Riproduciamo qui sotto l’intervista concessa da Paolo Raimondi a “Frammenti di Pace”:
Il debito e il pagamento degli interessi pesa come un macigno sui paesi poveri ma anche su quelli avanzati. Non c’è da essere degli esperti per capire che le risorse finanziarie vengono prosciugate dal pagamento degli interessi sul debito, la mancanza di prestiti e le politiche di austerità causano la morte quotidiana delle fasce più deboli dei Paesi poveri: bambini, anziani, malati.
Per evitare queste crudeli politiche, la Santa Sede ha più volte richiesto nelle assise internazionali la cancellazione del debito e politiche di sviluppo per i paesi poveri.
Qualche nazione, come la Russia ha preso sul serio l’invito della Santa Sede ed ha appena annunciato la cancellazione del debito dei Paesi africani.
Di recente anche qualche economista ha cominciato a proporre la cancellazione del debito in ambito internazionale.
Tra questi Paolo Raimondi che in occasione del 1st BRICS Think-Tank Forum on Pragmatic Cooperation in Cina in qualità di esponente dell’Eurispes, ha ripreso la proposta della Santa Sede in merito alla cancellazione del debito dei paesi poveri, suscitando un enorme interesse.
Paolo Raimondi è economista, esperto di finanza internazionale. Consulente economico. Membro del “Laboratorio sui BRICS” dell’Istituto EURISPES. Economic analyst dell’ Istituto per l’Asia e il Mediterraneo (ISIAMED Digitale). Coordinatore del “Comitato Italiano per il Progetto Razvitie”.
Razvitie, cioè sviluppo in russo, contempla la realizzazione di un grande corridoio euroasiatico infrastrutturale che colleghi Vladivostok con l’Europa.
Editorialista del quotidiano economico “ItaliaOggi”. Scrive per giornali e riviste specializzate nazionali ed internazionali, tra cui La Gazzetta del Mezzogiorno, L’Opinione, La Finanza, Contromano, Wall Street Italia, Le Formiche, Limes, Popoli e Missione, Sputnik (Russia), World Affairs Journal (India).
Relatore in numerosi convegni internazionali tra cui i Forum Economici di Astana (Kazakhstan), di Mosca (Russia), di Guadalajara (Messico), di Curitiba (Brasile) e di Krynica (Polonia).
Con l’ex sottosegretario all’Economia, On. Mario Lettieri, è autore dei libri “I gattopardi di Wall Street”, 2010 e “Il casinò globale delle finanza”, 2015
Frammenti di Pace: Cancellazione del debito dei paesi poveri. Può spiegarci di che si tratta?
Raimondi: Dal 2007 a oggi il debito pubblico mondiale è più che raddoppiato, passando da 30 trilioni di dollari ai 65 trilioni attuali. Esso resta sempre una delle più pericolose minacce di crisi sistemiche. Come in passato, a essere colpiti per primi sono i paesi più poveri, quelli impoveriti o a rischio default.
Finora i potenti della Terra, anche se, di fatto, sono i più indebitati, hanno avuto la spregiudicatezza e gli strumenti per far pagare il conto agli altri.
Il problema è arrivato anche in Europa e tocca paesi molto vicini, come la Grecia, che ha un debito pubblico di 310 miliardi di euro, pari a circa il 175% del suo pil. Prima del 2007 era dell’89%.
In questo momento di grandi incertezze e confusioni politiche, è rilevante che sia la Santa Sede, e non i governi, a portare all’esame delle Nazioni Unite il tema della legittimità del debito pubblico. Certamente s’intravede la mano di papa Francesco.
L’obiettivo è far pronunciare l’Assemblea Generale dell’Onu al fine di legittimare la richiesta di parere alla Corte internazionale di Giustizia dell’Aja sulla gestione del debito internazionale per verificarne le eventuali violazioni dei diritti umani e dei popoli.
Si pone, quindi, l’esigenza di un’analisi approfondita dei fondamenti sia giuridici che etici della questione del debito. Non può diventare un macigno insostenibile per le popolazioni, né frenare lo sviluppo e limitare l’indipendenza e la sovranità di uno Stato.
Molti giuristi di varie ispirazioni stanno riflettendo sul problema del pagamento del debito da parte dei paesi poveri e sullo stato di forza maggiore e di necessità cui sono sottoposti.
Per lo stato di forza maggiore il non pagamento dipende da un evento incontrollabile da parte dello Stato. Lo stato di necessità, invece, giustificherebbe l’inadempienza quando il pagamento sarebbe troppo gravoso per i cittadini. Chi può pensare di affamare il popolo per pagare a tutti i costi gli interessi sul debito?
