Il numero di vittime palestinesi ha superato 30.500 e cominciano a registrarsi morti per fame, soprattutto tra i neonati. Il 3 marzo 2024 la vicepresidente americana Kamala Harris, con le lacrime agli occhi, ha pronunciato un discorso, considerato il più duro monito rivolto finora a Israele, in cui chiede un “cessate il fuoco immediato”, mentre il segretario alla Difesa Lloyd Austin dichiarava che Washington ha fornito a Tel Aviv 21mila missili, presumibilmente quelli utilizzati per ammazzare i palestinesi. Sono iniziati i lanci di cibo sulla Striscia da parte dell’aviazione americana ma non avranno nessun effetto sulla strategia medievale di usare l’assedio e il cibo come arma. Se il civile Occidente ha fatto delle sanzioni contro Putin per l’invasione dell’Ucraina perché non fa la stessa cosa contro il “signore della guerra” Benjamin Netanyahu?
Secondo gli antichi l’anno bisestile era carico di presagi negativi. Evidentemente, le centinaia di persone affamate e disperate che hanno assaltato un camion di rifornimenti alimentari nel nord di Gaza, proprio il 29 febbraio, non hanno molto familiarità con questa tradizione. Avevano fame, una fame terribile perché da mesi Israele blocca l’arrivo nella Striscia di quantità sufficienti di cibo, non per crudeltà ma come parte della strategia di costringere alla fuga i palestinesi. La distribuzione non era stata coordinata con le agenzie umanitarie ma veniva fatta da non meglio specificati “appaltatori privati”, senza nessuna scorta della polizia perché i poliziotti sono stati spesso presi di mira dall’esercito israeliano e ora si rifiutano di rischiare la vita. Il risultato dell’assalto è stato di 115 morti e almeno 760 feriti. L’algido portavoce dell’esercito israeliano ha detto che la maggior parte delle vittime sono state schiacciate da camion che cercavano di sottrarsi alla folla, mentre molti altri sono morti nella calca. Questa versione è stata però smentita dalla direzione dell’ospedale Al Awda secondo cui la maggior parte delle vittime era stata colpita da armi da fuoco e non presentava lesioni da schiacciamento.
Assedio medievale
La strategia militare di Israele è molto chiara. Uccidere tutti i militanti di Hamas, distruggere i tunnel sotterranei in cui si nascondono i dirigenti e gli ostaggi israeliani, ridurre al minimo gli invii di energia, cibo, medicinali e consentirli soltanto attraverso il valico di Rafah con l’Egitto (non sembra che la liberazione dei prigionieri ancora nelle mani di Hamas sia una priorità). In questo modo, il cibo e l’acqua disponibili non sono sufficienti per tutti e, prima o poi, i palestinesi sfonderanno il confine con l’Egitto o moriranno di fame in massa o fuggiranno in qualche modo. Non è un problema per il governo dello Stato ebraico. La drammatica situazione umanitaria a Gaza non è un involontario “effetto collaterale” della guerra. Gli ospedali sono stati bombardati metodicamente, insieme ai panifici, ai magazzini alimentari e alle strade che servono per trasportare gli aiuti. Ricordiamo che il 17 ottobre dello scorso anno il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben-Gvir ha dichiarato che «nessun aiuto dovrebbe entrare a Gaza finché Hamas non libera gli ostaggi». Al momento di scrivere, sono morti di fame e denutrizione 10 neonati e, quel che è peggio, le immagini sono arrivate in televisione, in un orrore indescrivibile.
Diversi funzionari delle Nazioni Unite hanno accusato Israele di bloccare “sistematicamente” l’arrivo di aiuti nella Striscia. Il 27 febbraio 2024 Ramesh Rajasingham, vicedirettore dell’OCHA, l’agenzia umanitaria dell’ONU, ha detto al Consiglio di sicurezza: «Alla fine di febbraio abbiamo almeno 560.000 persone – un quarto della popolazione – che rischia la carestia se non si intraprendono azioni urgenti». E ha aggiunto: «Se non si fa nulla, temiamo che una carestia grave per Gaza sia quasi inevitabile e il conflitto mieterà molte più vittime». Affamare la popolazione civile viola ogni principio della legge internazionale. Jens Laerke, un altro portavoce dell’OCHA ha dichiarato ai giornalisti che le azioni di Israele hanno reso quasi impossibile consegnare gli aiuti. «I convogli umanitari –ha continuato- vengono presi di mira e viene loro impedito di raggiungere chi ha bisogno. I nostri dipendenti sono stati maltrattati e intimiditi e anche le nostre infrastrutture umanitarie sono state colpite».
Parole al vento
I morti del 29 febbraio, in quello che la stampa ha definito “il massacro della farina”, hanno, come al solito, dato la stura a una lunga serie di parole di cordoglio. Il capo della diplomazia UE Josep Borrel ha parlato di “carneficina inaccettabile”, l’ONU, “sconvolto dal tragico bilancio umano”, ha chiesto un’indagine indipendente sull’accaduto, mentre l’Unione Europea ha annunciato che aumenterà di 68 milioni di euro il proprio sostegno all’Unrwa, l’agenzia dell’ONU che si occupa del sostegno umanitario ai profughi palestinesi e che è praticamente paralizzata dopo che Israele (non è chiaro sulla base di quali prove) ha accusato 12 dipendenti dell’organizzazione di aver partecipato all’attacco terroristico del 7 ottobre 2022.
