendo alcuni importanti episodi che testimoniano il legame di amicizia tra il Santo Padre e il mondo cattolico statunitense. Non dimentichiamo che Papa Paolo VI fu il primo dei Pontefici della Chiesa Cattolica a toccare il suolo degli States. Fu il primo Pontefice della storia della Chiesa Cattolica ad avere viaggiato in aereo, e il primo Papa ad avere visitato tutti e cinque i continenti. Alcuni momenti simbolo del dialogo tra Papa Paolo VI e il Nord-America furono: la presenza di Montini Arcivescovo alla Notre Dame University, nel 1960, l’incontro con il Reverendo Martin Luther King nel 1964, e il noto viaggio apostolico nel 1965.
La University of Notre Dame Du Lac, nello stato dell’Indiana, meglio conosciuta come “Notre Dame University” – fondata nel 1842 dal padre francese Edward Sorin della Congregazione della Santa Croce – è uno dei più importanti centri universitari cattolici degli Stati Uniti d’America. La presenza di un’Ambrosiana Microfilm Collection presso il suo Medieval Institute si deve al profondo legame di amicizia tra il cardinale arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini e un brillante studioso che fu Dottore della Veneranda Biblioteca Ambrosiana e che insegnò in questa università: padre Astrik Ladislas Gabriel, canonico regolare premostratense. L’amicizia tra padre Gabriel e l’arcivescovo di Milano nacque proprio nel 1960, quando il cardinale – riconoscendo in padre Gabriel uno studioso di valore – lo nominò Dottore della Veneranda Biblioteca Ambrosiana. Nel 1960 i due ebbero modo di incontrarsi presso la Notre Dame University. Per il cardinal Montini si trattava del suo secondo viaggio negli Stati Uniti d’America, anticipato da quello avvenuto nell’estate del 1951. L’allora rettore della Notre Dame University, il reverendo Theodore Hesburgh, invitò l’arcivescovo di Milano per il conferimento di una laurea honoris causa in studi giuridici. La cerimonia ebbe luogo il 5 giugno 1960, in occasione della festa di Pentecoste, nella O’Shaughessy Hall: assieme al cardinal Montini, il titolo fu conferito al presidente degli Stati Uniti d’America Dwight David Eisenhower, al reverendo Martin John O’Connor, rettore del Pontifical North American College a Roma, a Victor Andres Belaunde, politico cattolico peruviano, all’industriale Joseph Peter Grace, e allo storico Raymond James Sontag di Berkeley, California.
Mercoledì 16 settembre 1964 la Southern Christian Leadership Conference di Atlanta annunciava che Papa Paolo VI avrebbe ricevuto in udienza privata Martin Luther King prima della chiusura del suo tour europeo. Per il mondo, l’incontro tra il pastore protestante di colore e il Santo Padre rappresentava un evento unico, sebbene alcuni lo indicarono come inaccettabile: nonostante le critiche e un tentativo da parte dell’FBI per fare in modo che l’incontro non potesse avvenire, l’episodio contribuì a fare accrescere la rilevanza a livello mondiale di Martin Luther King. Fu così che la sera di Venerdì 18 settembre 1964, nei locali dei Palazzi Apostolici in Vaticano, il Santo Padre Paolo VI incontrò Martin Luther King. Dell’udienza privata durata circa venticinque minuti – in presenza dell’Arcivescovo Paul C. Marcinkus, che rivestì il ruolo di interprete durante il colloquio – rimane la testimonianza del reverendo King. Egli spiegò che Papa Paolo VI promise di attuare una denuncia pubblica della segregazione razziale. Pochi giorni dopo l’udienza del Santo Padre, Martin Luther King riportò alla stampa le seguenti parole: “Pope Paul was very open and forthright in his statements on the situation. He said he was a friend of the Negro people and that he was following our struggle in the United States”. Il Santo Padre aveva rassicurato il reverendo King spiegandogli che il mondo cattolico avrebbe appoggiato la lotta non-violenta contro il razzismo.
Questo incontro non fu la sola occasione che unì le due figure di Papa Paolo VI e del pastore protestante venuto dagli Stati Uniti per incontrarlo: tre giorni dopo l’assassinio di Martin Luther King – il 4 aprile 1968 – la Domenica delle Palme il Santo Padre lo ricordò all’Angelus con le seguenti parole: «Noi abbiamo ricevuto in Udienza, anni fa, questo predicatore cristiano della promozione umana e civile della sua gente negra in terra americana. Sapevamo dell’ardore della sua propaganda; ed anche Noi osammo allora raccomandargli che essa fosse senza violenza ed intesa a stabilire fratellanza e cooperazione fra le due stirpi, la bianca e la negra. Ed egli Ci assicurò che appunto il suo metodo di propaganda non faceva uso di mezzi violenti, e che il suo intento era quello di favorire relazioni pacifiche ed amichevoli tra i figli delle due razze. Tanto più forte è perciò il Nostro rammarico per la sua tragica morte, e tanto più viva è la Nostra deplorazione per questo delitto. Siamo sicuri che voi, con tutta la comunità cattolica di Roma e del mondo, condividete questi sentimenti. Come pure certamente saranno da tutti condivisi i voti che questo sangue spiritualmente prezioso Ci ispira: possa l’esecrando delitto assumere valore di sacrificio; non odio, non vendetta, non nuovo abisso fra cittadimi d’una stessa grande e nobile terra si faccia più profondo, ma un nuovo comune proposito di perdono, di pace, di riconciliazione nell’eguaglianza di liberi e giusti diritti s’imponga alle ingiuste discriminazioni e alle lotte presenti. Il Nostro dolore si fa più grande e pauroso per le reazioni violente e disordinate, che il triste fatto ha provocate; ma la Nostra speranza cresce altresì vedendo che da ogni parte responsabile e dal cuore del popolo sano cresce il desiderio e l’impegno di trarre dall’iniqua morte di Martin Luther King un effettivo superamento delle lotte razziali e di stabilire leggi e metodi di convivenza più conformi alla civiltà moderna e alla fratellanza cristiana. Piangendo, sperando. Noi pregheremo affinché così sia». La Santa Sede dedicò a Martin Luther King una cartolina postale, che reca la data dei Domenica 7 aprile 1968 e che riproduce l’immagine della visita di Martin Luther King a Papa Paolo VI.