L’iniziativa presso l’Onu costituirebbe un precedente giuridico su una materia nevralgica nei processi di globalizzazione e in particolare nel rapporto fra paesi ricchi e paesi poveri. Di conseguenza non potranno essere ignorati gli effetti deleteri della finanziarizzazione e della deregulation dell’economia.
Essa si poggia anche su un precedente importante: la risoluzione 69/319 dell’Onu del 2015 concernente i cosiddetti “fondi avvoltoio”, cioè quei fondi speculativi che operano in modo aggressivo sul debito dei paesi in crisi, come nel caso dell’Argentina.
Intorno all’iniziativa vaticana si sta tessendo un’ampia rete di alleanze. E’ importante, poiché la Santa Sede ha lo status di osservatore alle Nazioni Unite e c’è bisogno che uno Stato presenti, in sua vece, la richiesta di discussione all’Assemblea Generale. E’ un ruolo che l’Italia naturalmente potrebbe e dovrebbe assumere.
Desidero anche aggiungere che alla riunione Brics di Shanghai, cui ho partecipato come unico occidentale, in rappresentanza dell’Istituto Eurispes, i delegati dei cinque paesi hanno dimostrato grande interesse per l’iniziativa. So per certo che l’azione del Vaticano è stata discussa anche in centri decisionali importanti.
Può illustrarci quali le procedure tecniche per la cancellazione del debito senza danni ai creditori e senza ritorsioni contro i paesi condonati?
La cancellazione del debito è un atto politico. Senza una tale decisione non vi può essere nessun intervento che non abbia ritorsioni. Lo abbiamo visto in tutto il mondo intorno all’anno 2000, quando i paesi creditori, sotto la pressione dell’opinione pubblica più sensibile, hanno deciso di cancellare una parte importante del debito estero. In quell’occasione non vi furono ritorsioni. I paesi in via di sviluppo avevano già sofferto e pagato più del dovuto.
Anche l’Italia ebbe un ruolo meritorio quando il Parlamento allora approvò la legge 209 relativa alle «Misure per la riduzione del debito estero dei paesi a più basso reddito e maggiormente indebitati». Il provvedimento nacque sull’onda del Giubileo durante il quale fu lanciata la campagna per l’abbattimento del debito dei paesi poveri.
Al riguardo l’articolo 7 della citata legge recita: «Il Governo, nell’ambito delle istituzioni internazionali, competenti, propone l’avvio delle procedure necessarie per la richiesta di parere alla Corte internazionale di giustizia sulla coerenza tra le regole internazionali che disciplinano il debito estero dei paesi in via di sviluppo e il quadro dei principi generali del diritto e dei diritti dell’uomo e dei popoli». E’ esattamente l’obiettivo della Santa Sede.
Certo, non sarà facile arrivare a una svolta importante sulla questione del debito. Gli interessi in gioco sono enormi. Ma se l’iniziativa sulla legittimità debitoria avesse inizialmente un effetto di deterrenza contro le speculazioni finanziarie, sarebbe già un successo rilevante.
Gli interventi più rilevanti e fattibili sono di tipo preventivo, contro la formazione del debito illegittimo. Ad esempio, serve una riforma della finanza che metta fuori legge operazioni speculative, quali i contratti allo scoperto, i derivati finanziari over the counter (quelli non regolamentati e tenuti fuori bilancio), altri derivati mirati all’andamento dei prezzi delle commodity (materie prime e beni alimentati) che hanno effetti devastanti in particolare sui bilanci dei paesi produttori. Servono meccanismi per proibire tassi d’interesse di usura.
Di recente la Russia ha cancellato un ingente somma di debiti ai paesi africani (http://www.frammentidipace.it/la-russia-cancella-debito-dei-paesi-africani/) un gesto nobilissimo ma che da solo non risolve il problema del sottosviluppo. Quali secondo lei le misure da adottare per promuovere un progresso solido e duraturo?
Putin ha deciso di cancellare oltre 20 miliardi di debiti ai Paesi africani. Si tratta di una cifra rilevante, cui la Russia ha deciso di rinunciare a beneficio di quei paesi africani, che con grandi sforzi e non poche difficoltà, stanno lavorando per superare il sottosviluppo e l’indigenza di grandi masse popolari.
Già nel periodo 1998-2004, quando la Chiesa iniziò la campagna del Giubileo sollecitando una moratoria sul debito dei paesi poveri, la Russia cancellò ben 16,5 miliardi di dollari del debito africano.
