di Domenico Maceri
“Non ci sono soldi”. Ecco la risposta di Orrin Hatch, senatore dello Utah, alla domanda sul mancato rinnovo del Children’s Health Insurance Program (CHIP), un programma di sanità per i bambini poveri. Hatch annunciava la mancanza di fondi subito dopo l’approvazione al Senato dei tagli fiscali che apporteranno una montagna di denaro alle corporation e ai benestanti.
Ma i soldi per il governo ci sono sempre. Si tratta semplicemente di priorità. Per il Partito Repubblicano gli ultraricchi hanno bisogno di divenire più ricchi e le corporation, i cui profitti sono già alle stelle, meritano anche loro ulteriori benefici fiscali.
Il programma CHIP doveva essere rinnovato due mesi fa ma i repubblicani sono stati presi da altre pèriorità. Prima di tutto la revoca di Obamacare, la riforma sulla sanità voluta dall’ex presidente Barack Obama, tanto odiata dai repubblicani. Ci erano quasi riusciti ma poi alcuni senatori repubblicani si sono tirati indietro e la leadership del Grand Old Party ha dovuto alzare bandiera bianca mentre Donald Trump è rimasto con la penna in mano e non ha potuto firmare la legge. L’impossibilità di revocare Obamacare ha ingigantito la brama di ottenere almeno una vittoria legislativa, per dare qualche segnale che i repubblicani possono governare. E il terreno fertile che unisce i repubblicani si trova nelle tasse, inoltre bisognava ricompensare i grossi finanziatori della campagna presidenziale. La riforma fiscale, i tagli alle imposte, che non ha nulla a che fare con la salute dei bambini o con classi meno abbienti, è una facile vittoria per il GOP e per Trump.
Il disegno di legge approvato dal Senato (51 sì, 49 no) a inizio dicembre 2017, 500 pagine di testo, con aggiunte scritte a mano all’ultimo minuto per accontentare alcuni senatori, è stato votato alle due di notte. Un disegno di legge frettoloso che non ha dato opportunità ai senatori democratici di leggerlo attentamente i quali però hanno tutti votato contro. La paura di Mitch McConnell, presidente del Senato, era che bisognava accelerare i tempi per impedire ai cittadini di protestare. Ciononostante, anche con le pochissime informazioni rilasciate, il 61 percento degli americani lo giudica in modo negativi perché favorisce i ricchi; solo il 24 percento ritiene che porti benefici alla classe media.
Le analisi del Joint Committee on Taxation, agenzia non partisan del governo, dicono che il disegno di legge del Senato aumenterà il debito federale di 1.500 miliardi di dollari in dieci anni. Beneficerà le corporation che vedranno le loro imposte diminuite dal 35 al 20 percento. Secondo i repubblicani, i tagli stimolerebbero l’economia e finirebbero per aumentare anche i salari dei lavoratori. Se questa era l’idea, avrebbero potuto ridurre le tasse ai lavoratori senza sperare che siano le aziende a farlo.
Il problema è che l’economia è già relativametne in buona forma grazie agli otto anni di Obama alla Casa Bianca. La Federal Reserve Bank ha già cominciato ad aumentare i tassi di interesse, data la preoccupazione che l’espansione economica aumenti all’inflazione. Per quanto riguarda l’aumento del debito pubblico, i repubblicani sostengono che non avrà luogo, e sostengono che la crescita promossa dalla loro riforma coprirà le spese dovute ai tagli delle tasse. Si tratta di un’argomentazione troppo ottimista, secondo molti economisti.
Si sa già da recenti esperienze in due Stati che i tagli alle imposte per stimolare l’economia non funzionano: lo si è visto nel Kansas, dove la legislatura repubblicana è stata costretta ad aumentare le tasse per evitare i continui tagli draconiani ai servizi sociali; e anche nel North Carolina i tagli non hanno apportato le migliorie sperate.
I due disegni di legge sulla riforma fiscale, quello della Camera e quello del Senato, dovranno essere armonizzati e poi farli approvare di nuovo dalle due legislature. Tali differenze saranno facilmente risolte, secondo Mitch McConnell: la Camera dovrebbe piegarsi al volere del Senato perché qui la maggioranza repubblicana è risicata con solo due senatori più dei democratici. Se Roy Moore dovesse perdere l’elezione in Alabama il margine si ridurrebbe a un voto. Considerando che Bob Corker ha già votato contro il disegno di legge la perdita di un altro voto al Senato potrebbe risultare in un’altra imbarazzante sconfitta legislativa per i repubblicani.
Ad aggiungere altre ombre c’è da considerare che l’agenda legislativa è già piena, soprattutto per l’inevitabile voto per aumentare il tetto alle spese e mantenere aperti i servizi governativi. La risicata maggioranza repubblicana in ambedue le Camere suggerisce che sarebbero necessari voti democratici per evitare il cosiddetto shutdown, la chiusura dei servizi governativi non essenziali. I democratici, però, sono stati ignorati dai repubblicani nella loro agenda legislativa e difficilmente saranno propensi a collaborare. Il presidente Trump ha detto che non sono riusciti a convincere nessun senatore democratico a votare per la riforma fiscale. Giusto! Per quale ragione dovrebbero collaborare, quando i repubblicani credono che controllando le due Camere e la Casa Bianca non abbiano alcun bisogno di governare in modo bipartisan?
Trump spera di firmare la riforma fiscale repubblicana prima del 25 dicembre: la definisce un “meraviglioso regalo natalizio per gli americani”. Vero solo per i ricchi. Per i bambini che beneficiavano del programma CHIP e le classi meno abbienti si tratta di un grosso pezzo di carbone.
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