Su tutti, si è distinta la vicepresidente USA Kamala Harris quando ha affermato che «deve esserci un immediato cessate il fuoco di almeno sei settimane…quello che vediamo ogni giorno a Gaza è devastante. Abbiamo rapporti su famiglie che mangiano foglie o cibo per animali…come ho detto molte altre volte troppi palestinesi innocenti sono stati uccisi». Washington ha addirittura mobilitato l’aviazione per paracadutare aiuti su Gaza, pasti per 36.000 persone su una popolazione di circa 2,3 milioni che, all’80 per cento, ha perso la propria abitazione. Ma forse la dichiarazione più raggelante e ipocrita è stata fatta il 1 marzo da Lloyd Austin, il segretario alla Difesa che ha precisato di aver fornito a Israele 21.000 missili di precisione dall’inizio della guerra. Austin ha aggiunto di aver parlato telefonicamente con Yoav Gallant, il suo omologo israeliano, e di avergli detto: «Mi aspetto, quando forniamo munizioni ad alleati e partner, che loro le usino in modo responsabile», il che equivale a consegnare un fucile mitragliatore a un serial killer e dirgli: «Mi raccomando, usalo con moderazione».
Ma gli USA sono ancora credibili?
Il 27 febbraio 2024 il presidente Biden è stato raggiunto dai giornalisti mentre stava sorbendo un cono gelato. Alla domanda su un possibile cessate il fuoco a Gaza, ha risposto che il suo consigliere per la Sicurezza nazionale gli aveva detto che per il 4 marzo ci sarebbe stato un accordo. Quella data è passata ma non è successo nulla. I rapporti personali tra il presidente e l’israeliano Netanyahu sono pessimi ma questo, come confermato dalle dichiarazioni di Austin, non ha avuto nessun effetto sul flusso di armi americane a Israele. Il segretario di Stato Blinken ha compiuto diversi viaggi in Medio Oriente e, ogni volta, dopo aver chiesto a Netanyahu moderazione e di fare il possibile per ridurre le vittime civili, è tornato a casa con le pive nel sacco. Ogni dichiarazione dell’amministrazione USA che chiede una pausa nei combattimenti ed esprime solidarietà per le vittime palestinesi evidenzia una insopportabile ipocrisia. Ogni domenica papa Francesco lancia un appello accorato per la pace in Medio Oriente, in Ucraina, in Sudan e in tutte le altre aree di crisi. Ma sono parole che cadono nel vuoto e il pontefice non ha strumenti pratici per farsi ascoltare. Biden sì.
Invece di pronunciare parole retoriche e versare lacrime di coccodrillo, la Casa Bianca potrebbe semplicemente annunciare un congelamento della fornitura di armamenti USA a Israele fino a quando non ci sia un impegno preciso per un cambiamento reale di strategia. Questo atteggiamento di appiattimento sostanziale sulla linea oltranzista del governo israeliano sta distruggendo il prestigio internazionale degli Stati Uniti e fa oggettivamente il gioco di Putin e di Xi Jinping. Il continente africano rimprovera l’Occidente per l’ipocrisia del doppio standard: si condanna la Russia per i terribili massacri compiuti in Ucraina, ma le brutalità israeliane sono puntualmente giustificate dagli Stati Uniti.
Qualcuno forse ricorderà il bizzarro piano dei conservatori britannici per spedire in Ruanda i richiedenti asilo che arrivassero sul suolo britannico. La Corte Suprema di Londra ha bloccato il progetto, adducendo motivazioni di rispetto dei diritti umani. Il 17 gennaio 2022 il quotidiano britannico Guardian ha riferito che nel 2014 il governo di Israele aveva messo a punto un piano (ora abbandonato) per deportare in Ruanda gli immigrati irregolari. Nel 2018, il quotidiano israeliano Haaretz aveva rintracciato in quel Paese africano uno dei deportati che viveva nelle strade della capitale Kigali, come un barbone. Eppure non ci sono state proteste internazionali, nessuno ha gridato alla violazione di quei princìpi sanciti dopo la Seconda guerra mondiale e pagati con 60 milioni di morti. Evidentemente, Israele ha soltanto diritti e non doveri ma se gli Stati Uniti lo seguono su quella strada l’Africa sarà offerta su un piatto d’argento alla Russia e alla Cina che non fanno troppo gli schizzinosi sulla questione dei diritti umani.
Alle elezioni di novembre il candidato repubblicano sarà sicuramente Donald Trump e sfiderà un anziano e sempre più flebile Biden. Un recente sondaggio pubblicato sul New York Times ha rivelato che la maggioranza degli elettori democratici ritengono l’attuale presidente inefficace e troppo avanti con l’età. La base giovanile del Partito democratico vuole la fine delle violenze a Gaza e non condivide la linea della Casa Bianca. Le primarie democratiche, che hanno ovviamente confermato Biden come candidato, mostrano però anche un numero crescente di “uncommitted”, grandi elettori democratici che non si impegnano a votare per Biden ma si riservano anche la possibilità di votare per un altro candidato democratico, nel caso ci fosse l’occasione. L’attuale inquilino della Casa Bianca potrebbe trovarsi a pagare un prezzo molto salato per la sua complicità con i crimini di guerra israeliani.
(La foto dello sfondo è tratta da Gaza: la fame come arma, uno studio dell’ISPI del 9 gennaio 2024)
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