In verità tutti i paesi Brics sono molto impegnati nello sviluppo economico e sociale e nella modernizzazione delle infrastrutture dell’intero continente africano. I loro summit hanno sempre dedicato molte energie e iniziative mirate all’Africa, nella consapevolezza che non si può prescindere dalla soluzione degli attuali squilibri.
All’ultimo incontro di settembre a Xiamen, in Cina, hanno posto grande enfasi sull’importanza di allargare l’alleanza Brics verso i mercati emergenti e i paesi in via di sviluppo, rafforzando specialmente la cooperazione con l’Africa. In questo contesto, è molto importante la decisione di creare un Centro Regionale Africano all’interno della New Development Bank, la loro banca di sviluppo, e di lanciare un Piano di Azione per l’Innovazione e la Cooperazione soprattutto per l’Africa. Ciò vale per tutti i paesi emergenti, non solo per l’Africa.
Io credo che un progresso duraturo possa essere realizzato nei paesi del sud del mondo (e anche del nord) se diamo alla politica e all’economia il suo naturale ruolo di essere al servizio dell’uomo. Questo significa favorire la crescita nei settori dell’economia reale, delle infrastrutture, dell’educazione, della sanità, del benessere sociale, a discapito dell’economia dello sfruttamento, dell’inutile, dello scarto.
Occorre tornare al sistema di credito produttivo e regolamentare e neutralizzare la finanza speculativa. Lo sviluppo ha bisogno di progetti che si realizzano nel medio-lungo periodo; solo la speculazione dei mercati opera nel breve e nel brevissimo termine. Serve quindi una riforma globale dell’intero sistema economico, finanziario, monetario e commerciale all’interno di un nuovo e più giusto ordine mondiale. In tale prospettiva, sarà sempre più rilevante il ruolo propositivo dei Brics.
In questo i paesi europei e l’Unione europea dovrebbero spiegare perché stanno perdendo il loro naturale ruolo di amicizia e di cooperazione cui erano chiamati. Forse perché non hanno mai corretto l’arroganza propria del neocolonialismo? O forse perché mantengono un approccio prevalentemente improntato al massimo profitto e al liberismo più sfrenato?
Al riguardo si ricordi che, per esempio, a più di 50 anni dalla dichiarazione di indipendenza dei Paesi francofoni dalla Francia, la loro moneta è ancora stampata a Parigi ed è totalmente controllata dalla Banque de France!
Sulla cancellazione del debito e sugli aiuti allo sviluppo dei Paesi poveri la Santa Sede sta operando da tempo. Papa Francesco sta facendo pressioni alla comunità internazionale per dare spazio alla cultura del dono. Secondo lei è fattibile quanto la Santa Sede propone?
I valori esplicitati nella proposta del Vaticano si ispirano alla Carta di Sant’Agata de’ Goti del 1997 nella quale giuristi, uomini di Chiesa, intellettuali e laici definirono una serie di principi giuridici per regolare, secondo giustizia, la questione del debito. In particolare «il divieto di accordi usurari», il rispetto «dell’autodeterminazione dei popoli» e il divieto di «un’eccessiva onerosità del debito».
Principi che richiamano in particolare al magistero della Chiesa contro “l’imperialismo internazionale del denaro” (Quadragesimo anno, ripresa dalla Populorum progressio, n. 26), secondo le forme e i contenuti espressi da San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco. In particolare da quest’ultimo nell’Enciclica Laudato si’ e nel discorso alle Nazioni Unite del 25 settembre 2015.
La Chiesa è sempre stata molto attenta a queste problematiche economiche e sociali come evidenziano i documenti del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace “Al servizio della Comunità umana: un approccio etico al debito internazionale” (1986) e “Per una riforma del sistema finanziario e monetario internazionale nella prospettiva di un’Autorità pubblica a competenza universale” (2011).
Credo che quanto la Santa Sede propone sia fattibile, non solo perché giusto ma anche perché necessario. L’umanità è sempre più posta di fronte all’inevitabilità di scelte coraggiose e lungimiranti, pena la sua distruzione. Credo che, anche nei momenti più difficili e bui, in fondo al cuore degli uomini vi sia sempre una scintilla che può trasformarsi in una luce risplendente.
(in copertina: in verde scuro sono indicati i Paesi il cui debito grava maggiormente sulle spalle dei cittadini a causa della povertà diffusa)
Fonte:
http://www.frammentidipace.it/cancellazione-del-debito-dei-paesi-poveri-si-puo/
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