Quasi un anno dopo la tragica scomparsa, il 15 gennaio 1969 Papa Paolo VI ricevette in udienza la vedova del reverendo King, Coretta Scott: nelle sue parole il Santo Padre ricordò che il riconoscimento e l’istituzione in tutto il mondo dei diritti per cui Martin Luther King si era battuto avrebbero costituito la strada verso la Pace: alla Pace sarebbe stata dedicata per la prima volta una Giornata Mondiale nel 1969. Il reverendo King ne era divenuto simbolo già in vita, ricevendo il Premio Nobel per la Pace il 10 dicembre 1964, pochi mesi dopo il suo incontro con Papa Paolo VI.
L’8 settembre del 1965 la Radio Vaticana annunciò che il Santo Padre sarebbe il primo Pontefice della Chiesa Cattolica Romana a visitare gli Stati Uniti. Papa Paolo VI accettò l’invito da parte di Maha Thray Sithu U Thant, terzo segretario generale delle Nazioni Unite, arrivando a New York City il 4 Ottobre 1965 e rimanendovi solo per l’intero arco della giornata. Durante le quattordici ore trascorse a New York, Papa Paolo VI fu accolto da più di un milione di persone, nel suo percorso pensato per fare in modo tale che potesse passare attraverso Manhattan, il Bronx, e il Queens.
Papa Paolo VI atterrò al John F. Kennedy International Airport alle 09:25 del mattino del 04 Ottobre 1965. Alle 11:45 fu nella Saint Patrick’s Cathedral di New York per un momento di preghiera. Alle 12:38 incontrò il Presidente Lyndon Johnson all’hotel Waldorf Astoria di New York. Alle 03:13 del pomeriggio, Papa Paolo VI tenne il noto discorso all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, motivo principale della visita del Pontefice, in vista del ventesimo anniversario della nascita dell’ONU, che sarebbe stato commemorato il 24 ottobre del 1965. Il discorso di Papa Paolo VI ebbe come tema il senso profondo della pace nel mondo: “La guerra non più, mai più la guerra. È la pace. La pace che deve guidare i destini delle persone e di tutta l’umanità”.
Alle 06:17 del pomeriggio partecipò ad un momento di preghiera a livello interreligioso presso la Chiesa della Sacra Famiglia di New York. Alle 08:35 celebrò la Santa Messa solenne per la Pace, presso lo Yankee Stadium, nel Bronx, a New York. Alle 10:26 Papa Paolo VI visitò il Padiglione del Vaticano all’esposizione universale che ebbe luogo a Flushing, nel Queens: qui lo attendeva la “Pietà” di Michelangelo, concessa in prestito dal Vaticano per questa fiera mondiale. Alle 11:00 il Santo Padre ripartì per Roma, salutando gli Stati Uniti d’America.
I cattolici statunitensi hanno anche un ricordo artistico di Papa Paolo VI: la tiara papale dell’incoronazione avvenuta il 30 Giugno 1963, tutt’oggi conservata presso il National Shrine of the Immaculate Conception a Washington D.C. . Si tratta dell’ultima tiara papale indossata fino ad oggi: sia perché quella di Papa Paolo VI fu a tutti gli effetti l’ultima incoronazione papale, sia perchè fu proprio lui a stabilire la sostituzione della tiara con la mitria. La realizzazione della tiara venne affidata ai laboratori della famiglia del “Beato Angelico” di Milano. La tiara venne realizzata (nell’arco di poche giornate, dicono le testimonianze) con uno stile moderno e diverso dalle precedenti: si presenta come totalmente priva di vistosi gioielli, con le tre corone rappresentate da tre semplici anelli che corrono intorno al diadema. Sul diadema è posta una manciata di piccoli gioielli in isolamento, oltre alle acquemarine fissate nel centro di ciascuno dei fleur-de-lis che costituiscono il cerchio d’oro alla base della tiara, conferendole uno stile moderno semplicistico. La tiara di Papa Paolo VI pesa 10 libbre (4,5 kg). Nel 1964, dopo pochi mesi di pontificato, venne annunciato che il Santo Padre avrebbe venduto la tiara, e che il ricavato della vendita sarebbe stato donato in beneficenza. Francis Spellman, all’epoca cardinale arcivescovo di New York, accolse questo invito e acquistò la tiara nel 1968 con una sottoscrizione che si aggirò attorno al milione di dollari statunitensi. Da allora la tiara di Papa Paolo VI è conservata a Washington D.C., capitale degli Stati Uniti d’America. Anche questo è il simbolo di un forte legame di amicizia.
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